Testudo. atleti in posizione di testuggine

dipinto,
  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a fresco
  • ATTRIBUZIONI Dazzi Romano (e Aiuti)
    Majoli Giovanni (attribuito)
  • LOCALIZZAZIONE Complesso del Foro Italico
  • INDIRIZZO piazza Lauro De Bosis 15, Roma (RM)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Nel 1928 (secondo altri nel 1926) Dazzi ricevette la sua prima ed unica importante commissione pubblica: l'incarico di decorare con grandi affreschi dedicati alle diverse discipline sportive l'Aula Magna dell'Accademia di Educazione Fisica. Già da tempo il giovane artista aveva fatto dei tentativi nel campo dell'affresco, nonostante il parere contrario del suo ex mentore Ugo Ojetti (cfr. lettera di Ojetti a Dazzi, 13 ottobre 1924, Roma, Archivio Dazzi): a incoraggiarlo su questa strada era il padre che, attento alla rinascita d'interesse per la decorazione monumentale in Italia in quegli anni, vi vedeva per il figlio uno sbocco professionale. Nello stesso 1928 Arturo Dazzi mise in contatto il figlio con Guido Cadorin per perfezionare la tecnica dell'affresco e a consigliarlo furono pure Baccio Maria Bacci, Giggetto Tito figlio di Ettore, Matilde Festa Piacentini e altri artisti, come documenta la corrispondenza fra questi e Romano conservata presso l'Archivio Dazzi. In vista degli affreschi per il Foro Mussolini Dazzi si applicò allo studio del nudo virile, dapprima in una serie di disegni di figure singole, per la gran parte di pugili osservati dal vero nelle palestre (egli stesso era pugile dilettante), poi in fogli con gruppi di atleti in movimento, in lotta, in corsa, al salto e così via, eseguiti a carboncino o alla sanguigna, molti di questi donati dagli eredi al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi nel 1987. Eseguì poi numerosi bozzetti d'insieme della composizione dei pannelli e studi di particolari decorativi poi aboliti nella redazione finale (maschere di pugili, motivi ornamentali, ecc.). Il grande sviluppo in altezza delle superfici da affrescare presentava notevoli difficoltà e Dazzi pensò in un primo momento di suddividere le pareti in due o tre fasce, inserendo elementi architettonici, decorazioni e figure allegoriche, come testimoniano numerosi schizzi e studi conservati presso gli eredi dell'artista. I quattro grandi pannelli raffiguranti atleti nelle situazioni culminanti dell'azione sportiva, furono terminati nel 1933 (e non nel 1932 come riportato dalla bibliografia) non senza difficoltà, come riferisce Giovanni Majoli nella sua autobiografia, ricordando che nel 1932 Ettore Tito lo mandò a Roma da Dazzi, "che doveva fare alcuni affreschi alla Farnesina [...] Una volta sul posto mi resi conto che Romano non conosceva la tecnica dell'affresco. In verità aveva tentato di farlo seguendo le indicazioni del Cennino Cennini pittore del Trecento. Ma le tinte che aveva usato, una volta asciutte erano sbiadite ed il lavoro era tutto biancastro. Era disperato; quindi si trattava di insegnargli il mestiere, metterlo in condizione di realizzare i suoi impegni [...] Gli spiegai che si trattava di usare il bianco di San Giovanni, invece della calce come bianco [...] Intrapresi uno dei quattro affreschi preparandogli tutto e seguendolo mentre dipingeva: in poco più di un mese rifece quello che gli era andato male e vide che i colori rimanevano tali e quali. Mi pagò la pensione e 2000 lire. Finito il primo affresco, poiché si avvicinava il Natale, sospese i lavori ed io tornai a Venezia". Sempre nella sua autobiografia Majoli descrive il procedimento adottato per ottenere il bianco di San Giovanni: "si prende della calce che è già bagnata, si passa con un setaccio finissimo, e poi si mette ancora in acqua. Poi bisogna passare questo triturato finissimo col macinino: viene come una polentina che è CaCo3, come faceva anche Tiepolo". Quanto a Dazzi, “Il muro BEVE, BEVE! – scrisse alla moglie durante l'esecuzione degli affreschi – è un grido che mi rompe dentro, le pennellate infittiscono, il pennello quasi sfrigola, il colore s’impasta con la malta, e allora bisogna vedere, vedere presto e tutto insieme, cercare con il cuore il punto dove va lo scuro, dove va la luce...” (in Raff 2011, p. 62). I cartoni degli affreschi, oggi conservati dagli eredi dell'artista, furono esposti da Dazzi alla I Mostra Nazionale d'Arte ispirata allo Sport, organizzata da Bruno Zauli ai Mercati traianei di Roma nel 1936 nell'ambito della VI Mostra Sindacale del Lazio. In quest'occasione il CONI e la Confederazione degli Artisti li selezionarono fra le opere degne di rappresentare l'arte italiana alla XI Olimpiade di Berlino. Alla mostra berlinese (Ausstellungs-Geländes am Kaiserdamm) i cartoni di Dazzi ottennero il secondo premio per la pittura (il primo premio non fu assegnato)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201205524
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Roma
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Roma
  • DATA DI COMPILAZIONE 2014
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2022
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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