messa di San Gregorio
dipinto
ca 1576 - ca 1576
Zucchi Jacopo (1540-1541/ 1595-1596)
1540-1541/ 1595-1596
Personaggi: San Gregorio; Ferdinando de' Medici. Figure maschili: ecclesiastici; popolani sullo sfondo. Interno: basilica di S. Pietro. Elementi architettonici: capitelli ionici; colonne; architravi; paraste; volta a botte a lacunari; arcate; volta a crociera; mostra di porta; baldacchino d'altare. Sculture. Abbigliamento religioso: pianete; piviali. Suppellettili ecclesiastiche: candelieri; croce d'altare; ostensorio; calice. Oggetti: libro liturgico. Allegorie-simboli: colomba dello Spirito Santo. Decorazioni: pitture a monocromo; fregi; grottesche sui fusti delle colonne. Vedute: Castel Sant'Angelo. Figure femminili: due monache
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Zucchi Jacopo (1540-1541/ 1595-1596)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Chiesa della SS. Trinità dei Pellegrini
- INDIRIZZO piazza della Trinità dei Pellegrini, Roma (RM)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto fu commissionato da Ferdinando de' Medici, protettore dell'Arciconfraternita dal 1573 al 1588. Una lapide settecentesca, originariamente posta accanto al dipinto, ricordava il nome del donatore e la data di esecuzione nell'anno 1575. In una lettera di Zucchi al cardinale, datata al 5 novembre 1575, si afferma che il quadro non era stato ancora iniziato. E' difficile ritenere che il pittore abbia potuto completare un'opera di così vasto impegno nel giro di due mesi, per tali ragioni è preferibile datare il dipinto all'anno successivo. La tavola fu eseguita e destinata all'Oratorio connesso alla chiesa e ubicato in Via delle Zoccolette. L'oratorio fu demolito nel 1940 durante il regime fascista. L'edificio fu costruito a partire dal 1570 come luogo adibito alle riunioni della Confraternita; con Gregorio XIII fu utilizzato dai Padri Domenicani per le prediche coatte agli ebrei e gravemente danneggiato nel 1798 durante i moti giacobini poiché considerato centro di diffusione del cattolicesimo. La tavola qui in oggetto venne commissionata allo scopo di decorare l'interno dell'Oratorio di recente costruzione e il committente mediceo è raffigurato, secondo Baglione, in primo piano a destra. L'opera in questo modo è diventata idea connotante e ispiratrice della Deposizione del Caravaggio per la chiesa di S. Maria in Vallicella in cui i volti dei personaggi sono tutti dei ritratti. L'antica colloocazione all'interno del suddetto oratorio è citata sia da Baglione che dalle guide antiche della città. Nel 1937, tre anni prima della demolizione dell'edificio, il dipinto è citato da Parsi come opera di ignoto manierista. La raffigurazione della messa di S. Gregorio non segue la tradizionale iconografia del soggetto: qui l'apparizione dell'uomo dei dolori e sostituita dalla discesa della colomba e dalla rappresentazione della crocifissione che si intravede sull'ostia. Il tema è risolto nella celebrazione di S. Gregorio Magno e dell'autorità papale, alludendo forse a Gregorio XIII, pontefice dal 1572 al 1585. Le chiavi di S. Pietro che simboleggiano l'autorità pontificia, sono ripetute nel dipinto per ben quattro volte. La cantoria con i musici sembra essere un ulteriore riferimento a S. Gregorio Magno per l'importanza che questi conferì al canto durante la celebrazione liturgica e la preghiera poi definito canto gregoriano. Anche la veduta di Castel S. Angelo sullo sfondo sembra riportare alla vita del Santo per un noto episodio che si svolse all'interno della fortezza e narrato nella sua agiografia. I pellegrini e le opere di carità, visibili sullo sfondo del dipinto, si legano all'attività assistenziale svolta dalla confraternita della SS. Trinità. Il carattere dichiaratamente celebrativo del dipinto è sottolineato dall'aristocratica pittura dello Zucchi. L'opera, immediatamente posteriore agli affreschi di Palazzo Firenze e alla pesca del corallo della Galleria Borghese, mostra la completa assimilazione di un linguaggio nordico e fiammingo. Prescindendo da influenze e assonanze stilistiche tra lo Zucchi e diversi maestri d'Oltralpe, si registra qui un consapevole approdo alla maniera internazionale, che ben si attanaglia al linguaggio aulico e cortigiano di un pittore legato ad una committenza aristocratica. Questo stile avrà nello Zucchi un ulteriore sviluppo negli affreschi di S. Spirito in Sassia e nel ciclo di Palazzo Rucellai (Ruspoli) dove il pittore darà ampio spazio ad un concettismo erudito di impronta vasariana, già facilmente discernibile nel contesto delle facili allusioni presenti nella messa di S. Gregorio. Per quanto riguarda la storia conservativa della tavola, il dipinto fu restaurato già nel 1720 da Michelini come risulta da una lapide che un tempo era posta vicino alla tavola nel distrutto oratorio di Via delle Zoccolette. Il secondo intervento di restauro nel 1823 è testimoniato sia da un documento conservato presso l'Archivio di Stato di Roma che da un'iscrizione riportata da Calcagno, un tempo leggibile in un angolo del dipinto
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1200145426
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Roma
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni artistici e storici del Lazio
- DATA DI COMPILAZIONE 1980
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2005
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0