Tempio di Antas (strutture per il culto monumento isolato per il culto)

Fluminimaggiore, ca IX se. a.C - ca IV sec. d.C

Il sito si caratterizza per la presenza di un tempio risalente a età romana, per quanto concerne le strutture attualmente visibili, preceduto tuttavia da fasi templari di età punica. La prima frequentazione dell’area si fa risalire al periodo nuragico del Bronzo finale (1200-900 a. C.) come attesterebbero i materiali rinvenuti a circa m 40 a S del podio del tempio riferiti, problematicamente, a sepolture ad incinerazione. Alla prima Età del ferro si data con certezza l’area funeraria, individuata a m 20 a S del podio del tempio, caratterizzata da tombe a pozzetto costituite da fosse circolari, scavate nel terreno, con all’interno deposizioni singole di inumati sistemati in posizione seduta o inginocchiata. Tra gli oggetti di corredo, una delle tombe ha restituito una statuina in bronzo, di artigianato indigeno influenzato da modelli levantini, raffigurante un personaggio maschile nudo, stante, con il braccio destro sollevato in segno di benedizione mentre con la mano sinistra stringe una lancia. Il manufatto, associato per fisionomia e tratti cultuali al dio punico Sid, guerriero e cacciatore, potrebbe rappresentare la più antica attestazione nel sito del culto al Padre sardo Babai, divinità alla quale con l’ epiteto di Sid Addir Baby venne dedicato il tempio punico. Successivamente anche in età romana il tempio continuò a essere intitolato alla stessa divinità con il nome di Sardus Pater Babay. Le testimonianze edilizie del primitivo luogo di culto punico, quasi del tutto cancellate dalla riedificazione di periodo romano, sono state individuate al di sotto della scalinata monumentale del tempio attualmente visibile e si riferiscono a due fasi costruttive datate la prima attorno al 500 a. C., la seconda attorno al 300 a.C. I tratti murari individuati consentono esclusivamente di formulare ipotesi sull’originaria struttura di culto, la quale dovette essere costituita da un semplice sacello orientato a N con pianta rettangolare (m 9x18) e ingresso a SE (lato breve). All’interno del sacello sul lato SW uno spazio quadrato (m 4,75 di lato), definito da bassi muretti (h 0,90) realizzati con scaglie litiche legate con malta di fango, ospitava l’altare costituito da una roccia calcarea. Il sacello era compreso all’interno di un grande recinto (circa m 68 di lato) costruito con pietre in calcare legate con malta di fango. Relativamente a tale delimitazione, interpretata da alcuni come temenos, non sono state ancora del tutto chiarite cronologia e funzione. Intorno al 300 a.C. si assiste a una ristrutturazione del tempio secondo modelli punico-ellenistici: vengono mantenuti invariati l’orientamento e l’ingresso mentre il sacello viene tripartito in vestibolo, vano mediano e penetrale. Tra gli elementi di decorazione architettonica significativo è l’uso della trabeazione a gola egizia unitamente all’ordine dorico. A questa fase si fa risalire anche la costruzione dell’ambiente rettangolare (m12,30x3,30) interpretato come deposito votivo, individuato tra il muro nord orientale del sacello e il cosiddetto temenos, che ha restituito una serie di statuine sostenute da piccole basi con iscrizioni dedicatorie in lingua punica. Le strutture attualmente visibili risalgono a età romana: un primo impianto di età augustea è testimoniato da terrecotte architettoniche comprendenti doccioni a protome leonina, antefisse e lastre di rivestimento realizzate da maestranze romane mentre agli inizi del III secolo d. C. risale la fase di ristrutturazione del tempio, avvenuta sotto Caracalla, come testimonia il testo epigrafico sull’epistilio "Imperatori Caesari M. Aurelio Antonino. Augusto Pio Felici templum dei Sardi Patris Babi vetustate conlapsum ... A ... restituendum curavit Q Coelius o Cocceius Proculus": in onore dell'imperatore Marco Aurelio Antonino Augusto, Pio Felice, il tempio del dio Sardus Pater Babi rovinato per l'antichità fece restaurare Quinto Celio (o Cocceio) Proculo. L’edificio di culto, costruito in calcare locale, mantiene l’orientamento del precedente tempio punico, articolandosi in una scalinata d’accesso (m 17, 25x 9,30) e nel podio (m 23, 25x 9, 30) che si erge dal piano di campagna m 1, 10. La gradinata, di cui residuano 3 gradini parzialmente ricostruiti, si componeva di numerosi piani pavimentati in cocciopesto; sul quarto piano, in corrispondenza della roccia/altare del precedente tempio punico era collocata l’ara sacra. Il podio invece è realizzato in opera quadrata con blocchi di calcare di differenti dimensioni. In senso longitudinale il tempio si suddivide in pronao, cella e penetrale bipartito. Il pronao, profondo m 6,6 presenta un prospetto con 4 colonne in antis e una sui lati. Le colonne (diametro m 0,95, h m 8) hanno fusto liscio, basi attiche e capitelli ionici e sono sormontate da un epistilio (sul quale corre l’iscrizione precedentemente menzionata) che doveva essere concluso superiormente da un frontone triangolare. La cella, a pianta rettangolare (m 11,25x7,40) presenta pilastri addossati alle pareti e conserva il pavimento mosaicato bianco riquadrato da un bordo di tappeto nero con banda di raccordo bianca. L’accesso alla cella era garantito anche da due ingressi coassiali (raggiungibili mediante 3 gradini) aperti sui lati NE e SW del tempio.Attraverso due porte aperte nel muro di fondo della cella si accedeva al penetrale bipartito caratterizzato da due vani quadrangolari, di dimensioni molto ridotte, dotati entrambi di vaschette quadrate atte a contenere l’acqua lustrale per le cerimonie.I dati di scavo sembrano riferire l’ultima fase di utilizzo del tempio intorno al IV secolo d.C. Tuttavia l’area continuò ad essere frequentata come attesta la presenza di un modesto abitato individuato a m 200 a SW del tempio che ha restituito materiale cronologicamente inquadrabile tra l’età tardo romana e le prime fasi dell’altomedioevo

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