Cristo crocifisso dolente

croce d'altare,

Croce latina. Il crocifisso a tutto tondo, del tipo patiens, è raffigurato morto, con la testa ricciuta e coronata di spine reclinata sulla spallla destra. La bocca semiaperta e gli occhi chiusi; il corpo snello e allungato è rivestito da un perizoma annodato sul fianco destro; le ginocchia sono affiancate mentre i piedi sono soprammessi; il crocifisso è letteralmente inchiodato sulla croce da tre piccoli chiodi; in alto, sulla croce, il cartiglio col titolo, accartocciato

  • OGGETTO croce d'altare
  • MATERIA E TECNICA argento/ fusione/ cesellatura/ bulinatura/ incisione
    legno di pero
  • ATTRIBUZIONI Jean De Boulogne Detto Giambologna (bottega)
  • LOCALIZZAZIONE Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Nell'inventario Pini (1862) il crocifisso è citato fra gli oggetti presenti in guardaroba: "Crocifisso di rilievo in argento confitto con tre chiodi su croce di legno nera. Alto 0,27. Attribuito a Gian Bologna ". E' quasi certamente da identificarsi con il "crocifisso d'argento con suo cartello simile di Libbre nove a Lire sei l'oncia in Guardaroba" descritto nell'inventario della Deputazione ecclesiastica (1818) al n. 762 e con quello descritto nei vari inventari dell'Opera a partire dal 1644: "un crocifisso d'argento e croce d'ebano di peso con essa libbre tre in circa, con suo piede o' monte di legno e testina di morte e arme degli Uguccioni di argento". Nell'inventario successivo, quello del 1697, lo stemma degli Uguccioni è indicato invece come di rame dorato. Il crocifisso, inedito, è da situarsi sicuramente nel corpus delle opere giambolognesche, cioè in quel gruppo di crocifissi derivati da un modello del grande scultore e fusi e rinettati nelle botteghe granducali, talvolta sotto la diretta supervisione dell'ideatore. Stabilire l'autografia o meno di questo crocifisso, come degli altri, del resto, significa entrare nel merito di quella che era l'organizzazione dei laboratori di corte. Raramente infatti il Giambologna curava personalmente tutte le fasi di esecuzione di una fusione, particolarmente quella terminale della rinettatura, spesso lasciata al fido collaboratore Antonio Susini. Il prezioso materiale impiegato (argento in ottima lega) e la particolare cura nell'esecuzione dei particolari (anche la parte del crocifisso che tocca la croce è lavorata magistralmente) riconducono ad un orafo legato alle botteghe granducali, quasi senz'altro un italiano se non allo stesso maestro, per via del modellato morbido e per il tocco quasi 'impressionistico' dei capelli, lavorati non a meccanici riccioli torniti ma trattati a ciocche naturalistiche (ricordano un pò la chioma dell' "Appennino" di Pratolino). Nelle carte della Guardaroba medicea ricorrono i nomi di diversi orafi che dal 1595 ai primi anni del secolo successivo consegnarono crocifissi d'argento su disegno di Giambologna: da Giovanni Garzi, orafo su Ponte Vecchio, a Egidio Leggi, maestro della zecca fiorentina, ad Antonio Susini coi suoi allievi (fra i quali Adrien de Fries). Data la rarità dei pezzi di argenteria fiorentina del periodo, appare prudente astenersi dal tentare un'attribuzione ad uno di questi maestri. Uno spiraglio di luce viene però dall'estrema vicinanza di quest'opera al crocifisso in bronzo - attribuito al Giambologna - conservato nella Liebighaus di Francoforte, proveniente da una collezione privata fiorentina: i tratti fisionomici (in particolare i capelli e la barba del Cristo) sono lì più naturalistici e immediati rispetto ai famosi esemplari di Douai, Loreto e Firenze (Santa Maria degli Angiolini) e nell'insieme molto simili al crocifisso del Duomo di Firenze (in particolare il modo rapido di segnare il contorno delle palpebre e le sopracciglia). Proprio queste caratteristiche di freschezza del modellato allontanerebbero questo crocifisso dai lavori del Susini, caratteristicamente assai rifiniti da un lungo lavoro di cesello. Per quanto concerne la committenza dell'opera, l'arme degli Uguccioni un tempo presente sul monte della croce (ormai scomparsa insieme a quest'ultimo) fa ipotizzare la provenienza dell'oggetto da una delle tante cappelle gentilizie un tempo presenti in cattedrale o da un lascito di un prelato con questo nome. Una traccia da verificare: un Benedetto Uguccioni era operaio dell'Opera del Duomo nel 1582
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900347644
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni artistici e storici delle province di Firenze, Pistoia e Prato
  • ISCRIZIONI sul cartiglio - I(ESUS) N(AZARENO) / R(EX) I(UDEORUM) - lettere capitali - a incisione - latino
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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