San Salvatore d'Horta

dipinto, 1600 - 1610

Il dipinto raffigura S. Salvatore d'Horta, imponente per le dimensioni superiori al naturale, con il saio quasi nero, il rosario appeso alla cintola ed il bastone del viandante, in atto di benedire la folla di ammalati che si assiepa accanto a lui. Lo storpio inginocchiato è vestito di rosso, come la donna vicina; il cieco in piedi ha la veste nera con il collarino bianco; dietro altri ammalati. In alto, a sinistra, la Vergine con il Bambino, su di una nuvola. Il cielo è livido, predominano colori piuttosto freddi e smorti, nonostante le tinte rosse di alcuni abiti. La cornice, dalla semplice decorazione, è dorato

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA legno/ intaglio/ doratura
    tela/ pittura a olio
  • AMBITO CULTURALE Ambito Piemontese
  • LOCALIZZAZIONE Livorno Ferraris (VC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'opera proviene dall'altare laterale sinistro. L'ubicazione del quadro, raffigurante S. Salvatore d'Horta, non è quella originaria, infatti la cornice è più recente e non ha la misura adatta al dipinto. Al santo era dedicato l'altare sinistro della chiesa, dal quale il quadro venne staccato nel secolo scorso e sostituito con un altro. L'altare è menzionato nella nella Visita Pastorale di Pietro Secondo Radicati, del 1723: "L'altare del Beato Salvatore assai ben tenuto, et ornato con quattro candeglieri di legno e croce d'ottone, quattro fiorami con piede dorato, tavolette e contraltari decenti" (Radicati). La Visita di Gerolamo Caravadossi, del 1730, ricorda: "Incona con immagine d'esso Beato Salvatore" (Caravdossi). Salvatore d'Horta, laico francescano di origine spagnola, visse nel Cinquecento e fu beatificato nel secolo seguente; ricordato per le eccezionali doti taumaturgiche, venne raffigurato per lo più insieme agli ammalati ("Bibliotheca Sanctorum", Roma 1963, v. XI). L'Orsenigo (R. Orsenigo, "Vercelli Sacra", Como 1909) riporta che, nella vicina Trino, uno degli altari della chiesa di S. Francesco è dedicata a S. Salvatore d'Horta, e l'icona sarebbe opera di Orsola Caccia. La notizia è confermata nel Catalofìgo della mostra tenutasi a Trino nel 1980, in cui il dipinto, opera della Caccia, è datato al secondo quarto del XVII secolo (A. Bondi, "Inventario Trinese. Fonti e documenti figurativi", catalogo della mostra, Trino 1980) e presenta caratteri più morbidi e sfumati ed una composizione meno serrata. Questi dati fanno prsumere, tra l'altro, che in zona esistesse una particolare devozione verso il santo spagnolo. Dal punto di vista stilistico si potrebbe fare riferimento, per il quadro di Livorno, all'ambiente moncalvesco in senso lato, senza giungere ad Orsola. Secondo G. Romano (comunicazione orale) il pittore che più si avvicina ai modi del quadro in questione è Carlo Cane, novarese. Questo è ricordato dal Dionisotti (C. Dionisotti, "Notizie biografiche dei vercellesi illustri, Biella 1861) e dal Vesme (A. Baudi di Vesme, "Schede Vesme. L'arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo", Torino 1963) che lo dioce nato probabilmente a Trino nell'ultimo quarto del XVI secolo, tra il 1597 e il 1611. La storiografia in proposito è limitata e piuttosto confusa in quanto gli artisti che portavano lo stesso nome sarebbero stati due; il Presenti (F. R. Presenti, "Carlo Cane", in "Dizionario biografico degli italiani", Roma 1974, v. 17) riporta semplicemente le notizie precedenti. Data la comunanza di area geografica il pittore potrebbe aver conosciuto la produzione moncalvesca; inoltre dipinti dello stesso ambito si trovano a Livorno Ferraris nella chiesa della S.ma Trinità (cfr. schede cartacee Enrico, 1980, n° 2 e 7), e la stessa Orsola Caccia visse dal 1620 al 1625 nel convento delle Orsoline nella vicina Bianzè (G. Romano, "Orsola Maddalena Caccia" in "Dizionario biografico degli italiani", Roma 1972, v. 15). In conclusione si potrebbe riferire il dipinto della chiesa di S. Francesco ad un pittore vicino a Carlo Cane e solo perifericamente appartenente all'ambito moncalvesco, come mostrano i modi piuttosto irrigiditi e poco sfumati e le teste in secondo piano, che sembrano ritratti, mentre la figura in ginocchio presenta reminiscenze cinquecentesche. In base a queste considerazioni e all'esame dei costumi (la lattuga ed il piccolo colletto per le figure maschili, quello più ampio per le vesti femminili, si portavano all'inizio del Seicento e durante tutta la prima metà del secolo, cfr. R. Levi-Pisetzky, "Storia del costume in Italia", vol. III) possiamo datare il dipinto al primo Seicento
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100033545
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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