Santi
La decorazione pittorica quattrocentesca della chiesa di S. Francesco si distribuisce sul primo pilastro a sinistra con la Madonna col Bambino, Sant'Antonio abate e il committente, il trono marmoreo sottile ed elegante come un gioiello, così come eterea ed elegante nel manto blu e verde appare la Madonna, priva però di volume. L'affresco è stilisticamente avvicinabile ai lacerti che rimangono nella settimana campata a sinistra, tra cui si individua un fantastico San Giorgio che uccide il drago, a monocromo, e una teoria di santi dove riconoscibile appare solo Sant'Antonio. Nella terza campata della navata destra i sottarchi si animano con le figure degli Apostoli entro tondi e quelle di Profeti in nicchie architettoniche, mentre i costoloni tondi dividono le vele occupate dagli Evangelisti. Al di sotto la grandiosa Ascensione di Cristo, a cui assistono la Madonna e gli apostoli in preghiera davanti a un fondale roccioso, mentre nel cielo si librano gli angeli e Dio Padre benedicente è racchiuso fra le teste dei cherubini. La decorazione rinascimentale si chiude con la cappella di S. Bernardino, la cui volta mostra i Dottori della Chiesa su solidi troni marmorei affiancati da due profeti.
- FONTE DEI DATI Regione Lombardia
- OGGETTO decorazione plastico-pittorica
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MATERIA E TECNICA
malta/ pittura
- AMBITO CULTURALE Ambito Lombardo
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ATTRIBUZIONI
Michelino Da Besozzo (notizie 1388-1450)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE
- LOCALIZZAZIONE Chiesa di S. Francesco - complesso
- INDIRIZZO Piazza Ospitale, Lodi (LO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il Quattrocento prende avvio nella chiesa di San Francesco con due meravigliosi affreschi attribuibili alla mano di Michelino da Besozzo, tra gli autori più importanti della corrente tardogotica lombarda. La sua presenza si attesta nel 1425, come suggerisce la data presente nell'iscrizione che cita Guidobono Cavalchini, morto a Lodi dopo il 1415, e sua moglie Andrina, iscrizione collegabile con i lacerti di affreschi della settima campata della navata sinistra in cui compaiono i Santi Guiniforte e Radegonda, venerati solamente a Pavia e presenti nel Libro d'Ore di Avignone, di committenza dello stesso Cavalchini. Sempre attribuibile a Michelino da Besozzo rimane la Madonna in trono col Bambino, Sant'Antonio abate e il committente (I pilastro a sinistra), dove alcuni elementi stilistici, quali la barba del santo e la leggera gobba del naso rimandano alla tavola senese di Michelino, così come la cornice floreale ricorda le straordinarie bordure a corredo dei suoi codici miniati. Sarà solamente con la decorazione della terza campata della navata destra che l'aria dell'Umanesimo diventerà più persistente anche nella chiesa di San Francesco. Qui un anonimo artista dipinge la volta con gli Evangelisti, mostrando una grande attenzione ai dettagli e ai brani di natura morta: i libri chiusi nelle preziose coperte, San Matteo intento ad affilare il pennino, le vesti dai polsi e scolli ricamati con ampi manti di raffinatezza cromatica nel viola di San Marco e del giovane San Matteo, nel giallo di San Luca con le pieghe un po' irrigidite che si caricano di arancione e di rosso. Tutta la composizione si staglia su un terreno roccioso disposto su due livelli, movimentato dalla presenza di piccoli ciuffi d'erba e fiorellini. La decorazione prosegue nei quattro sottarchi: i due trasversali hanno la stessa struttura, mentre quello longitudinale che si affaccia sulla navata maggiore mostra una insolita composizione. In quelli trasversali troviamo dodici Profeti accompagnati da cartigli e ambientati in nicchie dalla forte scansione spaziale; in quello longitudinale i dodici apostoli sono racchiusi in tondi prospettici e recano cartigli con citazioni del Credo in latino. I colori usati - giallo, viola, lilla, verde, rosso- sono combinati fra loro per ottenere suggestivi contrasti, come i manti viola dal risvolto verde o la veste lilla lasciata visibile dal manto giallo. Colori usati da un miniatore, così comel'impostazione delle figure che sembra quasi richiami le bordure dei fogli preziosi dei libri di preghiera. Sotto la crociera, su un ampio paesaggio di brulle montagne, vi è l'Ascensione di Cristo racchiuso in una mandorla dorata la cui luce divina si irradia verso le figure angeliche. Il cielo azzurro completa la parte celeste e si pone come impalpabile collegamento e contrasto con quella terrena dove la Madonna circondata dagli apostoli, assiste inginocchiata sul tappeto erboso alla scena, asse centrale di una esatta divisione a metà, in cui trovano posto gli apostoli dalla tipologie ripetute, quasi deformati nei volti e spesso posti in forte scorcio. Al di sotto è la cornice rocciosa e frastagliata, sorta di leit-motiv dell'artista, che chiude la composizione. La storiografia antica ha attribuito l'affresco dell'Ascensione a Gian Giacomo da Lodi, ad oggi pittore conosciuto solo attraverso i documenti e non le opere, ma è decisamente più plauisibile pensare a forti legami con la coeva miniatura lombarda e per i panneggi dalla scrittura un po' aspra e appuntita e per le rocce frastagliate, che rimandono alla conoscenza, seppur superficialmente, della pittura ferrarese. Infine nella volta della cappella di S. Bernardino, trovano posto i Dottori della chiesa affiancati da due profeti ciascuno, avvicinabili per il modo di dipingere i panneggi, i troni e le rocce al Maestro dell'Ascensione.
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- ENTE SCHEDATORE R03/ Museo Civico di Lodi
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0