Carnevale di Cento: Tasi, la maschera Carnevalesca di Cento
“Tasi, all’anagrafe, Luigi Tasini. Leggendo, facendo qualche ricerca, si pensa che sia l’unica, o per lo meno una delle pochissime maschere italiane realmente esistita. Infatti Luigi Tasini nasce a Cento il 26 Settembre 1812. Noi abbiamo una data di nascita, una data di morte, abbiamo negli archivi storici del comune di Cento tante cose: estratto di matrimonio, dove ha abitato durante la sua vita, i numeri civici addirittura delle abitazioni. Noi sappiamo tutto di questa persona che diventa maschera. Lui era un personaggio molto strambo. I racconti dell’epoca lo descrivono come un personaggio che parlava qualsiasi lingua che la sua testa gli dettava. Quindi era un personaggio molto bizzarro che di professione faceva l’ortolano, l’ortolano per il priore di una chiesa dei santi Sebastiano e Rocco che si trova esattamente dietro l’angolo della piazza. Lui faceva l’ortolano di lavoro, di professione, ma, e questo è un altro unicum a livello italiano, è la prima maschera, oltre ad essere realmente esistita, che di professione, oltre al lavoro, faceva il carrista. Ci sono i racconti e documenti nell’archivio storico dove si descrivono le mascherate che faceva lui durante il Carnevale. Cioè lui costruiva carri, piccoli carri ovviamente perché si parla della fine del 1800 e non certo le dimensioni che abbiamo adesso, maschere in cartapesta, mascherate a piedi con anche un ingegno tecnico. In più, una cosa importante, è una maschera eletta dal popolo. Tasini muore nel 1889 e nei primissimi anni del 1900, i Centesi, dovevano dare un volto al loro Re Carnevale, soprattutto perché nei paesi limitrofi avevano già individuato delle maschere, quindi anche Cento doveva avere una maschera e decisero di eleggere lui, da morto. Ma che cosa aveva di strano Tasi, oltre ad essere un personaggio bizzarro, oltre ad avere come animale domestico una volpe, lui aveva una volpe al guinzaglio che preferiva nettamente alla sua moglie che dicevano non fosse né tanto bella e soprattutto di modi abbastanza rudi, quindi non era una compagna perfetta. In più lui, oltre alla domenica, oltre alle feste comandate, lui amava vestirsi in modo elegante, quasi barocco, ridondante, quindi dal cappello a cilindro, alle ghette, al bastone, il frac. Per un uomo di umili origini come Tasi vestirsi così saltava sicuramente all’occhio. Ma anche la maschera di Tasi ha un fondo storico. La manifestazione cardine dei festeggiamenti del Carnevale Centese è il Giovedì Grasso già dal 1546 dove qui, nella piazza del Guercino, il governatore di turno, poi il visconte, poi il sindaco con il passare dei secoli organizzava questo fantomatico Berlingaccio. Che cosa era il Berlingaccio: era una cena, una cena aperta a tutta la cittadinanza, dal più povero al più ricco, senza distinzione di ceti sociali e al termine di questa cena vi era in piazza il rogo del Berlingaccio, un fantoccio di paglia” (IPCICU_CSCC_Cento_A001). “Questo Berlingaccio è durato fino all’inizio dell’800 e si faceva prima in piazza, poi nella vecchia sala del consiglio. Ad un certo punto si decise di abbandonare questa tradizione e spostare i festeggiamenti al teatro di Cento imponendo a tutti i partecipanti l’abito scuro, elegante, e il biglietto d’ingresso. Tale per cui i poveri non potevano partecipare. Questa festa a teatro durò due o tre anni e poi si decise di annullarla completamente e dare il ricavato in beneficenza. Quindi da festa popolare dove il più povero poteva sedersi a tavola con il sindaco, con il padrone, il console, ecc. divenne una festa elitaria. Quindi l’abito scuro, l’abito importante, diventa critica, critica sociale: io posso vestirmi così anche se non sono di ceto sociale elevato e quindi posso dire la mia, posso dire la mia critica sociale, in qualunque momento. Forse anche per quello i Centesi scelgono Tasi, scelgono Tasi perché vedevano in questa figura stramba l’opportunità di dire, di poter denunciare, di poter criticare le cose che non andavano, soprattutto i potenti. Quindi traducendo, questa umile figura dalle umilissime origini, non proprio coltissima, è diventata davvero la voce di critica del popolo di Cento lasciando la cosa più importante che aveva, cioè le parti del suo vestito come testamento prima di morire, prima di ardere al rogo, come il vecchio fantoccio del Berlingaccio che dura dal 1500 adesso si brucia Tasi” (IPCICU_CSCC_Cento_A011). Tasi simboleggia la coscienza dei cittadini di Cento, a lui è concessa la facoltà di sparlare e criticare tutto ciò che durante l’anno non è andato bene, individuando le persone responsabili. Dopo aver lasciato il suo testamento, Tasi deve morire sul rogo per ritornare in una dimensione altra, e da qui vigilare sui comportamenti della comunità per ricomparire l’anno successivo portando con sé un nuovo testamento incidendo, così, sul modo di essere e di comportarsi dei centesi. “Non si brucia più un fantoccio di paglia, si brucia una maschera che prima di morire lascia un testamento, donando parti di questo vestito meraviglioso che hanno un significato, un significato molto pungente. Esempio, il cappello a cilindro, il cappello a cilindro si lascia solitamente ad una persona che ha bisogno di tenere in caldo le idee, che cosa vuol dire, vuol dire che lo si lascia ad una persona che ha un po’ la testa fra le nuvole o che durante l’anno ha fatto delle scelte molto azzardate. Il portafoglio lo lascia a uno che non sa spendere, o che ha speso troppo, o che ha avuto dei grossi problemi finanziari. Le brache, o le #braghe# in dialetto nostro, i pantaloni, li si lascia solitamente ad un #bragone# una persona spocchiosa. La camicia viene lasciata ad una persona che solitamente non fa niente, quindi è una critica. E per ultimo la volpe, la volpe che oltre ad essere il suo animale domestico, era la cosa a cui teneva di più nella sua vita, la deve lasciare a delle persone che per un anno si devono prendere cura di lei come se fosse loro figlia, quindi sprona qualcuno a fare di più. Quindi con i suoi vestiti lui permette al popolo di criticare i governanti, piuttosto che i potenti, piuttosto che le persone ben viste o conosciute della città” (IPCICU_CSCC_Cento_A011)
