I figli di Caino

dipinto,

pannello tagliato

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Sartorio Giulio Aristide (1860/ 1932)
  • LOCALIZZAZIONE Roma (RM)
  • INDIRIZZO Europa, ITALIA, Lazio, RM, Roma, Roma (RM)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela di Sartorio è un frammento del grande dipinto "I figli di Caino", eseguito dall’artista fra il 1885-88 e poi presentato l’anno dopo all’Esposizione universale di Parigi che dove vinse la medaglia d’oro ex aequo con Giovanni Segantini. L’opera aveva avuto una lunga gestazione e fu in seguito suddiviso dallo stesso Sartorio in quattro parti, di cui una dispersa, le altre in collezioni private e questa all’Istituto romano di S. Michele. Il soggetto, indirettamente ispirato a uno dei "Poèmes barbares" (1862) di Charles Marie René Leconte de Lisle (1818 – 1894), era stato concepito fin dall’inizio da Sartorio con le caratteristiche della pittura da Salon, anche per le notevoli dimensioni, e in cui l’artista tentava un superamento del verismo anche con le modalità pittoriche già sperimentate. Nell’opera, come precisa Sartorio, si trovano riferimenti seicenteschi a Caravaggio, Rubens e Spagnoletto ma anche al grandioso "Caïn" di Fernand Cormon che esposto al Salon del 1880, venne osservato con attenzione durante il soggiorno parigino del 1884. Tuttavia uno dei riferimenti più stringenti sarà il dipinto dal formato orizzontale "Le Christ au tombeau" di Jean-Jacques Henner, oggi al Musée d'Orsay, esposto al Salon di quell’anno visitato da Sartorio per tre volte, dal cui nudo inteso e soggiogante del Cristo l’artista trasse l’‘exibitio corporis’ del fanciullo morto posto al centro del quadro originario. Secondo la testimonianza dell’autore, "I figli di Caino" è un “Quadro antistorico e aneddotico per eccellenza” e la sua particolare costruzione, non a caso poi smembrata nel 1893, lo legherà a tutta la produzione successiva. Il dipinto, ancora con le sue dimensioni originarie su proposto, senza successo, come acquisto dello Stato per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna; successivamente nel 1893 venne diviso in quattro frammenti donati allo scultore Joseph von Kopf e ai pittori Vincente Palmaroli, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Spagna, Josè Villegas e Onorato Carlandi. Non conosciamo le vicende che portarono il frammento nella collezione dell’istituto, forse a seguito di una donazione (di Onorato Carlandi morto nel 1939?), ma la sua presenza nella stessa è ricordata a partire dal 1933 quando questo venne esposto alla retrospettiva romana dedicata a Sartorio curata da A. Bertini Calosso; l’opera compare negli inventari del 1958/2 (56) e poi in quello del 1997 (102). Tommaso Strinati, curatore artistico della collezione dell’IRSM a proposito dell’opera scrive: “Giulio Aristide Sartorio è stato uno dei più grandi pittori figurativi attivi a Roma a cavallo tra Ottocento e Novecento. Noto per i soggetti intimi, familiari, per i paesaggi e le scene di guerra, fu anche produttore e regista di film muti appassionandosi alla cinematografia come strumento di espressione artistica al pari della pittura. La tela esposta è parte di una composizione molto più grande, di circa sei metri di lunghezza che Sartorio realizzò da giovane, tra i 27 i 28 anni concentrandosi su un soggetto drammatico e attuale: i figli di Caino, ovvero l’origine di tutte le violenze, le guerre e gli omicidi della storia a partire dal primo simbolico atto di sangue dell’umanità: Caino che uccide il fratello Abele. Il giovane disteso senza vita, di cui non si scorge il volto, potrebbe essere Abele stesso o una delle tante altre vittime che, a partire dal fratricidio di Caino, hanno intriso il mondo della violenza e del peccato. Si scorge anche una tigre accovacciata, che potrebbe essere il simbolo della cieca violenza che da quel momento ha invaso il mondo. Purtroppo oggi non è possibile ammirare il dipinto nella sua interezza: Sartorio tentò di vendere l’opera ma senza successo e decise pertanto di tagliarla in quattro frammenti che regalò a suoi amici artisti. Il frammento del San Michele è l’unico di cui, ad oggi, si conosce la sorte mentre gli altri tre sono irrintracciabili in collezioni private delle quali non si ha notizia. Firmata in alto a destra, la scena è realizzata con colori vivi e un forte chiaroscuro di gusto quasi caravaggesco. Sartorio usò colori stesi a grumi, con un effetto a rilievo per dare più corpo alla superficie pittorica”. Il dipinto nel 2022 è stato restaurato da Daphne de Luca e Eleonora Manicaccia
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201389425
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Roma
  • DATA DI COMPILAZIONE 2023
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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