Area archeologica dei BALZI ROSSI (sito pluristratificato)

Ventimiglia,

I Balzi Rossi costituiscono oggi un complesso preistorico di importanza mondiale. Il toponimo è legato alla colorazione rossastra e all’andamento superficiale delle rocce, causato principalmente dagli agenti esogeni, e deriva dalla voce dialettale locale di Mentone "Baussi Russi", tradotto letteralmente “pietre rosse”. Fino al 1861 il territorio apparteneva all’attuale casata monegasca e per questo motivo il complesso è noto anche con il nome “Grotte dei Grimaldi”. Il complesso si situa sul confine franco-italiano, nel territorio del Comune di Ventimiglia (IM), tra il Vallone di S. Luigi a Ovest e Punta Garavano a Est. Le caverne si aprono ai piedi di una parete rocciosa alta circa 100 metri di calcare dolomitico giurassico, che costituisce la linea di costa tra la frazione Grimaldi di Ventimiglia e la frontiera francese. La linea ferroviaria, che passa vicinissima alle caverne, le divide in due gruppi, uno situalto sul lato Nord e l'altro sul lato Sud: Grotta del Conte Costantini, Grotta dei Fanciulli, Grotta di Florestano, Grotta del Caviglione e Grotta del Principe a Nord della ferrovia; Barma Grande e Barma du Bausu da Tore (distrutta dai lavori di cava alla fine del XIX secolo) a Sud. Ai piedi della falesia si è accumulato nel corso dei millenni uno spesso deposito costituito da una falda detritica che digrada dalla parete rocciosa sino quasi all’attuale battigia, poggiando alla sua base su un’ampia piattaforma d’erosione marina: sono i depositi del Pleistocene medio-inferiore, ricchi di testimonianze umane e indagati a più riprese a partire dalla prima metà del XIX secolo. Il primo a compiere saggi di scavo ai Balzi Rossi fu, nel 1846, il principe di Monaco Florestano I. Nei decenni seguenti numerosi ricercatori e appassionati locali si avvicendarono nel lavoro sul campo, ma il risultato complessivo di questo fervore di attività fu decisamente negativo, dal momento che gli scavi, condotti in maniera disorganica, distrussero molte parti dei giacimenti lasciando una documentazione assai scarsa e disperdendo i materiali raccolti. Solo E. Rivière, anch’egli non esente da critiche per i metodi di lavoro impiegati tra il 1870 e il 1875, intraprese un primo tentativo di sintesi. Successivamente nuove indagini e i lavori di cava intrapresi dalla famiglia Abbo, proprietaria della Barma Grande, portarono alla scoperta di reperti preistorici di eccezionale interesse, come la famosa triplice sepoltura, tanto da spingere il mecenate inglese sir Thomas Hanbury a far costruire nel 1898 il Museo dei Balzi Rossi. I lavori di scavo condotti con maggiori criteri scientifici furono solo quelli intrapresi su iniziativa del principe Alberto I di Monaco (1892-1902), diretti dal canonico Louis de Villeneuve, e quelli eseguiti dall’Istituto Italiano di Paleontologia Umana di Roma ad intervalli tra il 1928 e il 1962, che videro all’opera illustri studiosi come G.A. e A.C. Blanc, L. Cardini e P. Graziosi. Gli scavi del principe Alberto I furono dedicati all’esplorazione di quanto rimaneva nelle grotte dei Fanciulli e del Caviglione e allo scavo sistematico della grotta del Principe; mentre le attività dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana completarono 1’esplorazione degli strati Musteriani della Barma Grande e della grotta dei Fanciulli e intrapresero quella di due nuovi giacimenti individuati nel corso dei lavori: la grotta del Conte Costantini e il Riparo Mochi. Durante l’ultima guerra, nel 1942, proprio davanti alle grotte, furono costruite opere difensive e nell’agosto 1944, dopo lo sbarco alleato in Francia, i Balzi Rossi divennero zona di battaglia. Nella primavera del 1945 furono fatte esplodere delle mine nel fondo della Barma onde ottenere, col crollo del diaframma roccioso che separava la grotta dal tunnel ferroviario attraversante il promontorio, la ostruzione strategica del tunnel stesso. A partire dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso, studiosi del Musée d’Anthropologie Préhistorique del Principato di Monaco (L. Barral, S. Simone) hanno dato nuovo impulso alle ricerche nella grotta del Principe, grazie alla scoperta di un deposito concrezionato dell’età di oltre 200.000 anni. Ulteriori interventi di portata più limitata sono stati effettuati da G. Vicino, per conto della Soprintendenza Archeologica della Liguria, nei giacimenti dell’ “ex-Casinò” (1968-71) e del Riparo Bombrini (1976), rendendo possibile anche la scoperta di esempi di arte parietale paleolitica nella grotta del Caviglione (il famoso “Cavallo del Caviglione”) e più in generale su tutta la parete rocciosa. Una nuova stratigrafia é stata identificata e parzialmente scavata tra il 1990 e il 1992 nel corso della costruzione del nuovo edificio museale (sito dell’ex–Birreria). Dal 1995 ad oggi, nel Riparo Mochi sono state intraprese una serie di nuove campagne di ricerca. Anche al Riparo Bombrini, le indagini sono continuate dal 2002 al 2005 e dal 2014 ad oggi

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