Maddalena penitente, copia dal dipinto di Giampietrino nella Cattedrale di Burgos

unicum, ca 1846 - ca 1846
Anonimo (attivo 1839-1850 Ca)
attivo 1839-1850 ca

Dagherrotipo con montaggio moderno, restaurato con passe-partout in cartone e vetro di protezione

  • OGGETTO unicum
  • SOGGETTO Pittura - Dipinti
    Pittori - Italia - Sec. 16. - Rizzoli, Giovan Pietro (Giampietrino)
    Iconografia cristiana - Maddalena penitente
  • MATERIA E TECNICA materiali vari
    dagherrotipo
  • CLASSIFICAZIONE DOCUMENTAZIONE DEL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO
  • ATTRIBUZIONI Anonimo (attivo 1839-1850 Ca): fotografo principale
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Perraud, Philibert 1815-1863 Bibliografia Contesto Http://www.daguerreobase.org/it/
    Philibert Perraud
    Gambina Fici, Antonio Notizie 1846 Bibliografia Bonetti Marsicola 2017
    Antonio Gambina Fici
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Istituto centrale per il catalogo e la documentazione
  • LOCALIZZAZIONE Conservatorio delle Zitelle
  • INDIRIZZO Via di San Michele 18, Roma (RM)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Dagherrotipo che riproduce una Maddalena del Giampietrino, molto vicina alla tavola donata da Pedro Fernandez de Velasco, IV conestabile di Castiglia, e conservata nella cattedrale di Burgos (1543-1548). La parziale ossidazione del dagherrotipo e il suo naturale appiattimento nei valori tonali ostacolano il confronto diretto con l’opera raffigurata, inoltre l’iconografia tra sacro e profano della Maddalena penitente viene replicata in numerose varianti da Giampietrino, pertanto risulta difficile individuare con certezza l'oggetto della ripresa (sul tema si rimanda all’ampia trattazione di Cristina Geddo, 2009). L’esemplare appartiene a una serie di cinque dagherrotipi che riproducono opere pittoriche, uno di essi è riconducibile alla mano dal francese Philibert Perraud (firma sulla lastra e sul passe-partout - FB004873). Questa certezza ha dato il via, per analogia e contesto, a una catena attributiva partita dallo stesso Becchetti e supportata anche in seguito (si veda il sito Daguerreobase dove l’attribuzione a Perraud è citata per tutti gli esemplari). Se analizziamo con attenzione i cinque dagherrotipi notiamo analogie importanti su quattro di essi ma una differenza sostanziale rispetto a quello di Perraud circa la modalità di ripresa: per quattro dei dipinti, inquadrati con perfetta frontalità, è stato usato un prisma, o specchio invertitore, interposto tra l’obbiettivo e la lastra, in modo da ristabilire la versione corretta, invertita durante il normale processo fotografico; l’immagine di Perraud è invece riflessa orizzontalmente rispetto al dipinto, senza alcun correttivo, inoltre la ripresa non è frontale ma leggermente scorciata. Il tipo di montaggio complica ulteriormente la questione in quanto quattro dei dagherrotipi conservano una sigillatura originale estremamente interessante realizzata con carta gommata di colore chiaro che riporta iscrizioni in lingua francese (in italiano solo per l’esemplare di Perraud) sulle opere raffigurate: l’autore, l’indicazione precisa delle misure senza cornice e un numero progressivo in alto a sinistra che lascia intuire l’appartenenza a una serie e la possibile creazione di una sorta di “archivio” di riproduzioni. Solo l’esemplare in esame è privo di questo elemento, forse perdutosi nel corso del tempo e non ripristinato durante il restauro. Questo tipo di montaggio, con riferimenti espliciti all’opera, riconduce senz’altro all’ambito collezionistico (Bonetti 2003) e in particolare alla Collezione romana del conte Francesco Cini, a cui per certo appartenevano due delle opere riprodotte, una delle quali venduta nel 1846. Si suppone pertanto che le riprese possano risalire a questa data, con l’intento di conservare una immagine riferibile alle opere, in previsione di eventuali attività di cessione. Circa l’individuazione dell’autore, dopo la generica attribuzione a Perraud, è stato avanzato il nome di Antonio Gambina Fici, dagherrotipista itinerante documentato anche a Roma prima del suo trasferimento in Sicilia, tra Palermo, Messina e Catania. L’ipotesi è molto suggestiva, ma per il momento non suffragata da fonti certe e senz’altro da approfondire data la mancanza di elementi sull’oggetto (punzonature, iscrizioni) che possano confermarne con sicurezza la paternità. Inoltre la presenza di Antonio Gambina Fici nella capitale è documentata tra la fine del 1847 e l’anno seguente (Micalizzi 2008) e non nel 1846, data che viene ipotizzata per la riproduzione dei dipinti. Questa mancata coincidenza temporale apre di nuovo la strada a una ricerca attributiva che faccia luce su questo interessante gruppo di esemplari legati da omogeneità formale e iconografica: l'utilizzo della dagherrotipia per la riproduzione di opere pittoriche, nonostante le molteplici difficoltà tecniche nella restituzione tonale e cromatica, si riscontra in artisti contemporanei per la documentazione dei propri dipinti, mentre in questo caso va scandagliato il contesto antiquario e la circolazione di opere sul mercato
  • TIPOLOGIA SCHEDA Fotografia
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201388619
  • NUMERO D'INVENTARIO FB004875
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione
  • ENTE SCHEDATORE Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione
  • DATA DI COMPILAZIONE 2024
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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