Santa Caterina d'Alessandria. Santa Caterina d'Alessandria

dipinto, sec. XVII prima metà

Il dipinto raffigura, secondo un'iconografia usuale ma semplificata, il martirio di santa Caterina, avvenuto per decapitazione fuori dalle mura di Alessandria d'Egitto tra il III e il IV secolo. La santa è rappresentata quale una bella ed elegante giovinetta con la fronte cinta da corona, vestita con ricchi abiti dalle stoffe seriche, che in ginocchio, con le braccia aperte, rivolge lo sguardo supplice al cielo, mentre due angiolotti, assisi sulle nubi, leggono..??. Il fondo è scuro e indistinto e non si leggono gli attributi tradizionali- la ruota spezzata dalla spada dell'angelo durante le torture, la spada brandita dal carnefice e la palma del martirio- così come non compare il gran manto nel quale il corpo della santa verrà avvolto per essere trasportato sul monte Sinai, laddove per volontà di Giustiniano nel 527 sarà fondato un grande monastero in suo onore." Quello della martire Caterina è stato uno dei culti più discussi del pontificato di Clemente VIII, oggetto di revisione severa che contestava alla tradizionale versione della Leggenda Aurea il supplizio finale della ruota dentata, da sostituire invece con la morte per decapitazione "( Il riferimento iconografico e stilistico di questo bella e grande pala è da riconoscersi nelle invenzioni pittoriche di Guido Reni, e in

  • FONTE DEI DATI Regione Lombardia
  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • AMBITO CULTURALE Ambito
  • ATTRIBUZIONI Reni, Guido (1575 - 1642)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Musei Civici di Pavia. Collezione Strozzi
  • LOCALIZZAZIONE Castello Visconteo
  • INDIRIZZO Viale XI febbraio, 35, Pavia (PV)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il riferimento iconografico e stilistico di questo bella e grande pala è da riconoscersi nelle invenzioni pittoriche di Guido Reni, e in particolare nel quadro omonimo realizzato dal grande maestro bolognese intorno al 1606 (ora Albenga, Museo Diocesano), dalla composizione peraltro assai più complessa e articolata - per la presenza del carnefice, in atto di menare il colpo ferale della spada, e dell'angelo recante la palma - e ricca di notazioni d'ambiente. Il dipinto pavese era stato venduto ad un'asta Finarte (Roma 1988) quale opera di Francesco Gessi (Bologna 1588- 1649), un allievo del Reni attivo a Ravenna e a Perugia oltre che nella Certosa di Bologna, a proposito del quale la critica aveva sottolineato rapporti con il maestro più di collaborazione dialettica che di stretta dipendenza. Ricordata con la medesima attribuzione presso la collezione Mario Bigetti di Roma, la pala era poi stata riconosciuta quale opera di Gian Giacomo Sementi, discepolo anch'egli di Guido Reni, che a partire dal 1626 aveva realizzato numerose e fedeli copie dagli originali del maestro, talora con qualche intervento pittorico di ritocco e miglioria da parte del maestro medesimo: richiama il linguaggio del Sementi la costruzione dei personaggi attraverso la resa volumetrica dei panneggi e l'accuratezza degli effetti luminosi dei tessuti.
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • ENTE SCHEDATORE R03/ Musei Civici di Pavia
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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