statuetta
Personaggio giovane, di sesso femminile (o maschile ma androgino), stante. Gamba destra portante, gamba sinistra flessa, arto superiore sinistro in avanti con mano a sorreggere la terminazione cilindrica di un manufatto non conservato, arto superiore destro sollevato, con braccio perpendicolare al tronco e avambraccio piegato verso l’alto a 90°, la mano non conservata. Volto di prospetto con occhi resi da ampie fessure a mandorla. Folta capigliatura con scriminatura centrale, frangia annodata a formare un fiocco; chignon sulla nuca. Copricapo a ciambella con larga tesa piana cui è applicata una stoffa panneggiata che scende sul fianco destro, l’estremità bloccata dalla mano. Corta veste panneggiata, a due balze, appuntata su entrambe le spalle e stretta sotto il seno da una cintura. Sul retro, all’altezza delle scapole, due monconi paralleli e rettilinei, probabile residuo di due ali sviluppate verso l’alto. Ai piedi, all’altezza del calcagno, due coppie di piccole ali di uccello
- OGGETTO statuetta
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MATERIA E TECNICA
lega metallica/ fusione a cera persa
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MISURE
Altezza: 22,5 cm
Larghezza: 9,5 cm
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CLASSIFICAZIONE
SCULTURA/STATUARIA MINIATURISTICA
- LOCALIZZAZIONE Museo Archeologico Cadorino di Pieve di Cadore
- INDIRIZZO Piazza Tiziano, 2, Pieve di Cadore (BL)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Dall’analisi iconografica emerge la complessità del manufatto, caratterizzato dalla presenza simultanea di più attributi difficilmente riconducibili a un’unica divinità del pantheon romano. Nonostante la postura e l’abbigliamento ricordino quelli di un Lar compitalis, l’evidenza del seno rinvia inequivocabilmente a un soggetto di sesso femminile. La veste ricondurrebbe a una Diana, ma l’assenza dei calzari e l’inserzione delle ali rendono scettici su tale attribuzione: le piccole ali ai piedi ricordano Mercurio, mentre le grandi ali sulla schiena potrebbero essere quelle di una Vittoria, ipotesi avvalorata dalla postura delle braccia, compatibile con gli attributi canonici della dea alata (una corona di alloro e un ramo di palma). Estraneo alle divinità sin qui menzionate è però il copricapo, privo di confronti puntuali nell’iconografia romana: l’ampia tesa suggerisce l’accostamento ai cappelli da mietitore, un dato che porterebbe a vedere nel soggetto la personificazione di una Stagione, l’Estate, motivo molto raro nella plastica minore e di difficile inquadramento nel contesto del Cadore. Nessuna tra le ipotesi esposte sembra quindi convincente e il soggetto rimane enigmatico nella sua interpretazione. L’incoerenza generale alimenta i dubbi sull’antichità del manufatto, o meglio sulla sua datazione ad epoca romana: l’acconciatura, la veste, la postura e gli attributi sono visibilmente permeati di cultura classica, ispirati e modellati all’antico, ma combinati insieme in maniera del tutto originale, creando associazioni ben lontane dalla tradizione iconografica antica. A dare sostegno a tali perplessità contribuisce l’analisi autoptica: sospette risultano in particolare le patine superficiali, che pongono in dubbio la natura propriamente archeologica del rinvenimento in quanto poco compatibili con una permanenza prolungata sotto terra. Le caratteristiche generali e la raffinatezza di esecuzione farebbero propendere per una produzione di età rinascimentale, in un contesto storico e culturale dove il mondo antico fungeva da principale riferimento, in tutte le sue manifestazioni, ivi comprese quelle artistiche. Il manufatto di Vodo non sarebbe quindi un originale di età imperiale, bensì un bronzetto pseudo-antico: non un falso tout court, ma un prodotto modellato “all’antica”, verosimile, realistico, ma non copia fedele di un prototipo romano. L’ipotetico inquadramento in età rinascimentale trova sostegno nel particolare clima artistico/culturale che si era venuto a costituire in Veneto tra Quattrocento e Cinquecento, su influenza dell’Umanesimo che permeava gli atenei di Padova e Venezia e delle evidenze monumentali antiche ancora presenti in loco, un clima segnato dal sorgere del collezionismo d’antichità e dal fiorire delle botteghe dedite alla riproduzione fedele su scala minore delle grandi opere scultoree del mondo classico, greco e romano. In età rinascimentale il Veneto (Padova in particolare) risulta sede di una vivace scuola di bronzisti, seconda solo a quella di Firenze, contrassegnata da una predilezione per i temi mitologici e da un repertorio classico mutuato da gemme, sculture e monete, ma anche da pezzi di piccolo formato provenienti da scavo o dal mercato antiquario. Questo rianimarsi della bronzistica, dopo lo stallo di età medievale, si deve in parte al recupero delle tecniche metallurgiche antiche (in particolare la fusione a cera persa) e al loro perfezionamento, col sistema del calco a tasselli, determinante per la riproduzione in scala di più esemplari a partire da un medesimo prototipo, e implicante l’impiego di un minor quantitativo di metallo. A favorirne la crescita fu però la committenza, prevalentemente privata, profondamente permeata di cultura classica: il bronzetto rinascimentale nasce come ornamento prestigioso della casa e diventa nel XVI secolo un oggetto di collezionismo quasi sfrenato, da esibire nelle sale di rappresentanza . In questo contesto culturale trova facile inquadramento anche il bronzetto di Vodo, forse nato per essere esposto in una casa patrizia , verosimilmente nel Cadore o bellunese, di qui asportato per cause che rimangono ignote (saccheggio/vendita/donativo, ecc.), quindi sepolto a ridosso della guerra, alla stregua di un “tesoretto”, e riportato alla luce solo in tempi di pace, non a caso negli anni della ricostruzione post-bellica. Tali considerazioni, esclusivamente basate sul dato iconografico e sull’analisi superficiale delle patine, andrebbero suffragate con un’analisi metallografica della materia prima impiegata: di fronte ai molti interrogativi aperti, la composizione della lega potrebbe contribuire in maniera risolutiva all’inquadramento cronologico del manufatto
- TIPOLOGIA SCHEDA Reperti archeologici
- SPECIFICHE DI REPERIMENTO Recupero casuale in occasione dello scavo per la realizzazione del pozzetto di alloggiamento dei contrappesi di una sega elettrica
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500591318
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia del Veneto
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia del Veneto
- DATA DI COMPILAZIONE 2015
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0