leggio, opera isolata - bottega piemontese (terzo quarto, fine/inizio sec. XVII, secc. XVII/ XVIII)

leggio, 1690-1710

Tre piedi ad alate cariatidi femminili desinenti a voluta poggiante su zampa. Il fusto si sviluppa dal basso come un balaustro separato da corone, fasciato da palmette e acanto, il quale si espande, a mezza altezza, in una mensolina ottenuta dallo sviluppo di otto volute accoppiate. Su di essa poggia un dado aperto ai quattro lati in nicchie occupate da bassorilievi raffiguranti S. Brunone, S. Giovanni Battista, S. Paolo eremita, S. Maria Maddalena. Al di sopra lo stelo si conclude con un raccordo fogliaceo che supporta un'incastellatura di volute risolta, nella parte superiore, in tre testine angeliche reggenti con il capo la mensola del leggio. Il piano, sorretto da due volute schiacciate a doppia curvatura ed altre testine angeliche, raffigura S. Gerolamo leggente nel deserto, col cappello cardinalizio e il leone

  • OGGETTO leggio
  • MATERIA E TECNICA FERRO
    legno di noce/ scultura/ intaglio
  • MISURE Profondità: 47
    Altezza: 146.3
    Larghezza: 54
  • AMBITO CULTURALE Bottega Piemontese
  • LOCALIZZAZIONE Vicoforte (CN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il leggio è stato affidato in custodia al Museo Ghisleri intorno al 1980 (comunicazione orale di don Enrico Nasi), dopo un periodo di custodia presso l'abitazione di Giacomo Macario, come indicato sul retro delle riproduzioni fotografiche relative alla campagna di documentazione eseguita nel 1974 dalla S.B.A.S. del Piemonte (A.F.S., nn. 11623-11636). Motivi di verosimiglianza storica e iconografica, all'interno del problema della dispersione degli arredi della Certosa di Pesio, hanno fatto supporre l'originaria provenienza del pezzo dal complesso monastico, come già accuratamente disaminato da G. Galante Garrone (G. Galante Garrone, per il nuovo Museo: ricerche in palazzo Audifreddi e sul territorio, in Dal territorio al Museo, Atti delle giornate di studio, Cuneo 1981, pp. 118-120). La spoliazione della Certosa durò un decennio: B. Caranti, La Certosa di Pesio, Torino 1900, p. CX, ricorda come il procuratore padre Bruno Bassasco facesse consegnare nell'aprile del 1794, sotto la pressione dell'avanzata francese, una quantità considerevole di suppellettili al signor Ghigliozzi di Carrù, che non poterono più essere recuperate. Il 31 ottobre 1802, quando l'ultimo monaco lasciò la Certosa, non rimanevano che pochi pezzi (G. Beltrutti, la Certosa di Pesio, Cuneo 1978, pp. 319-320). Il mobile non è compreso nell'elenco degli oggetti più importanti delle certose di Casotto e di Pesio riportato in una lettera datata Turin le 22 Prairial an 12 (11 giugno 1804), dal presidente dell'Accademia di Torino indirizzata al prefetto del Dipartimento della Stura Arborio (A.S.C., Dipartimento della Stura, mazzo 105, fasc. 31). Infruttuose anche le ricerche su tutte le fonti e le "cronache", come quelle raccolte dal Caranti (op. cit.). E' però assai difficile immaginare una provenienza diversa del leggio, sul quale sono intagliati, oltre a San Brunone sulla parte frontale del gambo, San Giovanni Battista, San Paolo eremita, Santa Maria Maddalena e, sul ripiano, San Gerolamo, vale a dire tutti i santi che hanno prediletto le aspre meditazioni nel deserto e venivano considerati modelli di originaria vita monastica da parte dei certosini i quali, con la meditazione di San Bruno, se ne sentivano gli autentici seguaci. L'esame del dato stilistico del mobile rivela però un'incongruenza tra i piedi e il leggio, che si legano ad una fase di cultura tutta seicentesca, la cui datazione si può circoscrivere al terzo quarto, e il fusto, più avanzato, con paralleli tipologici negli argenti e nella decorazione architettonica che ne fanno un prodotto tipico di fine Seicento-inizio Settecento. Da questo punto di vista il revival neo-Seicento manierista che si riscontra in taluni intagli lignei del XVIII secolo anche avanzato si riconosce per altri caratteri (si vedano gli esempi dei cori delle chiese dei Santi Gervasio e Protasio di Sondrio e di S. Giovanni Battista a Langade in M. Gnoli Lenzi, Inventario degli oggetti d'arte d'Italia IX Provincia di Sondrio, Roma 1938, pp. 270-271, 152; A. Midana, L'arte del legno in Piemonte nel Sei e nel Settecento, Torino 1925, p. 444; G. Ferrari, Il legno nell'arte italiana, Milano s.d., tav. XXIII). La verifica tecnica è in tal senso decisiva: le erme dei piedi sono di un legno più vecchio, e con caratteri di tarlatura e conservazione affatto diversi. Tipologicamente e costruttivamente le gambe dei piedi non possono posare direttamente a terra, ma in questi casi c'è sempre un basamento (cfr. p. es. G. Ferrari, op. cit., tav. XXXV), come mostra l'intervento di ripiego con i ferri di congiunzione. Le teste delle cariatidi sono tagliate e modellate per fungere da appoggio, ipotesi che nella loro attuale posizione non ha senso. Il piano del leggio è fissato con un incastro molto grossolano, i suoi elementi, palesemente di recupero, sono abbinati rozzamente con chiodi; la forma dei fianchi e il loro intaglio è rigidamente geometrica e secca, la fattura scolastica. Direi anche che difficilmente il gambo pertiene ad un leggio e mi pare assai più vicino alla tipologia delle torciere. Il mobile attuale è dunque il risultato della ricomposizione posteriore di oggetti provenienti da insiemi diversi e di diversa datazione. Pervenuto a tale conclusione ho riesaminato le fonti e la bibliografia della Certosa di Pesio per tentare di identificare una eventuale torciera, ma senza frutto. Da notare come le parti più antiche dimostrino pure una più individuata cultura piemontese, mentre il gambo risente maggiormente, nel lessico e nella sintassi decorativa, della ridondanza lombarda, anche se risolta con alcune formule di mestiere tipicamente subalpine. Bibliografia: V. Bersezio, Peveragno nell'Antichità e nelle belle Arti, in Atti e memorie del congresso di Cavallermaggiore (1932), Torino, Atti della S.P.A.B.A., 1933, p. 219
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100042046
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Alessandria, Asti e Cuneo
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 1987
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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