Odeon di Catania (odeon, LUOGO AD USO PUBBLICO)

Catania, ca II d.C - ca II d.C

L’Odeon fa parte del Complesso archeologico del Teatro antico e Odeon di Catania, situato nel pendio meridionale della collina di Montevergine, sede dell’acropoli della colonia calcidese di Katane, fondata nel 729-728 a.C. (Tucidide, VI, 3). Il monumento romano sorge nella zona ovest dell’area demaniale, delimitata da via Sant’Agostino e da via Teatro greco, a fianco del Teatro antico, all’interno del Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci. L’Odeon presenta lo stesso orientamento del Teatro, con la cavea rivolta a sud-est, ma di dimensioni minori, e si attesta all’incirca alla quota del terzo ambulacro di quest’ultimo, nella parte alta del sito archeologico. La sua edificazione sarebbe legata alla fase di monumentalizzazione ed ampliamento del Teatro nel II sec. d. C., con funzioni complementari ad esso, quali audizioni e gare canore (Branciforti 2010); alcuni studiosi hanno ipotizzato anche una possibile funzione dell’edificio quale luogo destinato alle civiche assemblee. Secondo gli studi più recenti, l’Odeon apparteneva, insieme al Teatro, ad un unico complesso funzionale di edifici per lo spettacolo, costituitosi in diverse fasi nell’ambito di un’area della città romana di Catina con destinazione pubblica. Nell'ambito di questa ipotesi la scalinata posta fra i due monumenti, segnalata per primo da Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari, viene da alcuni identificata come sede di un originario percorso di collegamento connesso all'impianto viario urbano, il cui tracciato potrebbe coincidere con uno dei cardines della città (Branciforti 2010). La capienza originaria dell’Odeon di Catania è stata stimata in circa 1500 spettatori e, in base al confronto con edifici di tipologia simile (teatrum tectum) si presuppone che la struttura fosse dotata di una copertura, oggi non più esistente. L’edificio si presenta, infatti, alterato nella sua originaria configurazione e depauperato di gran parte dei materiali di rivestimento. La cavea, in cattive condizioni di conservazione, presenta un primo ordine di gradini che si diparte direttamente dall’orchestra, quest’ultima con rivestimenti molto degradati in marmi policromi. Il primo ordine, appoggiato al fianco della collina, è concluso da una stretta praecinctio, da cui si sviluppano le altre gradinate, divise in cunei e poggiate su 18 setti murari disposti a raggiera. I setti delimitano 17 vani a pianta trapezoidale, coperti da volte tronco-coniche rampanti e aperti ciascuno verso l’esterno da un’arcata. Il prospetto esterno è articolato dalla successione delle arcate, poggianti su ritti collegati da un architrave retto in blocchi squadrati di pietra lavica. Questo caratteristico elemento architettonico corre orizzontalmente lungo tutto il prospetto al di sotto dell’imposta degli archi, con la probabile funzione originaria di alloggiare la parte superiore di porte o cancelli di chiusura; il coronamento del fronte, in origine in grossi monoliti di pietra lavica, manca quasi del tutto. Nel suo complesso, l’edificio presenta consistenti degradi e rimaneggiamenti, causati dall’abbandono nel periodo tardoantico e medievale e incrementati dalla saturazione edilizia delle sue strutture, per adibirlo ad usi impropri (abitazioni, stalle, botteghe), fino ai primi anni del Novecento. Gli interventi massicci di liberazione e restauro - e in parte di ricostruzione - operati nel corso del XX secolo, ne hanno ricostituito l’impianto strutturale, modificandone però la configurazione originaria, soprattutto nel prospetto esterno (pilastri delle arcate originariamente in pietra lavica). Inoltre, il monumento romano rimane privo a sud di tutta l’area della scena, tuttora invasa dalle edificazioni successive ed in particolare dalle strutture dell’ottocentesco palazzo Sigona

