Cristo risorto con la Vergine Maria, S. Anna, S. Maddalena, S. Maria Egiziana e il popolo

dipinto, 1528-1529

Personaggi: Gesù Cristo; S. Anna; Madonna; Maria Egiziaca; Maddalena; uomini; donne; angeli

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Rosso Fiorentino (1495/ 1540): esecutore
  • LOCALIZZAZIONE Città di Castello (PG)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavola venne commissionata a Rosso Fiorentino il 1' luglio 1528 dalla Confratenita del Corpus Domini di Città di Castello nella persona di Calisto De Fucci, e terminata entro la fine del 1529. In essa dovevano essere raffigurati "un Christo resuscitato e glorioso con la figura de la Nostra Donna, con la figura de Sancta Anna, con la figura de Sancta Maria Maddalena, con la figura de S. M. Amptiana (Egiziana); e da basso, in dicta tavola, più e diverse figure che dinotino, rappresentino el populo". Il Vasari ci informa poi dettagliatamente circa i tempi e i modi di esecuzione dell'opera, ricordando l'episodio drammatico legato alla genesi del lavoro, in quanto " volendo lavorare, ,mentre s'ingessava, le ruinò un tetto addosso, che l'infranse tutta e a lui venne mal di febbre sì bestiale che ne fu quasi per morire ... (e) si fè portare al Borgo (S.Sepolcro) " e tale racconto è stato confermato dall'intervento di restauro del 1982 che ha evidenziato fratture e scollature delle assi danneggiate già prima della loro messa in opera, aggravate poi dalle successive non felici condizioni ambientali. L'elaborato restauro ha provveduto poi a tamponare i danni di precedenti sconsiderate ripuliture e soprattutto a rimuovere le pesanti ridipinture nonchè gli strati di sporco e vernici opacizzate. La storiografia locale (Mancini, Mannucci, Magherini Graziani) ricorda che nel 1685 la pala venne decurtata dei quattro angoli e da rettagolare divenne ottagona. Il Giovagnoli (1921) sostiene che il dipinto venne così ridotto per essere adattato alla nuova cornice. Certo è comunque che il Capitolo verso gli autori di questo "guasto", i signori Fucci e sig. Gasparo, eseguì una causa ed "istanza per i danni risultati dalla segatura del quadro, da stimarsi dai Periti", così come risulta dagli atti capitolari riportati dal Mancini. Oltre al decurtamento della tavola vennero levati anche alcuni mascheroni e rosette dorate che erano nella cornice del baldacchino che stava sopra l'altare maggiore. Dato che il nome Fucci compare sia nell'atto di allogazione che nella causa contro gli autori del decurtamento, il Magherini Graziani suppone che forse i discendenti di Calisto de Fucci vantassero qualche diritto sul quadro. "L'interpretazione che il Rosso fornì del tema assegnatogli, se non poteva soddisfare le apettative dei committenti, fiduciosi di veder realizzare le loro indicazioni con ben altra aderenza e rispettosità, non mancò di stupire lo stesso Vasari, tanto incuriosito quanto spiazzato per il fatto che il pittore "quivi fece Mori, Zingari e le più strane cose del mondo". Ma se nella menzione vasariana è ancora possibile rinvenire un'intonazione di ammirata simpatia, la critica e la storiografia posteriore avrebbero dimostrato assai meno comprensione. Tagliente, come è noto, fu il giudizio del Lanzi nei confronti di questo lavoro, "ove a piè del quadro, invece di Apostoli, figurò scioperatamente una zingherata". Ma tale critica nasceva soprattutto dal fatto che il soggetto della pittura era ormai tradizionalmente identificato, in virtù della sua affinità strutturale con la famosa opera raffaellesca, come una Trasfigurazione, e questo contribuiva ulteriormente a ingarbugliare la lettura di un'opera che presentava aspetti già abbastanza sibillini"(Ciardi 1991).Si è pensato anche a una "resurrezione", ma gli assistenti a questa "resurrezione" rimarrebbero inspiegati.La Barocchi (1950) assume per la composizione il titolo di 'Cristo risorto in gloria' che pare il più adattabile notando però "le irreali astratte cadenze di queste figure", la "misteriosa donna di schiena", il "fantasioso moro". Il Parronchi (1982) poi evidenzia come accanto alle novità e alle sovversioni formali vi sia un senso di fervido e appassionato recupero dello spessore evangelico, in quanto davanti al Cristo risorto non vi sono "i monarchi, i principi, i nobili, che si mescolano ai poveri e ai mendichi soltanto di fronte alla morte nei trionfi trecenteschi, non le folle corporative di Giotto, non l'umanità antica e nuova di Masaccio, non le famiglie dei grossi mercanti e le loro chientele che compaiono nei dipinti del Botticelli e del Ghirlandaio, ma proprio il mondo degli umili e dei dimenticati, perchè è chiaro che nel quadro del Rosso il negro non ci sta, come in seguito nelle raffigurazioni sei e settecentesche, per gusto dell'esotico, ma come rappresentante degli schiavi, come messaggero di quel terzo mondo che soltanto oggi sembrerebbe d'avere scoperto: e in quanto tale fratello degli altri uomini". E il Darragon (1983) dalle peculiarità iconografiche e compositive di questo dipinto riesce a trarre la chiave interpretativa dell'intera arte del Rosso, la cui molla sarebbe da rinvenire proprio nell'inclinazione dell'artista verso sentimenti intensamente religiosi,acuti e resi tanto più impellenti da quei torbidi anni di crisi politica, in una continua tensione vitale e in un drammatico coinvolgimento emotivo nella realtà storica a lui contemporanea./
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1000065609
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell'Umbria
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico dell'Umbria
  • DATA DI COMPILAZIONE 1997
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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