Tumulo di Poggio Pelliccia (tomba a tumulo)

Gavorrano, VII-IV sec. a.C

Il tumulo è situato sulla pendice meridionale di Poggio Zenone, denominato Poggio Pelliccia, ed è di formazione quasi del tutto artificiale. Individuato già nel 1960, è stato oggetto di successivi interventi della Soprintendenza Archeologica per la Toscana nel 1971 e 1972 (cfr. Talocchini 1972 e 1973), che hanno rimesso in luce la cella e il dromos, poi restaurati, ed eseguito vari saggi a raggiera sul pendio del tumulo. Attualmente esso sorge in posizione isolata, quasi interamente compreso in un'area recintata, coperto da rada vegetazione di tipo per lo più arbustivo e spontaneo. Scarsissimi resti sono visibili dei blocchi che dovevano costituire il tamburo circolare esterno, del diametro di m.142,56 ca. I saggi di scavo hanno inoltre fatto avanzare l'ipotesi di più cerchi concentrici di pietra a terrazzamento del tumulo. Sul fianco Ovest-Sud Ovest del tumulo si apre il dromos, largo m.1,80 che si inoltra per m.13,70 a cielo aperto, con pareti costituite da filari di grossi blocchi di arenaria squadrati e lavorati in alto; il dromos sale con una notevole pendenza fino ad una porta architravata larga m.0,71, il cui lastrone di [...] che la tomba era stata violata. Dalla porta, con stipiti costituiti da blocchi di arenaria alti m.1,50, che tendono a stringersi verso l'alto, si accede al dromos coperto, lungo m.4,50, le cui pareti, costituite da filari piuttosto regolari di alberese, presentano grosse lacune, dovute probabilmente all'azione dei violatori; il soffitto, a m.1,45 ca. dal piano di calpestio, è costituito da due enormi lastroni posti in piano, più un altro che costituisce anche l'architrave della porta che dà all'interno della cella. Questa a pianta quadrangolare, di m.3,75 x 3,80 ca. con pareti a filari di diverse altezze di pietra alberese, con blocchi irregolarmente squadrati, di varie dimensioni, mentre la parete in cui si apre la porta è costituita quasi interamente da due lastroni di alberese che fungono da stipiti. Spesso le giunzioni tra i vari blocchi, disposti a secco, sono regolarizzate mediante l'inserzione di scaglie di piccole o medie dimensioni. A ca. m.0,90-1,00 dall'attuale piano di calpestio (costituito da terriccio erboso) si impostano sugli angoli delle lastre disposte di taglio, per cui la cella è a cielo aperto. Sulla parete di fondo della cella si nota una rottura, larga m.0,65 ca. dovuta forse ai violatori antichi. Il tumulo si conserva attualmente per una altezza massima di m.3,50 dal piano della cella, altezza forse non lontana da quella originaria. Dell'originario corredo delle sepolture sono stati trovati vari resti molto frammentari durante i recenti scavi, soprattutto nel dromos scoperto: si tratta di materiale di vario tipo, di importazione e di fabbricazione locale (cfr. Talocchini 1981), con datazione dalla fine del VII al IV sec. a.C., che testimoniano quindi un uso prolungato della camera sepolcrale. Va inoltre notato che sul pendio del tumulo gli scavi hanno rinvenuto due tombe periferiche a fossa, rivestite da lastre di arenaria e coperte da lastroni di alberese; una, sul versante Ovest, era intatta, orientata SO-NE e di m.2,40 x 0,67; oltre ai resti ossei, in essa è stato rinvenuto il corredo di epoca orientalizzante (metà VII sec. a.C. ca.). Alla stessa epoca risalgono anche i materiali dell'altra tomba rinvenuta sconvolta e riempita di terra sul versante NE, orientata N-S e di m.1,95 x 0,65. La costruzione del tumulo si può quindi inquadrare nell'ambito del VII sec. a.C., come conferma del resto la tipologia della struttura, riconoscibile nel tipo A del Prayo (Früetruskische Grab-und Hansarkitectur, 1975) databile appunto a quest'epoca. Se si esclude la mancanza del pilastro centrale, la camera riprende poi, in dimensioni minori, le caratteristiche della tomba del Diavolino, sempre nel territorio di Vetulonia

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