stalli del coro, insieme di Salario Giuseppe Giacinto (terzo quarto sec. XVIII)

stalli del coro, 1764 - 1764

L'insieme degli stalli forma una sequenza semi ellissoidale, scandita da due cesure maggiori in corrispondenza delle porte di accesso alle sacrestie; altre quattro cesure in corrispondenza degli inginocchiatoi sono all'interno di queste maggiori. I dossali risultano così in numero di nove, più tredici, più nove; gli inginocchiatoi quattro, più quattro, più quattro, più tre, più quattro, più quattro, più quattro. Tutto il coro poggia su un basso basamento sagomato, e la parte più esterna su ulteriore gradino. I dossali sono separati da braccioli e lesene bordate con motivo terminante con volute affrontate e piccolo cartiglio; più oltre è capitello modanato terminante, oltre la cimasa, con vaso; i dossali presentano formelle mistilinee con volute e conchiglie dai bordi accartocciati; oltre è la cornice terminale a modanature, che si estroflette verso l'alto, con cartoccio terminale. Anche gli inginocchiatoi presentano formelle mistilinee con volute. I sedili sono lisci, con gambe terminanti superiormente e inferiormente a volute. Le lesene, la cornice terminale, le formelle di dossali e degli inginocchiatoi presentano inoltre decorazioni intarsiate in legno più chiaro di contorno assai ricco e capriciossamente rocaille.Continua al campo OSSERVAZIONI

  • OGGETTO stalli del coro
  • MATERIA E TECNICA legno di noce massello/ intaglio/ intarsio/ verniciatura
  • ATTRIBUZIONI Salario Giuseppe Giacinto (/ 1805): esecutore
  • LOCALIZZAZIONE Asti (AT)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il "Conto generale (...) 1760" documentante i lavori eseguiti per il rifacimento della chiesa (1755-1760), riporta notizie anche sugli stalli del coro, anche se la superba opera d'intaglio venne eseguita un poco più tardi, poichè risulta terminata nel 1764, quando fu pagata £. 3012 (forse su 3288 richieste). A questo proposito, anzi, nel Libro degli Ordinati del 1761-96 è presente nel 1761 stesso una supplica dell'autore, il "minusiere ed ebanista Giuseppe Giacinto Sallario di questa città" (Asti) in cui si chiede un adeguamento della somma in pagamento dopo che il disegno del coro era stato variato per ridurlo a maggiore "vaghezza, ornamento, proprietà", al fine di renderlo maggiormente corrispondente alla vaghezza del vano della chiesa. Questo conferma il termine dell'opera a rinnovamento già ampiamente completato, ma anche un'attenzione e una ricerca particolari nel rapporto stilistico tra opere diverse che artisti diversi, e tutti di notevole personalità, avevano fornito alla confraternita. Ed il coro è sicuramente pezzo che può stare alla pari (se non superiore) di tutte le altre opere eseguite nel giro di quegli anni. Il confronto più immediato è ovviamente con quello che lo stesso artista fornirà invece intorno al 1768 al duomo della stessa città; la Gabrielli (cfr. N. Gabrielli, "Arte e cultura ad Asti attraverso i secoli", Istituto Bancario S. Paolo, Torino 1977) sottolinea nel nostro caso il più ampio risalto plastico e gli intarsi più sottili e movimentati. E' da rilevare, nel coro della Trinità, benchè assai meno noto, l'intaglio e l'intarsio più sciolti ed eleganti, oltre che struttura e decorazione più ariose e meglio fuse, il segno corposo e più asciutto, mai divagante. Anche un'opera decisamente più semplice, come il coro del Santuario di Vicoforte (cfr. A. Midana, "L'arte del legno in Piemonte nel Sei e Settecento", Itala Ars, s.d. ma Torino 1924) rivela per certi aspetti spirito e orientamenti non divergenti. L'opera del Salario mostra una franca adesione allo stile rococò, tanto in particolari come i cartocci e le conchiglie che nella scelta delle formelle e nel tipo delle lesene. L'intarsio poi, in cui l'autore si rivela maestro, può consentire richiami iconografici, nella sue splendente complessità, solo con l'ambiente più aulico, come ad esempio l'inginocchiatoio del Piffetti conservato a Stupinigi (Midana, op. cit.). Opportuno è forse poi richiamare l'esempio del coro ligneo terminato verso il 1749 da G. A. Riva per la collegiata di Moncalieri, tra i primi a portare la ventata rococò tra gli ambienti ecclesiastici; ma in quel caso si trattava di un rococò tipicamente alfieriano, floreale, con particolari e raffinatezze anche di gusto francese. Qui è invece un'impronta più austera, chiesastica, forse più tipicamente piemontese; per questo rococò convinto benchè non indulgente alla passione naturalistica anche gli arredi di sacrestia del Duomo di Vercelli (Midana, op. cit.) segneranno un approdo convincente. In tutte queste opere sempre tuttavia l'impronta regionale ben si coglie nella struttura nitida, misurata, fortemente incardinata. Per concludere e riallacciandoci all'osservazione iniziale, notiamo ancora che nel seggio priorale la cornice curvilinea con volute affrontate, il raro motivo figurativo dei puttini insieme al fastigio col simbolo della Trinità, costituiscono ad evidenza un trasparente richiamo al complesso coronamento delle casse dell'organo. Dai documenti risultano le riverniciature del coro a scopo conservativo degli anni 1762 e 1955
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100033454
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Alessandria, Asti e Cuneo
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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