Loc. Veonigi (insediamento tracce di insediamento)

Isolabona, età romana

Il sito è ubicato lungo il crinale che divide la val Nervia dalla Val Barbaira, in corrispondenza di uno dei contrafforti che si protendono da quest'ultimo sul primo bacino imbrifero citato, con un notevole controllo del fondovalle e segnatamente del settore attualmente occupato dal centro storico del comune capoluogo. Morfologicamente, il contrafforte appare dolcemente digradante verso valle e presenta caratteristiche che lo rendono adatto ad un insediamento agricolo/pastorale anche stabile, come risulta peraltro essere avvenuto fino a non molti anni orsono; vi si giunge mediante una diramazione della Provinciale 69 per Gouta; tale strada militare corre in costa ad una quota superiore ed è quindi necessario prendere (a piedi) una deviazione verso destra in discesa in direzione della piccola chiesetta campestre di N.S. della Neve, oltrepassare quest'ultima e continuare a scendere lungo la dorsale, che appare estesamente terrazzata a scopi agricoli, fino a giungere alla località detta Case Moro; l'edificio, apparentemente disabitato, ma in discrete condizioni, che dà il nome al sito, appare di un certo interesse. Presenta, infatti, varie fasi edilizie, in parte probabilmente ascrivibili al Medioevo. L'area che ha restituito materiali (anforacei in parte di produzione tirrenica ad impasto augitico) si trova ubicata immediatamente ad est e a sud di tale edificio; i reperti sono stati rinvenuti lungo le fasce un tempo coltivate a olivo ed eucalipto; tuttavia nulla è stato riscontrato al di sotto della quota 560. La località risulta segnalata già nel 1937 da Andrea Cane, in una notizia data sulla Rivista Ingauna Intemelia: nel corso di una perlustrazione del sito egli rinvenne, alla quota di circa 500 metri, in un podere piantumato a vigneti (che si presume possa essere, anche sulla base dei rinvenimenti, identificabile con il podere di Case Moro), due manufatti litici interpretati come elementi di una macina da grano. I due frammenti, aventi un diametro ricostruito pari a cm. 40, sono caratterizzati da un profilo evidentemente combaciante; dovevano pertanto, a detta di Cane, essere disposti in modo che il superiore, dotato di incisioni raggiate per migliorare le proprietà macinative, ruotasse sull'altro: l'autore nota peraltro che quest'ultimo elemento appare cavato da un tipo di roccia eruttiva, differente da quello inferiore -in arenaria "verdastra"- e non locale. I due elementi risultano essere stati consegnati al Museo Civico di Ventimiglia. L'autore segnala inoltre la notizia, piuttosto importante, del rinvenimento, "poco lontano", di "tombe costruite da lastre di pietra, frammenti di vasi, monete romane ecc.", reperti andati purtroppo dispersi, concludendo per un'attribuzione a "tempi romani" della macina, rimarcando peraltro la valenza strategica del sito come castellum romano-ligure. Per un eventuale studio del reperto si segnala, al Museo di Sanremo, la presenza di un'analoga attestazione, frutto di un rinvenimento di superficie effettuato nei pressi del sito d'altura di Bric Castlaz,o Castellaccio, in alta Valle Argentina, costituita da un elemento da macina integro, caratterizzato dal medesimo particolare delle incisioni radiali

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