  • OGGETTO odeon
  • MISURE Larghezza: 42 m
  • CLASSIFICAZIONE luogo ad uso pubblico
  • AMBITO CULTURALE Ambito Della Cultura Romana Imperiale
  • LOCALIZZAZIONE Catania (CT) - Sicilia , ITALIA
  • INDIRIZZO via Vittorio Emanuele II, 266, Catania (CT)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Secondo quanto risulta dalle indagini e dagli studi tuttora in corso, la costruzione dell’Odeon sul declivio meridionale della collina di Montevergine sarebbe coeva alla fase di ampliamento del Teatro (II secolo d.C. ca), al quale venne affiancato, sul lato ovest, per assolvere probabilmente a funzioni complementari, quali spettacoli e gare poetiche e canore (Branciforti 2010). Dopo la fine dell’Impero romano, si suppone che l’edificio abbia seguito la stessa sorte del Teatro - quest’ultimo ancora attivo tra il IV e V sec. d.C. - cadendo nel degrado e nell’abbandono tra il VI ed il VII secolo d. C.. Anche l’Odeon venne privato, in questa fase di abbandono, di gran parte dei suoi materiali costruttivi. Tale depauperamento continuò nel corso dei secoli, e se ne ha notizia nel periodo normanno, sotto il re Ruggero (Branciforti, Pagnano, 2008) e in particolare intorno al XV secolo, quando passò nella proprietà della nobile famiglia Guerrera, che ne utilizzò parte dei materiali per la costruzione del vicino Convento dei PP. Agostiniani (Musumeci, 1845-51). Tuttavia, nella seconda metà del Cinquecento, il medico e antiquario catanese Lorenzo Bolano attestava che l’Odeon era ancora abbastanza riconoscibile (Amico, 1741). Sappiamo, comunque, che nello stesso periodo l’edificio - insieme al Teatro - era già stato completamente invaso da abitazioni, come risulta dalle coeve rappresentazioni cartografiche di Catania (Anonimo, commit. Rocca, 1584 ca; Van Aeslt, 1592). Tra il XVII ed il XVIII secolo, le strutture dell’Odeon continuano ad essere invase da superfetazioni; in particolare, sulla scena e sulle parodoi vengono costruite delle case appartenenti a privati e tutte le arcate lungo il perimetro esterno vengono tompagnate per l’utilizzo improprio dei vani; tale situazione viene documentata nel 1778 dal pittore Louis Ducros, nel suo viaggio in Sicilia (Ducros, 1778) e perdurerà fino ai primi del Novecento. Nella seconda metà del Settecento, grazie al diffondersi della cultura antiquaria su impulso del principe di Biscari e con la fondazione delle Regie custodie, anche l’Odeon viene fatto oggetto di restauri (1793). Tuttavia, nel corso dell’Ottocento, l’edificio subisce vari danneggiamenti (ASCT, Intendenza Borbonica, Antichità, 1830-31) e si presenta rimaneggiato e privo di alcune strutture, soprattutto nella parte ovest (Musumeci, 1845-51), mentre sulle sue rovine sorgono nuove costruzioni. Infatti, nella pianta di Catania redatta da Sebastiano Ittar (Ittar, 1832 ca), in corrispondenza delle parodoi e della scena dell’Odeon risultano edificazioni disomogenee. Sul sito di queste ultime, pervenutegli per eredità materna, Antonino Sigona, barone di Villarmosa, all’inizio della seconda metà del secolo costruisce la sua Casa Palazzata, che sorge in adiacenza e in parte sovrapponendosi alle strutture della scena del monumento, sul fronte meridionale, come evidenziato nel Catasto storico del 1878 (Mappa del Catasto Urbano di Sicilia). Nonostante la diffida della Commissione per le Antichità dal mettere in atto altri interventi, la notte del 1 aprile 1868, il Sigona fa abbattere con la dinamite il muro di analemma occidentale e la contigua volta a botte conica dell’Odeon, con la conseguente caduta di un enorme blocco murario, che rimarrà sul terreno accanto all’edificio fino ai nostri giorni. Il Barone Sigona viene denunciato alla Procura per gli effetti del codice penale, ed ha inizio un lunghissimo contenzioso, che si protrarrà fino ai primi del ‘900, concludendosi con la dichiarazione di colpevolezza dell’accusato (Relazione sulle Avvocature Erariali pel quadriennio 1901-1904, presentata dall’Avvocato Generale Erariale A. De Cupis a S.E. Il Ministro del Tesoro A. Majorana, 1906). Nel corso del primo ventennio del XX secolo Paolo Orsi, Sovrintendente alle Antichità della Sicilia Orientale, si prodigherà per attuare le procedure espropriative dell’Odeon e per impedire ulteriori danneggiamenti del monumento. Nel 1917 viene concluso lo scavo di una parte dell’Odeon, acquisita dal Ministero dell'Istruzione, mettendo allo scoperto tutto l’intero tratto espropriato dallo Stato (Mirone, Revue archeologique, 1925). Nel 1918 lo stesso Orsi scrive che non resta nulla del fronte della scena, né del pulpitum; solo rimane traccia della parascena orientale che serviva anche da corridoio di comunicazione con il vicino Teatro; il piano dell’orchestra, ora completamente in vista, conserva “una rozza pavimentazione fatta di lastre di marmo frammentizie” (Orsi, Notizie degli Scavi di Antichità, 1918). Rimane un ultimo cuneo non liberato, ancora tompagnato, sul fronte nord-orientale del monumento. Dopo il secondo conflitto mondiale, grazie all’attività di tutela e alle campagne di scavo attuate dalla Soprintendenza Archeologica della Sicilia Orientale e nell’ambito degli interventi degli anni 1950-1970, si assiste alla liberazione e al parziale consolidamento del monumento, oggi inserito all’interno del Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci
  • TIPOLOGIA SCHEDA Monumenti archeologici
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1900382831
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Centro Regionale per l'Inventario e la Catalogazione
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania
  • DATA DI COMPILAZIONE 2021
  • DOCUMENTAZIONE GRAFICA riproduzione di carta topografica (1)
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  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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