capitello di semipilastro - ambito laziale (sec. XIII)

capitello di semipilastro,

il capitello, impostato su semipilastro polistilo, è decorato da due ordini di foglie piatte con nervatura centrale, terminanti in crochéts a forma di fogliette, presenta un massiccio abaco sagomato dal quale si ergono le costolonature della crociera a sesto acuto

  • OGGETTO capitello di semipilastro
  • MATERIA E TECNICA pietra/ scultura
  • AMBITO CULTURALE Ambito Laziale
  • LOCALIZZAZIONE Chiesa di S. Francesco
  • INDIRIZZO p. zza S. Francesco, s.n.c, Viterbo (VT)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La datazione di questo elemento architettonico che decora uno dei quattro semipilastri a fascio della zona presbiteriale della chiesa, si può desumere dalle vicende costruttive dell'edificio. Nel 1235 papa Gregorio IX acquistava il castello di Sonza (fortilizio longobardo del sec. VIII), l'antica chiesa di S. Angelo e la vasta zona adiacente, sul colle nord-ovest del centro di Viterbo, per donarli ai frati francescani. Due anni dopo questi avviarono l'ampliamento-costruzione della nuova chiesa, prendendo come modello la basilica superiore in Assisi. La scelta della navata unica, coperta a capriate lignee su archi trasversali di profilo ogivale, che ricadono su semicolonne laterali, si accorda con la tipologia di molte chiese francescane coeve del centro Italia. D'altro canto, nel presbiterio alla copertura a tetto si sostituisce una copertura di eleganti volte a crociera con chiave a bassorilievo e costoloni che ricadono su semipilastri a fascio o su semicolonne, decorate da capitelli con abaco sagomato e pronunciato, secondo una tipologia che ricorda stilemi dell'architettura gotica cistercense. A questa si ispirano in modo particolare i motivi decorativi naturalistici con ripresa delle foglie d'acanto, nonché la variante, di radice borgognona, del capitello a crochet. La zona presbiteriale è senza dubbio molto più monumentale rispetto alla navata, sia per la presenza della grande quadrifora, ispirata a quella della facciata dell'abbazia di San Martino al Cimino, sia per la maggiore cura del dettaglio decorativo. Tale grandiosità va forse messa in relazione con il superamento, a qualche decennio dalla morte del santo di Assisi, dello spirito di "minoritas" insito nella predicazione di Francesco, e con un rafforzamento dell'Ordine monastico che doveva manifestare in modo tangibile la sua autorità. Una parte della critica, infatti, è propensa a datare il coro al periodo in cui San Bonaventura da Bagnoregio era ministro generale dell'Ordine, tra il 1257 e il 1274 (anno della sua morte) e a Viterbo risiedeva la corte papale. La docenza di San Bonaventura all'università della Sorbona giustificherebbe, secondo la Valtieri, le strette somiglianze dei capitelli e degli altri ornamenti del coro con quelli dell'illustre cantiere della Sainte Chapelle di Parigi, ultimata nel 1248, contemporaneamente alla permanenza del santo in quella città. Purtroppo il 17 gennaio 1944 la chiesa, colpita da un massiccio bombardamento aereo, fu quasi completamente distrutta. La ricostruzione postbellica ripristinò l'assetto originario duecentesco, eliminando le aggiunte successive
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201220822
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Lazio (con esclusione della citta' di Roma)
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico del Lazio
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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