beato Domenico Dal Pozzo

dipinto, 1615 - 1616

n.p

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Manetti Rutilio (attribuito)
  • LOCALIZZAZIONE Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Sebbene già ricordata dal Baldinucci, dal Moreni, dall'autore della "Guida della Venerabile Certosa..." e dal Bacchi come opera di Rutilio Manetti, la tela è stata espunta dal catalogo dell'artista dal Brandi che vi vede solo una "generica parentela di una comune discendenza caravvagesca e di una approssimativa contemporaneità" (C: Brandi, 1931, pp. 166-167). Il Longhi ha proposto il nome di Francesco Rustici, seguito dal Bellosi. Il quadro non è stato considerato del Manetti neppure da Del Bravo, che pure accetta l'attribuzione al pittore senese degli altri quadri presenti alla Certosa. L'antica assegnazione al Manetti è stata riproposta dal Bagnoli, ma successivamente il Leoncini ha avanzato più cautamente l'ipotesi che l'autore sia un seguace dell'artista senese. Sebbene vi siano delle parti poco convincenti, notate dal Leoncini, come la mancanza di scioltezza nei gesti del Bambino Gesù, non mi pare che ciò possa essere sufficiente per escludere la paternità del Manetti. L'intepretazione del fatto, la semplice, ma essenziale costruzione della scena col beato in primo piano, illuminato da una luce che gioca sulla sua tunica creando decisi effetti di chiaroscuro, sono dei caratteri peculiari che ritroviamo anche nelle altre tele raffiguranti certosini che si trovano nel coro della Certosa e che sono ormai da tempo riconosciuti opera del Manetti. Si confronti in particolare la testa del "Beato Domenico" con quella del "Beato Stefano Maconi" e si potrà notare una stessa cura nel descrivere l'orecchio, le vene sulle tempie, le rughe della fronte e un simile modo di delineare il naso colpito dalla luce. Per quanto riguarda la natura morta, si deve riconoscere che essa non presenta quella lucida messa a fuoco che caratterizza quelle degli altri quadri, come ad esempio quelle sul tavolo da lavoro del "Beato Petroni" e del "Beato Maconi", oppure il vaso di fiori nello sfondo della "Beata Margherita". Si può, quindi, accettare per questa parte del dipinto l'ipotesi del Leoncini dell'intervento di un'altra mano, forse quella di un seguace o di uno specialista. Il Bagnoli, vedendo in questo dipinto e nel suo pendant raffigurante "Beato Dionisio", una diretta ispirazione alla pittura di Bartolomeo Cesi, che si può notare anche in altre opere databili al 1614-1616, pensa che il quadro sia stato commissionato subito dopo quello raffigurante la "Santa Margherita", per la quale il Manetti viene pagato nel 1615. Sotto il dipinto vi era un tempo un'iscrizione in distici latini, trascritta dal Moreni, che spiegava il soggetto raffigurato
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900228463
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
  • DATA DI COMPILAZIONE 1991
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2009
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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