Tharros (sito pluristratificato insediamento urbano)

Cabras, ca VIII a.C - ca VIII d.C

La città venne fondata tra la fine dell’VIII o nel VII secolo a.C. ad opera di genti fenicie su un'area, la propaggine meridionale della penisola del Sinis, già frequentata in periodo nuragico. A questa fase si riferiscono infatti i nuraghi Baboe Cabitza sul Capo San Marco, quello presso la rada di Sa Naedda, i blocchi alla base della torre di San Giovanni e i resti di un villaggio del Bronzo medio recente, localizzato sull’altura di Murru mannu (o Muru mannu), non più in uso nel momento dell’arrivo dei Fenici. L’originario impianto fenicio dovette essere attivo tra la seconda metà dell’VIII inizi del VII secolo a.C. periodo in cui è archeologicamente attestato l’utilizzo del tofet, il santuario cittadino a cielo aperto, generalmente associato alla fondazione di un impianto stabile. Pur non conoscendo ancora l’esatta collocazione dell’abitato fenicio abbiamo sicure attestazioni in ambito funerario e votivo: a partire dall’ultimo quarto del VII secolo a.C. sono contemporaneamente in uso due necropoli a cremazione con tombe a fossa o a cista litica dislocate, quella più nota, sul Capo San Marco l’altra invece all’interno dell’attuale abitato di San Giovanni di Sinis. Relativamente all’ambito votivo si possono ricordare i materiali più arcaici rinvenuti nel tofet, che rimase attivo fino al II secolo a.C., impiantato sulle strutture orientali dell’abbandonato villaggio nuragico sulla collina di Murru mannu. Alla base dello stesso colle, verosimilmente, doveva trovarsi anche un impianto portuale. La straordinaria vivacità e importanza commerciale della città in area mediterranea già nel periodo arcaico, soprattutto tra il 630-530 a.C., è testimoniata dal materiale ceramico d’importazione (di produzione attica, ionica, laconica, corinzia ed etrusca) davvero considerevole per quantità e qualità. Nella seconda metà del VI secolo a.C., così come avviene per altri centri costieri dell’isola in seguito al prevalere degli interessi espansionistici cartaginesi, inizia la fase punica e la conseguente dipendenza politica e culturale da Cartagine. Indicatori utili di questo passaggio sono il processo di monumentalizzazione della città il cui centro viene ora a trovarsi sul versante orientale della collina di San Giovanni e la presenza di una nuova necropoli con tombe a camera ipogea scavate nel tufo che si impianta sull’altura di Capo San Marco. Da queste sepolture, destinate a deposizioni di inumati e costituite da un vano d’accesso provvisto di gradini e da una semplice camera quadrangolare, proviene la maggior parte dei materiali di pregio (gioielli, amuleti, scarabei, ceramiche d’importazione) rinvenuti nel sito. Tra le trasformazioni che interessano la città in età punica, tra la fine del VI secolo e il 238 a.C., anno della conquista romana della Sardegna, si colloca la possente e articolata cinta fortificata, costituita da una doppia cortina muraria intervallata da un fossato, che dall’estremità settentrionale della collina di Murru mannu prosegue fino alla sommità del colle di San Giovanni. All’interno della cinta muraria viene compreso anche il tofet che subisce in quest’arco di tempo una serie di risistemazioni dovute al saturarsi degli spazi per le numerose deposizioni: alla fase punica si riconducono alcune migliaia di urne e oltre 300 tra stele, cippi altare e cippi trono recuperati nell’area. A ovest del santuario, nello spazio compreso tra questo e le mura, si impianta alla fine del V secolo a.C. un quartiere artigianale specializzato nella lavorazione del ferro. Di fase punica o comunque preromana nel loro impianto originario, ripreso poi in età successiva, sono la disposizione di alcuni ambienti abitativi e l’irregolare tracciato stradale della parte bassa della città. Tra il V e la fine del IV secolo a.C. vennero organizzati gli spazi cultuali cittadini come attestano i templi più rappresentativi di chiaro impianto punico-tardopunico quali il cosiddetto “tempio delle gole egizie” e il “tempio delle semicolonne doriche”. Quest’ultimo, caratterizzato da una struttura in parte risparmiata nel bancone di roccia naturale in parte costruita con blocchi squadrati di grandi dimensioni, era costituito da un basamento (m 34 x 16), provvisto di gradini alla sommità del quale doveva elevarsi un piccolo tempio o un altare. Il basamento è caratterizzato su tre pareti esterne da una decorazione costituita da semicolonne scanalate sormontate in origine da capitelli in stile dorico risparmiate sullo stesso banco di roccia e da lesene angolari con semicapitelli di tipo eolico-cipriota. Anche in età punica il centro mantiene una rilevante importanza dal punto di vista commerciale come attestano la considerevole presenza di varie produzioni ceramiche (soprattutto attiche) e l’esistenza di botteghe artigiane specializzate nella produzione di scarabei in diaspro verde e in alcuni generi di gioielli. Con la conquista romana del 238 a.C. inizia per la città un profondo cambiamento portato a termine solo in età imperiale periodo al quale si riferiscono la maggior parte delle strutture attualmente visibili. A età repubblicana viene riferito il riassetto delle fortificazioni: agli originari blocchi di arenaria viene aggiunto un rifascio in massi di basalto mentre il fossato viene delimitato da un muro di controscarpa. All’interno del tessuto urbano si inseriscono alcune innovazioni in rapporto agli edifici di rappresentanza come attesta il cosiddetto “tempietto K”, distilo, il cui impianto riprende schemi architettonici tipicamente italici che lo collocano tra il II e il I secolo d.C. In età imperiale, tra II e III secolo d.C. il centro, passato dallo status di municipium a quello di colonia onoraria, subisce una decisa trasformazione urbanistica: l’altura di Murru mannu viene riorganizzata secondo uno schema ortogonale, le strade principali vengono lastricate con basoli in basalto e viene realizzato un sistema fognario per il deflusso delle acque bianche a cui si aggiunge l’edificazione di tre edifici termali (terme n 1, n 2 e di Convento vecchio). Tali edifici, collocati a breve distanza l’uno dall’altro nella parte centrale della città e realizzati in opera vittata e laterizia, erano dotati dei canonici ambienti, relativi a apodyteria, calidaria e frigidaria, abbelliti con pavimentazioni in mosaico policromo. Durante il III secolo d.C. si realizzò la condotta dell’acquedotto (parzialmente visibile lungo la strada che conduce agli scavi) e il suo raccordo al Castellum aquae. Quest’ultimo, situato al centro della città tra il cardo e il decumanus, è una struttura a pianta rettangolare (m 13,8 x 11,5) con otto pilastri delimitanti, all’interno, tre navate. Le pareti risultano prive di aperture e recano sulla superficie interna tracce di malta idraulica presente anche sul pavimento; davanti a tale costruzione sono stati individuati i resti di una struttura interpretata come fontana. Relativamente alle aree funerarie in questa fase esse appaiono più estese rispetto al periodo punico: si dispongono infatti all’interno del fossato di Murru mannu, lungo la costa tra il Capo San Marco e l’abitato di San Giovanni di Sinis e nella zona compresa tra la fascia costiera occidentale e la chiesa di San Giovanni. Le tipologie tombali documentate si riferiscono a deposizioni in fossa terragna, sarcofagi, tombe a enchytrismós, tombe alla cappuccina, a cupa, entro urne fittili o in piombo che documentano la presenza del rituale funerario dell’inumazione e dell’incinerazione. In età paleocristiana e altomedievale i principali edifici pubblici di periodo romano sono sottoposti a modifiche: le terme n 1 vengono collegate a un complesso di culto cristiano, da alcuni riferito alla ecclesia Sancti Marci citata dalle fonti, comprendente un edificio chiesastico e un battistero a pianta esagonale e baldacchino; le terme n 2 invece, per la presenza di tombe bizantine al loro interno, cambiano l’originaria destinazione d’uso divenendo un’ area funeraria. Tra VII e VIII secolo la città conosce una lenta decadenza che la porterà in seguito alle incursioni arabe a un progressivo spopolamento

