La figura a mezzo busto, ieratica e immobile, rappresenta san Benedetto da Norcia. Il santo con lunga barba nera dalle ciocche ben definite e modellate ha una veste dorata con ramages rossi e una stola decorata con figure dipinte. Sul davanti sono rappresentati san Pietro e san Paolo (dei quali spiccano soprattutto i mantelli rosso vivo), sul colletto l'Angelo Annunziante, la Vergine Annunziata e dietro santa Scolastica. Nel cappuccio è dipinta in una mandorla dorata una santissima Trinità. Il busto poggia su un basamento dorato di forma ottagonale che nella parte anteriore presenta cinque piccoli oculi che ospitano varie reliquie. Nella parte posteriore vi è, invece, una lunga iscrizione con una data e l'indicazione del committente. Un'altra teca con reliquie di san Benedetto, di forma circolare e bordata con un motivo a cordonetto, si trova sul petto del busto fra i due stoloni
- OGGETTO reliquiario a busto
- AMBITO CULTURALE Bottega Fiorentina
- LOCALIZZAZIONE Firenze (FI)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Per quanto il busto-reliquiario abbia una iscrizione con l'anno 1401 sembrerebbe più plausibile una datazione alla fine del Quattrocento o all'inizio del Cinquecento. La scarsità di oggetti devozionali simili a questo non ci permette facili confronti con opere analoghe del primo Quattrocento, ma se pensiamo alla scultura di questo periodo, ancora caratterizzata dallo stile Gotico Internazionale, ci si rende dell'impossibilità di accettare una tale datazione. Maggiori affinità si possono rilevare con un reliquiario che fa parte degli arredi della Basilica di San Lorenzo raffigurante San Pietro Apostolo e datato 1522 (cfr. San Lorenzo. La basilica, le sagrestie, le cappelle, la biblioteca, a cura di U. Baldini, B. Nardini, Firenze 1984, figg. 330-331). Anch'esso rappresentato a mezzo busto con un ricco piviale decorato a rameges, ha gli stoloni, il colletto e il cappuccio istoriati e presenta la stessa immobilità e ieraticità. Queste affinità nell'impostazione e nella fattura permettono di proporre anche per il reliquario di Montughi una simile datazione. L'anno 1401 scritto alla base sarebbe quindi errato essendo stato probabilmente ripassato o ridipinto in occasione di qualche restauro. Inoltre, la presenza degli stessi motivi decorativi (la sbaccellatura della base, il cordonetto lungo i bordi degli stoloni, la mostra lignea della teca con la reliquia sistemata al centro del petto, l'iscrizione della parte posteriore del basamento) porta a concludere che siamo di fronte ad un autentico oggetto quattro-cinquecentesco di alta qualità. La possibilità che il busto fosse falso era stata avanzata dal Marangoni nella sua schedatura del 1925 dove si diceva che la scultura lignea era "quasi certamente una copia fatta un cinquanta anni fa, di qualche pregevole opera a mano, a meno che un restauro bestiale di quei tempi non abbia completamente svisato il lavoro" ( cfr. dattiloscritto conservato presso l'Ufficio Catalogo della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Firenze). L'inaccettabilità di tale ipotesi può essere provata dal fatto che la reliquia contenuta nel busto e, quindi, il reliquiario nel suo insieme è con tutta probabilità da identificare con l'"osso di san Benedetto Abate" che il Richa ricorda nel monastero di Santa Apollonia ( G. Richa, Notizie istoriche , vol. VIII, Firenze 1759, p. 316). Una scultura lignea che corrisponde esattamente a quella di santa Marta viene descritta nell'"Inventario degli oggetti d'arte del convento di S. Apollonia" redatto nel 1863 da Carlo Pini (cfr. Bibliografia). Nel monastero di Montughi il busto sarebbe giunto in occasione della soppressione dei conventi del 1866. In calce all'inventario è detto infatti che alcuni degli oggetti citati furono portati a S. Marta, divenuta la nuova sede delle monache di S. Apollonia. La suora che commissionò questo reliquiario, come è ricordato nell'iscrizione della base va, quindi, individuata in una ignota personalità del monastero di via San Gallo. Inoltre, la santissima Trinità dipinta nel cappuccio, benché iconograficamente dipenda da prototipi trecenteschi (cfr. Nardo di Cione, Trinità presso l'Accademia), ripresi e sviluppati nel Quattrocento da Paolo Schiavo (Trinità della Certosa del Galluzzo) e successivamente dal maestro dello Spirito Santo (Pala di Santo Spirito), la scena ha un impianto prospettico e le figure presentano un plasticismo impensabile nel 1401. Queste pitture che rivelano qualche affinità con la pittura rossellesca di Cosimo o di Bernardo di Stefano sono databili all'ultimo decennio del Quattrocento o ai primi del Cinquecento (com. or. di A. Padoa Rizzo). Probabilmente date le molteplici attività della bottega di Bernardo che non si occupava solo di pittura ma anche della fattura e decorazione di molteplici oggetti (cfr. A Guidotti, Pubblico e privato in "Ricerche storiche", XVI, 1986, pp. 535-550; A. Padoa Rizzo, Ricerche sulla pittura del '400 , in "Antichità viva", 1987, nn. 5-6, pp. 20-27), questo busto può essere avvicinato alla vasta produzione di una équipe che in quegli anni a Firenze era certamente una delle più importanti
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900194113
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
- DATA DI COMPILAZIONE 1988
- ISCRIZIONI nella parte posteriore del basamento - PROPRIIS SUMPTIBUS PRIVATE SORORIS DIE XX MART. I MCCCI - a pennello - latino
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0