Plutone. Plutone

dipinto olio su tela, post 1591 - ante 1593
Agostino Carracci (attribuito)
Bologna, 16 agosto 1557 – Parma, 23 febbraio 1602

Dipinto ad olio su tela (ellittica) di Carracci Agostino (Bologna, 1557 - Parma, 1602) con la rappresentazione di Plutone con Cerbero. Le misure sono le seguenti: 109x 130 cm Ubicazione: Galleria Estense di Modena, Sala 20. Cornice rettangolare con luce ellittica

  • OGGETTO dipinto olio su tela
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • MISURE Altezza: 109 cm
    Larghezza: 130 cm
  • AMBITO CULTURALE Ambito Bolognese
  • ATTRIBUZIONI Agostino Carracci (attribuito): pittore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Estense di Modena
  • LOCALIZZAZIONE Gallerie Estensi
  • INDIRIZZO Largo Porta Sant’Agostino, 337 - 41121 MODENA, Modena (MO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela con la rappresentazione di Plutone fa parte di una serie di quattro ovali carracceschi (Flora inv. n. 332, Galatea inv. n. 341, e Venere inv. n. 333) oggi esposti nella Galleria Estense. Tali opere rimandano a una committenza bolognese di Cesare d’Este. Furono inviate a Ferrara da un incaricato del duca, il conte Cornelio Lambertini che, in una lettera del 15 novembre 1592, fa riferimento, in particolare, alla Venere e al Plutone «dei Carracci». Probabilmente le tele dovevano essere incassate nel soffitto della Camera del Poggiolo, il cui tema sembra essere legato alla rappresentazione di divinità mitologiche. Si dava allora sistemazione a tre camere: oltre a quella del Poggiolo, si interveniva nella camera del Parto e nella camera Matrimoniale, per un totale di trentanove ovali, di cui solo tredici conservati oggi in Galleria. Nel 1591 Cesare, non ancora duca, aveva intrapreso la ristrutturazione di alcuni ambienti del Palazzo dei Diamanti a Ferrara, comprendenti le camere della consorte Virginia de’ Medici. La ristrutturazione coincideva con l’imminente arrivo di un erede, il futuro Alfonso III d’Este. Il duca aveva infatti dato avvio alla decorazione in occasione della nascita del secondo figlio. L’avvenimento era particolarmente importante perché legato alla successione alla carica ducale di Cesare d’Este. Tuttavia ciò non impedì allo stato Pontificio di annettere Ferrara obbligando il nuovo duca a trasferirsi a Modena. Qui Cesare cercò di ricostruire la propria collezione trasferendo quante più opere poteva. Le tele provenienti dal palazzo dei Diamanti di Ferrara si riconoscono, nello specifico, per la forma ellittica od ottagonale tipica dei cassettoni dei soffitti e dei loro originari alloggiamenti. Le tele rimasero a Ferrara fino al 1630, quando per volere di Francesco I d’Este furono recuperate e collocate nel Palazzo Ducale di Modena. Nel 1796, in seguito alle requisizioni napoleoniche, furono portate in Francia. Solo dopo la Restaurazione, nel 1815, furono restituite agli Estensi. I caratteri stilistici dei quattro ovali della Galleria Estense sono accomunati dalla costruzione spaziale caratterizzata dallo scorcio e dal sottinsù, dalla posizione sdraiata dei corpi, dalle loro forme vigorose e ben tornite (debitrici di un disegno michelangiolesco) e da un chiaroscuro tintorettiano. Le opere in argomento sono state descritte da Carlo Cesare Malvasia (1678) che attribuiva Plutone alla mano di Agostino Carracci. Il primo a mettere in seria discussione tale attribuzione fu Pietro Ercole Gherardi che, nel 1744, non concordava con la paternità del dipinto ad Agostino e propendeva per la mano di Annibale. Fu seguito, in tale ipotesi, dal Conte Jacopo della Palude (1784) e da Adolfo Venturi (1882) che preferivano riconoscerlo come opera di Annibale. Il dibattito è continuato anche nel Novecento con l’altalena attributiva tra Annibale e Agostino, ma dagli studi di Rodolfo Pallucchini (1945) in poi si è tornati concordemente ad accogliere il primitivo suggerimento malvasiano. Sono infatti riferibili al Plutone due disegni: uno al Museo Bonnat di Bayonne e uno a Windsor Castle, certamente di mano di Agostino. In effetti nel Plutone sono riconoscibili aspetti degli esiti maturi di Agostino che reinterpretava il colorismo tormentato e fortemente chiaroscurato di ascendenza del Tintoretto. In ogni modo le opere in esame mostrano un comune orientamento dei tre Carracci in cui il tema mitologico è improntato a una felice carnalità, assai debitrice degli orizzonti della pittura veneta, tra Tiziano, Tintoretto e il Veronese. Da tale nucleo di riferimenti scaturirà l’impresa romana di Palazzo Farnese
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800676883
  • NUMERO D'INVENTARIO 340
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA GALLERIA ESTENSE
  • ENTE SCHEDATORE GALLERIA ESTENSE
  • DATA DI COMPILAZIONE 2018
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

ALTRE OPERE DELLO STESSO PERIODO - post 1591 - ante 1593

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'

ALTRE OPERE DELLO STESSO AMBITO CULTURALE