Santra Croce/Torrente Tona (strutture abitat. Fornace)

Santa Croce di Magliano, IV a.C

Durante i lavori di manutenzione della rete gas (risalente, nella sua realizzazione, alla fine degli anni ’60 del secolo scorso) sulla variante San Salvo – Biccari, eseguiti da SNAM Rete Gas S.p.A., è emerso del materiale di interesse archeologico. Le indagini archeologiche si sono concentrate nel tratto ricadente nel comune di Santa Croce di Magliano, denominato TRINCEA 2, a S del torrente Tona e ad una quota di circa 145 m s.l.m. Lo scavo di questa trincea, lunga circa 150 m, larga circa 2,50 m e profonda dai 2 m ai 2,50 circa, procede dal torrente in direzione S, salendo di quota fino a circa 155 m s.l.m. Le strutture archeologiche ivi presenti insistono esclusivamente nella parte finale della trincea, a S, dove si è perciò concentrata l’indagine. Nella restante area di scavo, privo di materiale antico, si è semplicemente proceduto al ripristino. Sono stati aperti in tutto quattro saggi di scavo di dimensioni diverse, a diversa profondità, a seconda della stratigrafia presente, ma tutti a ridosso della trincea, nei limiti della servitù SNAM.e di diversi saggi e trincee esplorative. Tuttavia, dal momento che il terreno si presentava incolto i saggi sono stati disposti sul campo principalmente nelle aeree dove lo sbancamento aveva messo in luce tracce e intercettato evidenze archeologiche, ovvero dove sembrava esserci materiale sotterraneo. Il primo saggio, di dimensioni 6 m per 2 m, è situato nella parte finale della trincea, a S del Torrente Tona. Esso è stato parzialmente intercettato dal mezzo meccanico durante le fasi di dissotterramento della vecchia condotta. In questo punto, a circa 50 cm dal piano di campagna, è stata scoperta una piccola fornace di forma circolare, orientata N/S, con praefurnium a S. Il piano di cottura, di circa 1,50 m di diametro, è costituito da quattro spicchi in terracotta, di cui se ne conservano tre, con, rispettivamente, 8 fori cilindrici utili per il passaggio dell’aria calda. La volta di copertura - con tutta probabilità - era costituita da argilla impastata con sterpaglie e rami: resti di concotto con impresse tracce del materiale deperibile usato (materiale vegetale) sono stati recuperati immediatamente al di sopra del piano forato. A sostegno del piano di cottura, si conserva la colonna centrale di forma circolare di 32 cm di diametro, composta da argilla refrattaria. Le pareti interne della camera di combustione e del prefornio, invece, sono interrate e costituite da uno strato di argilla, pressata contro terra, e poi concotta e rubefatta dal calore stesso delle cotture. La terra rinvenuta all’interno era formata sia da strati di bruciato e carbone, sul fondo, sia da una costipazione di frammenti ceramici, acromi (nella maggior parte dei casi ipercotti, mal cotti, deformati e verosimilmente pressati), concentrati tra il praefurnuim e la colonna centrale. Il praefurnium è composto da un corridoio lungo circa 60 cm e largo circa 50 cm. Il pavimento del forno e del praefurnium ha la stessa composizione delle pareti. Questa fornace è assimilabile al tipo 1/a della tipologia proposta da N. Cuomo di Caprio. In base ai reperti ceramici recuperati durante lo scavo, è possibile datare il manufatto al IV-III sec a.C. Attualmente la fornace, restaurata e prelevata, è visitabile presso il il Parco Archeologico dell'anfiteatro romano e di Villa Zappone a Larino. Una seconda fornace doveva trovarsi nel saggio III. In questo punto infatti è stata documentata una buca di forma circolare con resti di concotto, ossa combuste, scarti di lavorazione della ceramica e carboni, evidente testimonianza della vocazione produttiva dell'area e della presenza di ulteriori fornaci distrutte ab antiquo. Non lontano dalla fornace, si rinvengono resti di strutture, e una moneta d’argento di Kaulonia databile alla fine del V secolo a.C., sicura testimonianza dell’importanza e della ricchezza del sito. La moneta, consumata ma perfettamente leggibile, ha da un lato la figura di Apollo e la scritta in lettere greche “KAV”, le iniziali, appunto, della città di provenienza. Sul lato opposto, invece, è rappresentata una cerva con un animale alato (papera?) alla fonte e le lettere greche “ΘE”. È chiaro che lo scavo per la messa in opera della prima conduttura – risalente come detto alla fine degli anni ’60 del novecento - e la sua successiva manutenzione, hanno intercettato una struttura risalente (in base ai reperti ceramici rinvenuti) al IV – III secolo a.C., in fase sia con la fornace integra (saggio I), che con quella distrutta ab antiquo (saggio III). Tuttavia, la presenza di due fornaci e la vicinanza con il torrente Tona fa ragionevolmente pensare che si tratti di un’area artigianale destinata alla realizzazione e alla cottura di vasi. Andrebbe invece esclusa la produzione di mattoni e tegole, sia per le ridotte dimensioni delle due fornaci, sia per la quantità di tegole numericamente inferiore rispetto ai frammenti ceramici. Inoltre, la ceramica recuperata in molti casi appare mal cotta, deformata

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