Monumento funebre di Lanfranco Settala. Monumento funerario di Lanfranco Settala
La parte superiore del sarcofago è caratterizzata dalla presenza del defunto, sdraiato su un letto di parata, vegliato da due figure di diaconi con le mani incrociate sul petto alle estremità, mentre altri due personaggi reggono la sua cortina funebre. Nel frontale del monumento l'agostiniano viene invece rappresentato in cattedra, davanti ad una folla di attenti ascoltatori laici ed ecclesiastici, con ai lati due nicchie all'interno delle quali sono raffigurate Sant'Agnese (a sinistra), con il tradizionale attributo dell'agnello tra le braccia, e Santa Caterina d'Alessandra (a destra), che regge tra le mani un libro e la palma del martirio, mentre a terra compare l'attributo della ruota dentata. Il frate risulta in entrambe le rappresentazioni ancora dotato dell'originaria policromia della scultura, caratterizzata da un saio nero punteggiato di stelle dorate che richiamano la medesima doratura ancora parzialmente visibile nei fregi sottostanti.
- FONTE DEI DATI Regione Lombardia
- OGGETTO monumento funebre
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MATERIA E TECNICA
marmo scultura
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ATTRIBUZIONI
Giovanni Di Balduccio (attribuito)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE
- LOCALIZZAZIONE Chiesa di S. Marco
- INDIRIZZO Piazza San Marco, Milano (MI)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il Maestro Lanfranco Settala, che probabilmente insegnò teologia all'Università di Parigi, compare spesso negli inventari e nei documenti relativi il monastero allo scadere della metà del XIV secolo, quando Giovanni Visconti lo scelse come confessore personale. Dunque alla sua statura morale alluderebbero le proporzioni della sua figura nel sarcofago, prima collocato lungo la parete del coro della chiesa, a fianco dell'altare maggiore, e poi spostato nel 1700 nel transetto destro, dove tutt'ora si può ammirare. L'iconografia del docente in cattedra, sembra qui tuttavia non alludere tanto alla preparazione accademica per il suo ruolo di "Magister Sacrae Paginae" nella capitale francese, quanto alla sua appartenenza all'Ordine agostiniano, da tempo impegnato nella valorizzazione dello studio delle fonti anche con funzione di predicazione al popolo. Fin dalle origini dell'inserimento degli Agostiniani a Milano, infatti, la comunità monastica di San Marco si era proposta come punto di riferimento nella lotta contro le eresie. Se nell'immagine del defunto disteso il volto appare coperto completamente dalla veste, nella versione in cattedra la rappresentazione del viso è resa con grande maestria e verosimiglianza, al punto da ritenere che possa essere stata eseguita da una maschera funebre. Il volto è infatti reso vibrante dai solchi delle rughe sulla fronte e sulle guance e dall'espressione penetrante dell'uomo, che ha le labbra socchiuse nell'atto di parlare. Analoga la rappresentazione degli astanti, variamente caratterizzati sia nei dettagli delle vesti, sia nella gestualità che non risulta mai ripetitiva nonostante la scansione ordinata e modulare della composizione. Per quanto riguarda la paternità dell'opera, la critica ha suggerito, per via dell'elevatissima qualità della rappresentazione dei personaggi, l'intervento diretto del maestro pisano Giovanni di Balduccio, che già aveva fatto sapiente uso della policromia scultorea nella figura di San Pietro Martire collocata su Porta Ticinese. Il ritratto di Settala presente su questo sarcofago sembra inoltre avvicinarsi alla figura di San Gerolamo scolpita dall'artista nell'arca di San Pietro Martire collocata nella basilica di S. Eustorgio, e alle figure di diaconi che circondano il San Lorenzo, sempre collocato sulla Porta Ticinese. Il maestro risulta presente nel monastero di S. Marco per un intervento non meglio precisato menzionato in un documento del 1349, da cui la probabile collocazione temporale del sarcofago intorno al 1355.
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- ENTE SCHEDATORE R03/ Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0