Giuseppe in carcere interpreta i sogni

dipinto, ca 1657 - ca 1658

Dipinto su tela rafigurante un giovane seduto a colloquio con un adulto. Alle spalle del giovane, sta seduto un vecchio

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Cerrini Giovanni Domenico Detto Cavalier Perugino (1609/ 1681)
  • LOCALIZZAZIONE Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE "Il dipinto fu pubblicato da Roberto Longhi nel 1967 quando si trovava nella collezione dì Victor Spark a New York dove era almeno dal 1962, data in cui veniva presentato, con un ornamento barocco, nelle pagine di apertura dell' 'Art Quarterly' autunnale (XXV, 3). È poi ricomparso sul mercato con la medesima cornice in legno intagliato e dorato fino alla recente vendita Semenzato (Dipinti di antichi maestri 2001). Evelina Borea (1975 e 1978) mise in relazione quest'opera con la menzione inventariale del 1659 tra i beni del principe Mattias de' Medici nella villa dì Lappeggi: "un quadro in tela, entravi Gioseffo, che interpreta i sogni a i due carcerati della corte del faraone con ornamento ricco, nero nel fondo, con intagli, e rabeschi grandi dorati, alto b. 4 e 1/3 largo b.a 3 e 1/3 di mano di Giov. Domenico Cerrini Perugino" (ASF, Guardaroba Medicea 703, e. 31; Appendice n. 37). La considerevole differenza tra le misure del quadro Spark e quelle offerte dal documento (che corrispondono a 252 x 194 cm circa) veniva spiegata dalla studiosa con il computo, in queste ultime, della cornice. Il Giuseppe interpreta i sogni era dunque l'unico dipinto di Cerrini rintracciato dei quattro elencati nella collezione di Mattias e messi in relazione a un pagamento al pittore del gennaio 1658 (1657 stile fiorentino) per "più quadri" (ASF, Mediceo dopo il Principato 5487, e. 16). Nell'inventario del 1659 il quadro è elencato insieme alla tela raffigurante "una figlia che allatta il padre in prigione" - ovvero una Carità romana - con misure e cornice analoghe e verosimilmente concepita come pendant. Le due opere sono ancora appaiate nelle carte riguardanti una stima dei beni di Lappeggi redatta alla morte di Mattias nel 1667 da Livio Mehus, Francesco Camerati, e Matteo Guerretti (ASF, Miscellanea medicea 333, e. 31), mentre nell'inventario del 1669 entrambe sono presenti ma collocate in stanze diverse (ASF, Guardaroba Medicea 779ter, cc. 16v. e 17r.). Se permangono alcune incertezze per una sicura identificazione del quadro Spark con quello indicato nella raccolta di Mattias per la sensibile incongruenza di misure, ancor più difficoltoso sembra il riconoscimento della tela compagna con la 'Carità romana' soggetto più volte replicato dall'artista. L'episodio del giovane Giuseppe che interpreta i sogni dei due servitori del faraone incarcerati (Genesi 40, 12ss.) interessò i pittori di primo Seicento per la possibilità di ambientare il racconto in un interno spoglio che consentiva sperimentazioni luministiche senza per questo rinunciare alla descrizione analitica e ai dettagli di costume. Nella tela eseguita poco dopo il suo arrivo a Firenze, Gian Domenico si presenta pittore dal linguaggio formato, legato al classicismo dei bolognesi ma - come mostra nell'opera d'esordio, la lunetta affrescata nel chiostro di Santo Spirito (Repertorio, n. 7) - di piglio narrativo audace con concessioni personali al panneggiare abbondante e inamidato e ai timbri cromatici freddi di lillà, pervinca, blu e verdi acidi accesi sul fondo scuro. Il fascio di luce che irrompe nel buio della cella rischiara le due figure protagoniste: il giovane Giuseppe, "spinario" ingentilito seduto su un panno lucente come una tela cerata, offre la propria innocente sapienza all'elegante figura del coppiere del faraone, avvolto in vesti profilate d'oro che restano sospese in piena autonomia, per poi ricadere come sipari, lasciando in vista il delicato calzare. Il volto tondeggiante su cui poggia il copricapo rigato, ripete quello del Sant'Antonio nella pala di Sant'Isidoro a Roma che dovrebbe precedere di poco la tela fiorentina. Alle loro spalle, nella semioscurità, emergono la testa pensosa e la spalla brunita dell'altro servitore, che ascolta nell'attesa di raccontare il proprio sogno: esempio caratteristico, come notava Evelina Borea, di quelle teste di carattere che affiorano negli sfondi di molte opere e sulle quali, stando alle fonti, Gian Domenico si esercitava anche separatamente. Tra le opere eseguite nella quinquennale digressione fiorentina, il 'Giuseppe interpreta' i sogni sembra sospendere alcuni dei motivi bolognesi, per prendere il passo e indulgere, nel disegno e nelle scelte coloristiche, alle sollecitazioni e alla cadenza ritmata del naturalismo toscano". Dott. Antonio Natali, Soprintendenza SPSAE e per il Polo Museale della Città di Firenze
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900745784
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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