Monte Pozzo (insediamento tracce di insediamento)

Ventimiglia, età romana

Sito ubicato lungo il crinale che separa la Val Roia dalla Valle Bevera. La denominazione Monte Pozzo è in realtà convenzionale, in quanto il sito individuato non si trova sulla cima così denominata, come indicata dalla CTR, ma sulla prima cresta posta a SO di questo. Il sito si caratterizza per la posizione defilata, quasi nascosta da entrambi i versanti. Una volta raggiunta la linea di spartiacque, si scopre che la cresta in questione domina verso O un’ampia zona prativa in falsopiano, digradante da NO a SE, la quale, verso O, è a sua volta racchiusa da un corrugamento naturale del terreno, al di là del quale una serie di balze precipiti raggiunge il fiume Bevera, molto più in basso, rendendo il sito oltrechè ben difendibile, difficilmente visibile anche da questo versante. Il sito ospita i ruderi di una costruzione in pietra dalla forma rettangolare allungata che, per quanto forse riutilizzata in tempi recenti, appare certo non moderna. La prima notizia di rinvenimenti di materiale archeologico è costituita da una lettera di segnalazione inviata alla Soprintendenza competente nel febbraio 2003 da Sandro Lorenzelli, nella quale si comunica il rinvenimento, avvenuto a giugno 2002, di “...numerosi frammenti di ceramica romana di varia dimensione sia appartenenti ad anfore che a vasellame diverso, con probabile datazione ai primi secoli dopo Cristo. Inoltre sono stati raccolti numerosi frammenti di piccole dimensioni di terracotta ad impasto di produzione locale.” Il sito è stato pertanto nuovamente indagato nell’ottobre 2003 mediante una ricognizione condotta dalla Sopintendenza archeologica della Liguria. Il pianoro si presenta terrazzato con bassi muretti posti ad una certa distanza l’uno dall’altro, vista la scarsa acclività del terreno, e circondato da un poderoso muraglione a secco che, sul lato E, cinge per una trentina di metri, con andamento S-N, la base della ripida ma non elevata cresta visibile anche dalla Val Roia, per piegare poi ad O in corrispondenza di un agglomerato di pietre di piccola pezzatura di forma pseudocircolare, dalle notevoli dimensioni pari a 8 metri circa di diametro; il lato del muro con andamento E-O va poi ad innestarsi sulla seconda piccola cresta che circoscrive il pianoro dal lato O. A N del mucchio circolare uno scosceso pendio, percorso da un sentiero, divide quest’area, definibile come piana superiore, da una ben più ampia piana inferiore, anch’essa prativa, il cui toponimo è infatti “Prato” o anche “Cian del Pozzo”. Ivi è stato identificato, con tutta probabilità, il pozzo che dà il nome alla località, nonché al monte adiacente. La Piana inferiore non ha restituito materiali; al contrario ben più ricca di reperti si è rivelata l’area della Piana superiore, con particolare densità di ritrovamenti sui cigli della cortina prima descritta. Da notare la presenza di una cisterna datata 1928, con acqua sorgiva all'interno. Sulla sommità della cresta E e in adiacenza a questa, si sono inoltre identificati due edifici in blocchi rozzamente squadrati di medie e grandi dimensioni, posati con tecnica a secco e con muri attualmente conservati al massimo per tre corsi. I due edifici sono distanziati una ventina di metri uno dall’altro, con il lato lungo parallelo al crinale e il loro perimetro è agevolmente ricostruibile, nonostante l’interno di essi si presenti ingombro di pietre, esito di un loro probabile collasso. La tecnica costruttiva differisce totalmente da quella del sottostante rustico e fa peraltro riflettere l’impiego di blocchi di tali dimensioni. La collocazione su un lembo di roccia così limitato, che si è dovuto peraltro in parte munire di un terrapieno onde regolarizzarne l’andamento in forte declivio da E ad O, non sembra avere altre motivazioni utilitaristiche che quella di controllare la sottostante Valle Roia. L'edificio più a S, denominato "A", è di forma quadrata, con lati di m. 7.50 e poggia ad E direttamente sullo sperone roccioso, ad O su un terrapieno ottenuto mediante una cortina a secco. I paramenti murari di cui è costituito sono di spessore variabile ma compreso tra i 60 ed i 77 cm, e circoscrivono un vano rettangolare largo m. 4.75, sul lato E, affiancato ad O da un corridoio largo m. 1.10 che passa sopra al terrapieno, avendo accesso da S in corrispondenza di una sorta di soglia, marcata da un gradino. L’edificio "B", di pianta pseudorettangolare, misura m. 5.80 per m. 3.50/3.65 e la sua planimetria è ricostruibile con più difficoltà. I materiali rinvenuti consistono per lo più in anforacei di età repubblicana, ossia greco-italiche ad impasto augitico (un puntale cavo), e genericamente successiva, con presenza di un orlo e piede di una probabile “gauloise”; è poi attestata ceramica fine da mensa, consistente in un piede di coppetta e una parete di probabile imitazione Campana bioide. Ad un orizzonte lievemente più antico sembrerebbero da riferire alcune grezze ad impasto di produzione locale, una delle quali a superficie polita, oltre ad un frammento di parete di ipotetica anfora ad impasto augitico molto grezzo. Si segnala infine il rinvenimento di un frammento di probabile pestello litico

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