  • OGGETTO sito pluristratificato insediamento urbano
  • AMBITO CULTURALE Cultura Fenicia, Punica E Romana
  • LOCALIZZAZIONE Cabras (OR) - Sardegna , ITALIA
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Le indagini del sito mirate essenzialmente al recupero di oggetti preziosi presero avvio agli inizi del 1800 e continuarono con questo intento per circa un secolo. A partire dalla metà del 1950 presero avvio gli scavi sistematici: tra il 1956 e il 1964 Gennaro Pesce mise in luce parte dell'abitato a est della torre di San Giovanni e, a settentrione l'area del tofet. Nel 1958, Ferruccio Barreca individuò il tempietto sull'estremità del Capo San Marco mentre lo stesso, dal 1969 al 1973, continuò gli scavi dell'abitato, delle fortificazioni e del tofet. Quest'ultima area fu indagata in collaborazione con Enrico Acquaro dell'Università di Bologna. Nel 1984 venne promossa una prospezione subacquea in collaborazione tecnico scientifica con la missione israelo-americana condotta da Elisha Linder. Ulteriori prospezioni subacquee avvenute tra il 2008 e il 2010 sono state condotte in collaborazione con Raimondo Zucca e Pier Giorgio Spanu dell’ Università di Sassari-Oristano. Attualmente gli scavi continuano in alcune porzioni della necropoli meridionale condotte in collaborazione con Carla Del Vais, Università di Cagliari e con l’Università di Bologna
  • TIPOLOGIA SCHEDA Siti archeologici
  • INTERPRETAZIONE sito pluristratificato
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà mista pubblica/privata
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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