Favole di Diana

decorazione pittorica, ca. 1737 - ca. 1737

Nella volta la medaglia con 'La Sapienza e la Virtù trionfano sul Vizio' e sulle pareti il ciclo narrativo con le 'Favole di Diana', a ovest 'Diana trasforma Atteone in cervo' e a est 'Riposo di Diana dopo la caccia'. Nel primo pannello: al centro la dea della caccia con lancia e faretra appoggiate a sinistra e dea lunare ha una falce di luna in fronte; è a seno nudo, mentre le ancelle la coprono con un drappo, in prossimità di una grotta, perché è stata vista nuda, immersa in un laghetto, dal giovane principe Atteonte, in primo piano a destra. Per punirlo di aver visto le sue nudità Diana lo trasforma in cervo, inseguito e sbranato dai suoi stessi cani. Nel secondo: la dea, discinta con manto giallo e coturni ai piedi, siede mollemente adagiata su gradini, riposandosi dopo la battuta di caccia circondata da ninfe e da putti che reggono la lancia, a terra sparsi gli animali uccisi e il cervo suo attributo. La sala, percorsa dal ballatoio per i musici, reca ai lati dell'ingresso e della portafinestra, quattro finte statue marmoree, a monocromo bianco-grigio, di divinità: Mercurio, Dionisio, Ercole, Minerva; nelle sovrapporte sei figure mitologiche entro ovali: Saturno, Apollo, Venere, Marte, Giunone e Giove, nelle specchiature satiri, ninfe, fiumi e angioletti entro ovali.

  • FONTE DEI DATI Regione Lombardia
  • OGGETTO decorazione pittorica
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a fresco
    STUCCO MODELLATO/ DIPINTO
  • AMBITO CULTURALE Ambito Lombardo
  • ATTRIBUZIONI Borroni, Giovan Angelo (1684-1772)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Mezzabarba
  • INDIRIZZO Piazza del Municipio, 2, Pavia (PV)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il progetto del più prestigioso palazzo cittadino, capolavoro del barocchetto lombardo e dimora della nobile famiglia Mezzabarba (attuale sede del Comune di Pavia) si deve al celebre architetto pavese Giovanni Antonio Veneroni, ingegnere e architetto della Regia Casa e agrimensore al servizio del collegio Borromeo e di grandi proprietari terrieri, che lo realizza tra il 1726 e il 1732. Quasi contemporaneamente, nel lasso di tempo tra il 1728 e il 1732, i fratelli Giuseppe e Girolamo Mezzabarba commissionano anche l'intero e fastoso partito decorativo, ultimato nel 1737 (data riportata entro un cartiglio), dei prestigiosi ambienti di rappresentanza, destinati ad ospitare le raccolte d'arte precedentemente collocate nella dimora milanese dei Mezzabarba. La residenza patrizia, come in uso nel XVIII secolo presso la nobiltà, viene mirabilmente decorata da una equipe di maestranze qualificate, quadraturisti, specialisti di paesaggio, prospettive e di ornati floreali, al seguito di uno stimato pittore di figura che conferisce lustro al palazzo, con un complesso partito decorativo caratterizzato da scene figurate celebrative a soggetto biblico (storie dell'Antico Testamento), mitologico (episodi dell'Eneide e dell'Iliade) e allegorico (Sapienza, Virtù, Arti), completate da serti di fiori ariosi e leggiadri, sfondi paesaggistici con rovine e marine, imponenti statue a monocromo 'trompe l'oeil'. Il programma iconografico degli affreschi, ad oggi non completamente chiarito, ma aggiornato alle novità del rococò, esibisce una cromia chiara e luminosa, una pennellata veloce e vivace, leggerezza compositiva, stile e iconografie 'galanti', testimoniando la cultura raffinata ed erudita dei committenti Mezzabarba, oltre al "loro alto senso morale e rifiuto di ogni temerarietà e dissipatezza". La 'guida' del 1777 redatta dallo storico locale Francesco Bartoli, consente l'attribuzione di alcune notevoli medaglie affrescate al celebre maestro cremonese Giovan Angelo Borroni, illustre esponente dello stile rococò e vero protagonista della pittura lombarda del Settecento, che gode di ampia considerazione nell'ambiente dell'aristocrazia pavese e milanese. In particolare l'ampio successo derivatogli dal partito decorativo affrescato in palazzo Mezzabarba gli porterà numerose altre committenze da parte delle famiglie patrizie locali, quali Giorgi, Bellisomi, Olevano, Botta e anche nel palazzo Vescovile. Giovan Angelo Borroni nasce a Cremona nel 1684 e avviato alla pittura secondo G.B. Zaist, suo principale biografo, presso il quadraturista di Giuseppe Natali (1652-1722), frequenta in seguito la bottega del figurista Roberto De Longe (1645-1709), quindi lo studio più prestigioso di Cremona, di Angelo Massarotti (1654-1723). Con l'appoggio del mecenate conte Giuseppe Angelo Crivelli si trasferisce a Bologna per perfezionarsi ed entra in contatto con Marcantonio Franceschini, Giovan Gioseffo Dal Sole e Francesco Monti. Rientrato a Cremona, nel 1730 a seguito della morte della moglie si trasferisce a Milano, dove inizia il periodo delle numerose committenze da parte della nobiltà lombarda. Muore a Milano nel 1772. Al periodo non cremonese, legato al trasferimento a Milano e alle committenze aristocratiche del capoluogo, vanno ascritti gli affreschi del Mezzabarba che probabilmente esegue con aiuti dal 1728 al 1732, dal momento che nel 1733 torna temporaneamente a Cremona intervenendo sui deteriorati affreschi di Giulio Campi, nella chiesa di S. Margherita. Bossaglia individua due prestigiosi collaboratori di Borroni, attivi in palazzo Mezzabarba, il pittore milanese Felice Biella, specializzato in spettacolari architetture prospettiche e scenografiche e il comasco Giuseppe Coduri detto il Vignoli, riconoscendo un tono conduriano ad alcune quadrature a finto stucco, "dalle molli cornici tutte virgolate, aperte come a contenere specchi, dolcemente scarne in una edizione preziosa di rocaille". Nella volta del palazzo pavese è affrescata la grande medaglia con 'La Sapienza e la Virtù trionfano sul Vizio' e sulle pareti est e ovest il ciclo narrativo, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, con le 'Favole di Diana', giudicato il suo capolavoro e tra le opere più briose e gradevoli di tutto il Settecento lombardo. La ricca decorazione della sala, interamente percorsa dal ballatoio per i musici sorretto da mensoloni accartocciati e con balaustra in ferro battuto, viene completata ai lati dell'ingresso e della portafinestra, da quattro finte statue marmoree, a monocromo bianco-grigio, di Divinità: Mercurio, Dionisio, Ercole, Minerva; nelle sovrapporte da sei figure mitologiche entro ovali: Saturno, Apollo, Venere, Marte, Giunone e Giove, nelle specchiature da satiri, ninfe e raffigurazioni di fiumi, quindi da angioletti a figura intera entro ovali, eseguiti dagli aiuti dell'atelier del Borroni. Lo Zaist, suo principale biografo parla di fiumi "che sembran di mano dei Carracci".
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • ENTE SCHEDATORE R03/ Provincia di Pavia
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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