vaso di marmo nero con fiori e animali

vaso 1886 - 1892

Grande vaso in marmo nero del Belgio con lavori in commesso di pietre dure e a rilievo: vi compaiono diaspri di Volterra, Sicilia, d’Arno, d’Alsazia, di Boemia e Rapolano sanguigno, ametista, agate di Goa, legno silicizzato, cristallo di rocca, calcedonio di Volterra, del Casentino e dei Grigioni. Di forma rotondeggiante che va assottigliandosi nel collo, presenta un complesso e raffinato commesso di fiori, calle, rose, iris, decorato da folto fogliame su cui svolazzano farfalle. Il lavoro a rilievo è altrettanto articolato, con frutta, pampini e racemi che includono anche un uccello ed un sinuoso serpentello che sbuca sotto una lucente foglia d’edera. L’opera non è compiuta, essendo infatti priva della parte terminale a corolla di fiori, che doveva costituire la parte più caratteristica del lavoro

  • OGGETTO vaso
  • MATERIA E TECNICA pietra dura/ intarsio
  • AMBITO CULTURALE Manifattura Fiorentina
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo dell'Opificio delle Pietre Dure
  • LOCALIZZAZIONE Opificio delle Pietre Dure
  • INDIRIZZO Via degli Alfani, 78, Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Questa opera incompiuta appartiene agli anni in cui la produzione dell’Opificio si indirizzava particolarmente alla vendita, ed Edoardo Marchionni, sempre sensibile alle mutazioni del gusto, tenendo anche conto degli interventi delle Esposizioni Universali, con entusiasmo inizia “un gran vaso che per la prima volta presenterà il lavoro di commesso sulla superficie curva, misto e collegato al lavoro di alto e basso rilievo” (A.O.P.D., relazione 1884). L’anno successivo il Marchionni scrive “grande e complicato è il lavoro di un vaso di proporzioni colossali già in corso al principio di quest’anno” (A.O.P.D., relazione 1886-87). Purtroppo il Marchionni non si era reso conto della grande crisi finanziaria in cui versava l’Opificio dopo il 1880: le vendite notevolmente diminuite, i finanziamenti ministeriali sempre più esigui, tanto che anche la partecipazione dell’Opificio alla Esposizione di Londra del 1887 era stata incerta fino all’ultimo per mancanza dei fondi necessari per la spedizione. Il vaso veniva a costituire quindi un’opera troppo costosa ed ormai fuori tempo. I lavori di glittica, guidati da Paolo Ricci “maestro di scultura” e Pietro Brunacci “maestro delle segherie”, andarono avanti a rilento, si protrassero per ben dieci anni e, morto nel 1892 Paolo Ricci, si interruppero. E così, come laboratorio di arte industriale, l’Opificio chiudeva i battenti. Rimasto allo stato di frammento (anche il modello in gesso, a grandezza naturale, era andato disperso) solo nel 1952, grazie all’opera di Renato Bresci, il vaso fu ricostituito pur mantenendo le numerose lacune, e privo della parte terminale a corolla di fiore. Stilisticamente si può dire che accanto ai tradizionali ornamenti di foglie e fiori che portano la chiara firma del Marchionni, si può notare qualche timido accenno ad una sinuosità liberty, anche se più corposo e plastico ed ancora legato ad una concezione naturalistica dell’osservazione della realtà
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900170454
  • NUMERO D'INVENTARIO 2039
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Opificio delle Pietre Dure
  • ENTE SCHEDATORE Opificio delle Pietre Dure
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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