Complesso castrense di Lagneto (insediamento insediamento fortificato)

Framura,

Sulla cima del Monte Sant’Agata (644.5 m s.l.m.) sono visibili le rovine del complesso castrense di Lagneto, di cui rimangono il mastio e la cappella di Sant’Agata. Il nome dei signori di Lagneto ricorre frequentemente nelle fonti genovesi del secolo XII, quando si configurano come una consorteria legata alle risorse dell’economia rurale ma soprattutto al controllo delle vie di comunicazione e alla riscossione dei relativi pedaggi. L’ubicazione topografica dell’omonimo centro fortificato, fulcro dei loro domini e polo strategico di notevole rilevanza nel contesto territoriale della Liguria di Levante, è stata rintracciata grazie alla sopravvivenza della chiesa di Sant’Agata, la quale, in un documento del 1374 conservato presso l’Archivio Vaticano, viene considerata suffraganea della chiesa di San Lorenzo di Castagnola e apostrofata appunto “de Lagneto”. Secondo le fonti erudite l’edificio di culto venne definitivamente abbandonato alla fine del XVIII secolo, sebbene il sito conservò a lungo un grande valore devozionale, in quanto meta, ancora agli inizi del Novecento, di processioni per invocare la protezione divina sul lavoro dei campi. Negli anni compresi tra il 1951 e il 1956 L. Cimaschi condusse una serie di sondaggi archeologici sull’altura di Sant’Agata, da lui descritta come “una cima a tronco di cono di forma ellissoidale, artificialmente spianata, di una superficie prossima ai mille metri quadrati”. Le indagini portarono alla luce le murature perimetrali della chiesa, del torrione del castello e di alcune porzioni della cinta muraria. Le strutture della torre, di pianta quadrangolare con lati di oltre 4 m, sopravvivono in elevato per poco più di un metro al di sopra del piano di calpestio del vano interno, adibito presumibilmente a cisterna. La tecnica muraria evidenzia l’impiego di bozzette di calcare bianco apparecchiate su filari regolari, richiamando l’operato di maestranze specializzate, in contrasto con le modalità costruttive riscontrate per la cinta perimetrale, realizzata con pietrame irregolare (calcare e serpentinite) posto in opera a secco. L’edificio di culto, dedicato a Sant’Agata, consiste di un’aula unica a pianta rettangolare (9,50 x 4,50 m di lato interno), terminante a est con un’abside rettilinea. Lo scavo archeologico ha permesso di riportare alla luce la base di un altare, riferibile al tardo-Medioevo o alla prima Età Moderna, precisando al contempo l’originaria articolazione dello spazio della navata, suddiviso tramite due archi trasversali, dei quali sono ancora leggibili le basi delle lesene. L’indagine portò anche all'individuazione di un ambiente addossato in una fase successiva al fronte orientale dell’abside e poi ulteriormente suddiviso in due vani. L’osservazione sulle strutture murarie complessivamente messe in luce, come peraltro l’insieme dei dati raccolti durante le attività di scavo, non permette di datare con precisione le diverse fasi edilizie individuate, né di definire in modo circostanziato i periodi di occupazione del sito. Se non è possibile avanzare ipotesi di datazione puntuali per il muro di cinta, in considerazione del prolungato utilizzo della tecnica a secco, appare tuttavia evidente il carattere prettamente medievale della torre, suggerendo, sulla base della tecnica muraria a filaretto, una plausibile datazione al secolo XII. Secondo una proposta interpretativa, infatti, la torre di Lagneto potrebbe essere stata innalzata con mezzi forniti dal Comune di Genova poco dopo il giuramento di fedeltà e mutuo soccorso proferito ai consoli genovesi dai signori del castello nel febbraio del 1138. Per quanto concerne la cronologia dell’edificio di culto, il rilevato utilizzo di materiale di reimpiego proveniente dalle murature della torre e della cinta perimetrale indica una fase di edificazione verosimilmente posteriore all'abbandono dell’impianto fortificato. Le fonti archivistiche ci informano che nel corso del Trecento i signori di Lagneto si trasferirono definitivamente a Genova per legarsi ad alcune delle principali famiglie cittadine, tra le quali i Doria, senza mantenere alcun legame con la terra di origine, favorendo ipoteticamente l’abbandono del castello e il suo conseguente utilizzo come cava di materiale edilizio. Nel complesso appare dunque plausibile una collocazione cronologica dell’edificio religioso nell'ambito del XIV secolo, probabilmente di poco precedente alla data dello stesso documento vaticano che costituisce la prima attestazione scritta dell’istituzione ecclesiastica. Sono invece ascrivibili ad una fase più tarda, da ricondurre forse alla seconda metà del XVI secolo, le murature dell’ambiente addossato alla struttura absidale, richiamando un suo plausibile utilizzo come sacrestia in osservanza della normativa stabilita con il Concilio di Trento, che prescriveva in modo esplicito la presenza di tale ambiente accessorio

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