resti del tempio nel foro di Alba Pompeia (tempio, strutture per il culto)

Alba, ca fine I a.C - ca inizio I d.C

Sul lato N e sulla facciata di palazzo Marro si notano strutture murarie che incrociano ad angolo retto, riconosciute fin dall’inizio del ‘900 come pertinenti ad un edificio pubblico romano, inglobato nelle fondazioni dell'edificio di XV sec. d.C. Esse interrompono il cardine minore a W del cardine massimo, poco a N del decumano massimo, senza rispettare il normale modulo degli isolati. L'indagine archeologica svoltasi parallelamente alla ristrutturazione del palazzo a partire dal 2001, ha messo in luce le poderose murature di un alto podio (larghezza m. 26 e altezza presunta m. 3) di un edificio templare con orientamento EW; privo di colonnato, rivolto ad E verso il foro, del tipo periptero sine postico, cosiddetto "ad alae", è caratterizzato da una cella a pianta pressoché quadrata (m. 14,05x14,25) con pavimento ligneo, affiancata da due corridoi laterali larghi m. 2,40, i cui muri perimetrali si prolungavano a chiudersi sulla fronte. Le fondazioni del podio sono gettate contro terra, a sacco in ciottoli legati da abbondante malta, con uno zoccolo alto m. 1,30. L’elevato, distinto da una risega di fondazione di larghezza variabile, è realizzato in opus incertum mixtum, con paramento in ciottoli spaccati disposti in corsi regolari e alternati a due filari di laterizi, rivestito di lastroni in pietra grigia. Un elemento di cornice in calcare con fiore a doppia corona di petali (età augustea) è pertinente alla decorazione architettonica ed è stato reimpiegato nelle murature del palazzo. Dai livelli di cantiere provengono frammenti ceramici (vernice nera, sigillata aretina, ceramica comune, engobbio rosso) databili all'ultimo decennio del I sec. a.C. Frammenti di vernice nera e terra sigillata aretina e sud-gallica sono stati rinvenuti in sondaggi all'interno della cella, insieme a frammenti di intonaco colorato, uno dei quali sagomato è pertinente ad una semicolonna addossata alla parete. Dagli strati di spoliazione provengono numerosi frammenti di opus sectile parietale e pavimentale; la ceramica (sigillata a rilievo e marmorizzata gallica, sigillata tarda), residuale romana, definisce il range cronologico tra la fine del I e il V sec. d.C. L'abbandono si colloca intorno al V sec. d.C. Tra il VI-VII sec. d.C. vengono realizzate modeste costruzioni definite da buche di palo e da strutture in materiali di reimpiego, inserite all'interno di preesistenti edifici romani di cui sfruttano, con funzione di delimitazione o sostegno per coperture leggere, le murature ancora esistenti. Un deposito contenente numerosi frammenti ceramici (X-XI sec. d.C.) caratterizza l'epoca successiva, periodo durante il quale vengono registrate le ultime attività di spoliazione del tempio romano di cui, in questa fase, sopravvivono soltanto le fondazioni del podio e parte del perimetrale N. L'edificazione della casaforte di "Palazzo Marro" (seconda metà XIII sec. d.C.) determina il riutilizzo di parte delle strutture del tempio, in modo da definire solide fondazioni su cui impostare gli elevati medievali. Questi ultimi sono costituiti da un paramento realizzato interamente in laterizi, da poche aperture monofore in un secondo momento sostituite da finestre archiacute (metà-seconda metà XIV sec. d.C.) e da un coronamento merlato; una cornice ad archetti racchiusa da filari a denti di sega, associata a un motivo a losanghe ottenute con mattoni ferraioli, orna la porzione superiore della facciata

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