Telamone e draghi
Capitello di pilastro rettangolare recante al centro una figura virile nuda, coronata, scolpita ad altorilievo, con ventre prominente, ombelico e costole ben delineate, gambe divaricate e braccia aperte ad afferrare il collo di due poderosi draghi alati, con occhi a globo, le cui lunghe code squamate si intrecciano avvinghiate simmetricamente attorno alle gambe e ai piedi dell'uomo seduto. I due mostri a loro volta si appoggiano ai fianchi di due leoni semi rampanti, dal lungo collo segnato da una criniera solcata da ciuffi desinenti in riccioli e la coda tra le zampe, disposti ai due angoli del capitello. Nell'abaco una greca a traforo con rettangoli sfalsati, eseguita a scalpello, che sembra continuare, in dimensioni minori, sulla corona del personaggio centrale, dando risalto alla testa. Sul lato breve di destra è conservata un'altra figura mostruosa alata, con corpo di serpente percorso da squame a forma di perla.
- FONTE DEI DATI Regione Lombardia
- OGGETTO capitello di pilastro
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MATERIA E TECNICA
arenaria scolpita
- AMBITO CULTURALE Ambito Lombardo
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ATTRIBUZIONI
Maestro Dei Draghi (xii Sec.)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Musei Civici di Pavia
- LOCALIZZAZIONE Castello Visconteo
- INDIRIZZO Viale XI febbraio, 35, Pavia (PV)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il capitello con telamone e due draghi proviene dall'interno della perduta Basilica romanica di S. Giovanni in Borgo, la chiesa tipologicamente affine a S. Michele viene demolita nel 1811 per poter dar maggior spazio al monumentale collegio Borromeo (la facciata della chiesa sorgeva in corrispondenza del muro di cinta del parco del collegio). Il manufatto, caratterizzato da una tecnica esecutiva avanzata, con un "fortissimo netto rilievo", è considerato unanimemente dalla critica un capolavoro, un pezzo tra i più famosi e di più alto livello qualitativo della plastica pavese dei primi decenni del XII secolo. Questo splendido capitello nel quale la tecnica di lavorazione raggiunge il più alto vertice di maestria, come ad esempio nella resa delle zampe dei draghi che affondano nelle masse carnose dei leoni. Il lapicida riesce a creare una composizione geniale e a graduare sapientemente i piani in rapporto col fondo, rendendo le superfici tornite, lisce e ben levigate. Abbandonate le greche e l'ornato, lo scultore denuncia un particolare predilezione per intrecci turgidi e corposi. Il motivo degli animali mostruosi tra loro intrecciati, tra i quali si inserisce con sicurezza il telamone, raggiunge in questo capitello la massima fusione ed efficacia plastica dell'insieme. Il tema zoomorfo, con grossi draghi variamenti avvinti o lottanti, dalle potenti flessibili spire, è ricorrente in queste possenti plastiche, un esempio significativo, da mettere strettamente in relazione, è il capitello con draghi intrecciati (inv. B 174). Arslan nota come le spire di questi possenti animali "nel simmetrico disporsi degli annodamenti, nell'avvinghiarsi delle code e nel torcersi dei colli nodosi, danno all'artista modo di sviluppare tonde masse intrecciate, trattate con forte rilievo sul fondo piatto, in modo che abolito il consueto repertorio floreale, esse vengono a costituire la struttura stessa del capitello, con un'autonomia della parte meramente figurativa, quale nemmeno si trova a Milano (Arslan, 1955). Vi riscontra, inoltre, "un solenne equilibrio di forme e di luci" che attesta "un istinto costruttivo di rara potenza". Per Arslan questo capitello ed alcuni altri sempre di S. Giovanni in Borgo (uno con draghi intrecciati inv. B 174 e uno con serpenti intrecciati inv. B 171), caratterizzati dal "fortissimo netto rilievo", hanno origine da quelli di S. Maria del Popolo (ritenuti della fine dell'XI secolo) e li ascrive ad un abile lapicida che identifica convenzionalmente "Maestro dei Draghi". Nella chiesa opera anche un altro lapicida, il cosiddetto "Maestro degli Arieti", riconoscibile per Arslan in due capitelli: uno con pastore tra due arieti e palmette (inv. B 169) e uno con due schiere di cavalieri affrontato (inv. B 178). La critica ha individuato il rapporto stretto che lega la fabbrica di S. Giovanni in Borgo a quella di S. Michele, ritenendole talvolta contemporanee, altre volte considerando anteriore la basilica distrutta o altre occasioni posteriore. Allo stesso modo gli studiosi non sono pienamente concordi in merito alla cronologia. Arslan sostiene che la produzione è di poco precedente rispetto a quella del S.Michele (che risentirebbe quindi l'influsso del Maestro dei Draghi), risale quindi al primo decennio dell'XI secolo. Peroni, pur mantenendo fermo lo stretto legame stilistico tra le sculture delle due chiese, vede nel virtuosismo ornamentale dei reperti di S. Giovanni in Borgo, una "ulteriore maturazione" delle maestranze attive in S. Michele", ascrivendo il partito decorativo al secondo-terzo decennio del secolo XII, assegnando la maggior parte dei capitelli al Maestro dei Draghi. Sostenendo anche che le sculture provenienti dalla facciata di S. Giovanni in Borgo, sono posteriori a quelle dell'interno Non è erroneo pensare ad una produzione parallela della decorazione plastica di S. Giovanni in Borgo e di S. Michele, proponendo una datazione per il capitello al primo o secondo decennio del XII secolo.
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- ENTE SCHEDATORE R03/ Provincia di Pavia
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0