Madonna con Bambino, Santa Maria Maddalena e San Francesco d'Assisi
pala d'altare,
ca 1632 - 1632
Puglia Giuseppe Detto Bastaro (attribuito)
1600 ca./ 1636
la tela dipinta a olio raffigura in un tripudio di nubi la Vergine con Bambino che, in atto benedicente, rivolge lo sguardo verso il globo sorretto dalla madre. Sotto di loro, troviamo sulla destra San Francesco d’Assisi e sulla sinistra la Maddalena con i lunghi capelli sciolti, entrambi in ginocchio su un tappeto di nuvole. Sullo sfondo si percepisce un paesaggio naturale, poco leggibile a causa dello stato di conservazione della tela, la cui superficie risulta piuttosto oscurata. In basso è leggibile, solo in parte, uno stemma con due alabarde che si intrecciano, mentre in basso a sinistra si vedono tracce di un sigillo
- OGGETTO pala d'altare
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ATTRIBUZIONI
Puglia Giuseppe Detto Bastaro (attribuito): pittore
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Chiesa di S. Bernardino
- INDIRIZZO Via dei Cappuccini, 2, Amandola (FM)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Accanto alla cappella della Madonna di Lourdes, sul lato destro della chiesa di san Bernardino, si trova la cappella detta dei Manardi, forse da identificare con uno dei benefattori della chiesa. Raffigurante la Vergine col Bambino, San Francesco d’Assisi e S. Maria Maddalena, riconducibile alla scuola romana di Guido Reni. Come si evince immediatamente, la tela presenta molte affinità con la Pala della peste, eseguita da Guido a Bologna nel 1631, ora conservato nella Pinacoteca Nazionale di Bologna e raffigurante la “Madonna col Bambino in gloria e i Santi Protettori di Bologna Petronio, Francesco, Ignazio, Francesco Saverio, Procolo e Floriano”. Nel 1970 L. Dania (Dania, 1970, n. 45) attribuisce la tela di Amandola all’allievo del Reni Giovan Francesco Gessi (1588-1648) sulla base della palese affinità tra la Maddalena della chiesa di San Bernardino e quella dipinta nel “Cristo e le Marie”, il laterale della grande pala d’altare raffigurante “La Vergine che intercede presso il figlio per le anime purganti” del Duomo di Fabriano, opere che nel 1970 erano ancora attribuite al Gessi (i laterali) e a Simone Cantarini (il centrale). Nel 1984 H. Rottgen ha ricondotto l’intero complesso a Giuseppe Puglia detto il Bastaro (Roma 1600 ca-1636), al quale deve essere ricondotto anche il dipinto di Amandola. La medesima opinione era stata avanzata nel 1891 da P. Ferranti (Ferranti 1982, p. 598), erudito locale, il quale nel suo compendio storico sulla città di Amandola scrive che la tela era opera di “del famoso pittore Bustarini”, citando una “antica memoria del convento fatta sul finire del secolo XVII”, memoria che purtroppo è stato impossibile rintracciare. La tela del Puglia può essere datata al 1632, o al massimo al 1633. D’altro canto gli anni 30 del Seicento furono molto importanti per la chiesa di San Bernardino, edificata nel 1625 e consacrata nel 1627. Ancora nel 1632 essa riceveva sussidi da parte del Comune per poter essere ultimata, ed è quindi molto probabile che intorno a questa data la chiesa fosse ornata di pitture. Al 1632 risale infatti la “Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista, Pietro, Caterina e Felice da Cantalice” di Pietro da Cortona, un’opera di grandissimo prestigio e che in qualche modo ci attesta anche l’importanza del convento dei Cappuccini di Amandola, attualmente conservata a Brera dove fu portata in seguito alle spoliazioni napoleoniche. La tela di Amandola è una ulteriore attestazione dell’appartenenza del Puglia alla frangia romana della scuola del Reni: la figura della Madonna deriva senza dubbio da quella del Palione della peste della Pinacoteca Nazionale di Bologna, benché in quest’ultima la Madonna sia seduta sulle nubi; assolutamente affine è anche la figura del Bambino, sia nelle fattezze sia nel gesto, nonostante la diversa posizione. Secondo la Ferriani, il volto del Bambino di Amandola riprende in modo pedissequo uno dei putti del “Combattimento di putti e amorini”, ora collocato nel palazzo del Senato che il Puglia dipinse ad emulazione del’originale eseguito dal Reni nel 1627 (Roma, Galleria Doria Pamphili- Rottgen p 330). Il San Francesco di Amandola è invece una citazione puntuale del dipinto bolognese del Reni, che fu eseguito nel 1630-31. Queste puntuali citazioni ci forniscono un importante terminus post quem per la tela del Puglia. Come rileva Francucci, in Amandola si conserva un’altra tela del Puglia, la Madonna con il Bambino e i Santi Bernardino, Antonio da Padova e Caterina d’Alessandria, che ad oggi si trova in San Francesco (M. Cellini, In punta di matita: avvio per Giuseppe Puglia disegnatore, in L’intelligenza della passione. Scritti in onore di Andrea Emiliani, a cura di M. Scolaro, Bologna 2001, pp. 107-125). Per la committenza dell’opera, il Francucci rileva che il padre generale dei cappuccini Nicolò Ridolfi, che al Puglia aveva commissionato nel 1629 i dipinti del Chiostro della Minerva e che fu figura di un certo rilievo nella promozione artistica romana, si trovava a Bologna il 27 dicembre 1630 in occasione dello scioglimento del voto nei confronti della Vergine del Rosario a seguito della liberazione dalla peste. Secondo il Francucci non si può dunque escludere una sua responsabilità nella precoce rielaborazione per i Cappuccini del capolavoro reniano realizzato proprio per questa occasione. Sulla tela, in basso a sinistra troviamo uno stemma raffigurante due alabarde che si intrecciano, che presumibilmente potrebbe essere ricondotto alla committenza, forse da identificare con i Manardi, una famiglia di grande prestigio in Amandola il cui palazzo cinquecentesco ancora si conserva nel centro storico cittadino. La tela presenta inoltre in basso a destra traccia di un sigillo in ceralacca in quanto fu contrassegnato dai commissari francesi tra le opere da requisire durante le spoliazioni napoleoniche. Continua nelle annotazioni
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1100264430
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche
- DATA DI COMPILAZIONE 2014
- STEMMI in basso, al centro della tela - gentilizia - Stemma - Lo stemma, reso in parte illeggibile dall'usura della tela, raffigura due alabarde che si intrecciano
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0