dipinto,
Peruzzi Baldassarre (e Aiuti)
1481/ 1536
ordine inferiore composto da tre grandi riquadri e due scenette a monocromo sotto le finestre, diviso da struttura architettonica dipinta, ornata da decorazione a grottesche; sopra architrave con iscrizione, catino suddiviso da costoloni a rilievo in sedici riquadri, undici dei quali dipinti (secondo, terzo ordine e semicerchio in chiave); nel sottarco, sei riquadri con storie dipinte alternati a riquadri decorativi
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Peruzzi Baldassarre (e Aiuti)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Chiesa di S. Onofrio al Gianicolo
- INDIRIZZO Piazza di Sant'Onofrio, 2, Roma (RM)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La vicenda attributiva del ciclo di affreschi dell'abside di S. Onofrio è particolarmente complessa, sebbene possa ben dirsi approdata dopo molti travagli ai medesimi lidi dai quali era placidamente dipartita sulla scorta del buon Vasari, il quale aveva con certezza collocato gli affreschi tra le opere giovanili di Baldassarre Peruzzi. Sebbene si continui a sostenere il contrario, a mio avviso (Roberto Barbieri) la testimonianza vasariana, che non accenna a collaboratori, è perfettamente compatibile con l'ovvia e ripetutamente in seguito rilevata presenza di diverse mani nell'esecuzione dei vari riquadri e perfino all'interno di uno stesso riquadro. Per Vasari l'autografia corrisponde all'ideazione, alla responsabilità del cantiere, al limite, ma non necessariamente, alla realizzazione delle parti ritenute principali; per il resto dà in genere notizia della presenza di collaboratori solo in due casi: quando parti dell'opera del maestro, o meglio della sua idea, siano a suo avviso rovinate per l'intervento di mani particolarmente inesperte e quando parti dell'opera costituiscano i primi passi riconoscibili di un allievo divenuto in seguito maestro di particolare fama. Il cammino che in anni recenti ha riportato questi affreschi alla paternità di Baldessarre Peruzzi e aiuti è stato ben riassunto negli interventi di P. Venturoli (1969) R. Cannatà (1983) e L. Testa (1989), ai quali si rimanda per i riferimenti bibliografici completi. Se a partire dal Seicento (Mancini) si è insistentemente fatto il nome del Pinturicchio per parte o per l'interezza degli affreschi, in anni più recenti sono stati proposti i nomi di diversi artisti la costituzione del catalogo delle opere dei quali è stata particolarmente tormentata, come Amico Aspertini e Jacopo Ripanda; una vicenda legata anche alla controversa attibuzione di un disegno riferibile alle "Sibille" e conservato a Londra (British Museum), oggi piuttosto concordemente restituito al Peruzzi. Allo stato attuale la critica può dirsi concorde su alcuni punti: Baldassarre Peruzzi è l'ideatore del complesso, compresa la stuttura decorativa, il probabile esecutore dei disegni e l'esecutore parziale delle scene maggiori; i caratteri pinturicchieschi sono compatibili con la formazione del Peruzzi e vanno, nei loro esiti più stereotipati, attribuiti a uno o più collaboratori formatisi nel clima dei cantieri del Pinturicchio a Siena; sono presenti caratteri, non generici, del leonardismo lombardo in diverse scene, tali da far supporre la presenza di un collaboratore o influenzato dal primo Sodoma o venuto in contatto con l'esperienza romana di Cesare da Sesto. Per quanto riguarda le ricerche sulla committenza dell'opera il maggior sforzo è stato compiuto da Laura Testa (1989) la quale, messa in dubbio la tesi risalente al Munoz (1903) proponente il nome del prelato spagnolo Francesco Cabanas, sepolto nella chiesa, ha raccolto un notevole numero di indizi intorno al nome di Bernardino De Cupis, legato alla famiglia Della Rovere e scrittore apostolico presso la curia romana, carica compatibile con l'abbigliamento del donatore rappresentato inginocchiato nel riquadro centrale del registro inferiore. Sempre legata alla famiglia Della Rovere è la lettura proposta da Testa per il programma dell'intero ciclo: l'autrice, oltre a ricordare la particolare devozione alla Vergine dei titolari della chiesa, i girolamini della Congregazione del beato Pietro da Pisa, collega al tema del ciclo il notevole interesse alle questioni teologiche riguardanti la Vergine già riservato da Francesco Della Rovere (papa Sisto IV). In particolare gli affreschi costituirebbero la risposta del De Cupis ai nuovi attacchi (1501) del domenicano Vincenzo Bandelli alla dottrina, divenuta dogma solo con Pio IX (1854), dell'immacolata concezione di Maria. Notizie sugli interventi seicenteschi, aspramente criticati dalle fonti, e sui restauri condotti a partire dal 1945 sono contenute nella nota fornita da Redig De Campos per la riedizione (1958) della guida alla chiesa di Huetter e Lavagnino
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente straniero in Italia
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1200820710-0
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni artistici e storici del Lazio
- DATA DI COMPILAZIONE 1996
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2000
2006
- ISCRIZIONI cornice tra primo e secondo ordine - VOX PATRIS HUMANOS IN VIRGINE VESTIET ARTUS (annos) GAUDIA SUPPLICIUM MORTE LUX REDDITA PE(n)SAT ASSUMPTA EST MARIA IN CELLUM GAUDE(n)T ANGELI SOLA DEDIT VIRTUS SUPERIS CO(n)SISTERE REG(n)IS IUDICIO REPETET XPS QUOS MORTE REDE(m)IT - a pennello - latino
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