- OGGETTO carnevale di cento: tasi, la maschera carnevalesca di cento
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CLASSIFICAZIONE
SAPERI
- LOCALIZZAZIONE Cento (FE)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE “La prima notizia certa dei festeggiamenti carnevaleschi a Cento risale al 1546, e allude allo sconfinamento della festa popolare nel tempo della quaresima, usanza che perdura tutt’oggi. Tra il 1500 e il 1600 si susseguono notizie di grandi mascherate e cortei, di giochi a squadre, addobbi della piazza e del palazzo comunale, commedie, balli, feste pubbliche, attività ludiche e popolari, corse a cavallo. Una testimonianza di grande valore documentale e artistico viene offerta dalla produzione pittorica e grafica che Il Guercino nel 1610-1620 dedicò alle celebrazioni del Carnevale centese. Ma l’ardere del fantoccio, a simboleggiare la purificazione degli influssi malefici naturali e sovrannaturali, ma anche il rinnovamento preannunziante la stagione a venire è il tema centrale di un altro disegno che raffigura la folla nella piazza di Cento” (Mauro Zuntini in Alberti - Borghi - Govoni, 2019). Il Carnevale del 1700 continua a caratterizzarsi dalla presenza di mascherate, balli, veglioni e commedie con la comparsa di carrozze addobbate, mentre nel 1800 fecero la loro apparizione i carri trionfanti tirati dai cavalli con su la banda cittadina in costume. Protagonisti del Carnevale durante tutto il 1800 furono i carri scenici con personaggi in costume, il gettito, il rogo del fantoccio, lo spettacolo pirotecnico, i balli, le musiche, le commedie, le mascherate itineranti, il Berlingaccio e a partire dal 1870 si costituirono diverse società carnevalesche. All’inizio del 1900 mascheroni rappresentanti personaggi e atteggiamenti dell’epoca sostituirono i soggetti fiabeschi e i carri allegorici venivano trainati da buoi e non più dai cavalli. Contemporaneamente i Centesi crearono il loro re del Carnevale, nonché maschera tipica e coscienza di tutti: Tasi, così al posto del precedente fantoccio di paglia si iniziò così a bruciare la sua maschera (un pupazzo di cartapesta alto tre metri) che prima di andare al rogo declamava, e continua a declamare, un testamento in dialetto centese. Nel testamento Tasi donava e dona capi di vestiario e beni a personaggi della Città diventando occasione di critica salace ai costumi, alle manie ed ai vizi della comunità locale (Alberti - Borghi - Govoni, 2019). Durante la prima metà del 1900 si continua a registrare la presenza di carri allegorici di fattura più raffinata e animati meccanicamente, per interrompersi a causa della seconda guerra mondiale e ripartire il 16 febbraio 1947 grazie all’iniziativa di un gruppo di ferventi appassionati. I Carnevali successivi si distinguono per la presenza rilevante di carri e gruppi mascherati provenienti anche dalle frazioni centesi e da altri centri. Nonché dagli evidenti progressi dei carristi nella lavorazione della cartapesta, dall’introduzione di nuove tecniche meccaniche e idrauliche e dal traino meccanico dei carri che sostituisce quello animale (Borghi - Cortesi - Montanari - Lamborghini, 2017). Attualmente, il Carnevale a Cento si svolge solitamente in cinque domeniche con sfilate che hanno inizio nel primo pomeriggio. I carri allegorici, realizzati dalle società carnevalesche che si sfidano nel Carnevale, attraversano più volte il centro storico accompagnati dalla musica e da gruppi di figuranti in maschera impegnati in coreografie. Peculiare è il ricco gettito di gonfiabili e peluche lanciato da ogni carro agli spettatori. L'ultima domenica avviene la proclamazione della classifica e la premiazione, mentre all'ultima parata segue il rogo di Tasi davanti alla Rocca dopo aver letto il suo testamento nel dialetto locale dove lascia i suoi averi alla comunità locale. A qualche giorno dalla conclusione ufficiale del Carnevale con il rogo di Tasi, hanno luogo i funerali celebrati dalle società vincitrici nei confronti di quelle sconfitte. Dopo l’affissione di un annuncio funebre, il corteo processionale, con tanto di cassa da morto, si porta dal piazzale della Rocca alla Piazza, con una lapide portante i nomi delle società defunte. Non mancano, in molte occasioni, alti prelati concelebranti e popolazione in lutto, con donne piangenti, velate e nerovestite. La proclamazione di una #zirudella# (un caratteristico componimento dialettale in versi spesso dal tono umoristico) che non risparmia nessuno, alternata a strofe cantate che riecheggiano canti funebri liturgici, scandisce il percorso del funerale, a volte accompagnato dalla distribuzione di ricordi funebri in memoria degli sconfitti (Borghi - Cortesi - Montanari - Lamborghini, 2017)
- TIPOLOGIA SCHEDA Modulo informativo
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 08-ICCD_MODI_7190964508961
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
- ENTE SCHEDATORE Comune di Fano
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0