veduta di città

pannello, ca 1484 - ca 1487

Pannello curvilineo

  • OGGETTO pannello
  • MATERIA E TECNICA legno/ intarsio
  • ATTRIBUZIONI Abbati Pietro Antonio (notizie 1430-1440/ 1504)
  • ALTRE ATTRIBUZIONI manifattura fiorentina
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Horne già Corsi
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il 4 ottobre 1484 Pierantonio degli Abbati si assunse l'incarico di eseguire 24 schienali ad intarsio per il coro della basilica di Monte Berico. Per la realizzazione delle strutture portanti del complesso i frati vicentini avevano infatti incaricato fin dal 1481 un marangone mantovano, Giacomo Fontana, che si avvaleva della collaborazione di un maestro lombardo, tale Luca da Como o da Milano. Dal rogito non è dato intendere con precisione in che cosa consistesse la "remotione e la additione a lateribus" che avrebbe dovuto compiere il giovane pittore bresciano (da Orzinuovi) Bartolomeo Montagna, al cui partito si affidava senza incertezze il priore del convento. Forse si puo` intendere che il numero dei dossali indicato orientativamente in 24 poteva essere ridotto per la sostituzione delle spalliere terminali con un intervento pittorico del Montagna sulla parete. In questo senso si spiegherebbe come il compenso non venisse pattuito globalmente, ma singolarmente per spalliera, e anche come la liberazione dell'Abbati per i suoi emolumenti riguadasse una cifra inferiore a quella calcolabile per 24 dossali al prezzo di 4 ducati e mezzo ciascuno. In ogni caso e` assolutamente ingiustificato affermare che le "spaliras" erano state disegnate da Bartolomeo Montagna, come qualcuno ha precipitosamente generalizzato. Esse erano "in toto" un'elaborazione di Pierantonio, anche se dovevano fare i conti in qualche modo con l'architettura complessiva del coro e dell'abside. Tre anni dopo la stesura del contratto, nel 1487, l'Abbati terminò i dossali richiestigli, i quali sopravvissero al loro posto e sostanzialmente integri fino al 1824, quando fu iniziata la costruzione del campanile neoclassico di Antonio Piovene. Per il nuovo assetto murario fu neccesaria la demolizione del coro e della sagrestia quattrocenteschi (erano entrambi opera dell'architetto Lorenzo da Bologna che li aveva portati al compimento tra il 1476 e il 1480). La distruzione dei due ambienti si ripercosse pesantemente sugli arredi lignei. Neppure uno degli stalli del Fontana si salvò. Ma fortunatamente a tale foga vandalica scamparono alcune delle spalliere di Pierantonio e varie componenti degli armadi della vecchia sagrestia, che erano stati realizzati nel 1505 dall'aiuto del Fontana per il coro, m° Luca, e da un intarsiatore mantovano, tale m° Leonzio. Si decise anzi di ricomporre insieme questi resti quattro-cinquecenteschi in tre armadi, che andarono ad occupare (ed occupano ancora oggi) le pareti della sagrestia nuova della chiesa. Se non tutto andò perduto del lavoro dell'Abbati a Monte Berico, ugualmente però, non tutte le tarsie degli attuali arredi della sagrestia devono a lui essere ricondotte: solo sei pannelli, inseriti in altrettanti riquadri inferiori dei tre armadi, sono di Pierantonio. Il resto è opera degli intarsiatori cinquecenteschi o un'attenta imitazione dei marangoni che nell'Ottocento curarono il rifacimento. Le tarsie vicentine di Pierantonio si ricollegano direttamente ai quasi contemporanei pannelli del bancone dei Consorziali. Come quelle parmensi sono strette e verticali; inoltre, presentando tutte e sei vedute di oggetti, risultano impostate come le analoghe dei Consorziali, cioè con un anta sola socchiusa (cinque volte su sei è quella destra) su uno sfondo scuro. In quattro casi vi appaiono quattro oggetti di uso quotidiano sistemati su due ripiani: ora è un bacile con brocca, e, più in alto, un libro con sopra un altro bacile, con calamaio, penna e un coltellino; ora è una fruttiera colma di ciliege, e sopra un bossolo con pennelli (o lucignoli? o strumenti da intagliatore?); ora, ancora, sono raffigurati una bacinella colma di fichi, e un vaso pieno d'uva; oppure, nella tarsia che reca anche la sottoscrizione dell'artefice (Fecit Petrus Antonius Mutinensis), nel ripiano inferiore un vaso colmo di pere e pesche, e in quello superiore un volume con sopra un bacile con due ampolle. Negli altri due specchi, invece, che non presentano piani intermedi, si intravede, nel primo, al di là dello sportello semiaperto una bellissima mandorla, e dietro un libro appoggiato al fondo; e nell'altro una graziosa gabbietta quadrangolare (con dentro un uccellino) le cui gretole si incurvano in alto a congiungersi al ben tornito pomello superiore. Le sei ante, poi, secondo lo schema tipico ai Consorziali, sono diverse fra di loro (l'unico caso di coincidenza, con le due aperture poligonali, è dato da quella incardinata a sinistra e una delle rimanenti cinque, che si pongono sulla destra dell'immaginario stipo). Un dettaglio di rilievo è che l'anta a sbarre incrociate trasversalmente (le quali danno luogo ad un graticcio di losanghe) riprende perfettamente i battenti presenti in una delle due tarsie rimaste del coro del Santo. In tale abbondanza agli stilemi della bottega canoziana non si può non avvertire la mancanza di scorci paesaggistici e urbani. A questa carenza, certo dovuta alla rovina delle rimanenti spalliere, supplisce parzialment
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà persona giuridica senza scopo di lucro
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900287666
  • NUMERO D'INVENTARIO Horne 131
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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