Madonna di Croce Coperta. Madonna con il Bambino
Scultura a tuttodondo poggiante su di un basamento lapideo originale. Il materiale utilizzato non è stato pienamente identificato: secondo il restauratore Andrea Caponi è da ritenersi pietra d'Istria, mentre recentemente è stata avanzata l'ipotesi che si tratti di un marmo di riutilizzo, simile al botticino (nella scheda si mantiene l'indicazione generica di pietra arenaria derivata da Caponi). Nel corso del restauro del 1979 furono eliminate le ridipinture moderne (in origine l'opera doveva effettivamente presentare una finitura policroma e delle dorature, oggi perdute). La testa del Bambino, evidentemente rotta, è stata riattaccata. La scultura presenta diversi fori (sul capo delle due figure, nelle orecchie del Bambino e in cima al globo) certamente utilizzati per fissarvi elementi metallici quali corone, monili o croci (anche nella mano destra della Vergine era ancorato lo stelo di un fiore, poi perduto). Il retro dell'opera risulta lavorato con la prosecuzione dei panneggi
- OGGETTO scultura
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ATTRIBUZIONI
Maestro Di Croce Coperta (attribuito): scultore
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Francesco Di Valdambrino
Bartolomeo Bon Il Vecchio
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Fondazione Cassa di Risparmio e Banca del Monte di Lugo
- INDIRIZZO piazza Baracca, 10, Lugo (RA)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La letteratura relativa all'opera è quanto mai discorde nella circoscrizione dell'ambito esecutivo: da un lato sono state rilevate le evidenti tangenze toscano-senesi nell'orbita di Jacopo della Quercia e di Francesco di Valdambrino (oltre all'influenza del maestro fiorentino Lorenzo Ghiberti), mentre d’altra parte è stata individuata una matrice veneziana da cui l’attribuzione a Bartolomeo Bon il Vecchio, paternità sostenuta da diversi studiosi nel corso del tempo (per primo FERRETTI 1995 e recentemente ribadita da CERA 2017). Nella presente scheda si mantiene l'attribuzione avanzata da TAMBINI 2001 verso un artista anonimo attivo tra 1430 e 1440, denominato Maestro di Croce Coperta - per via della provenienza dell’opera dall’oratorio di Croce Coperta a Lugo - una figura entro cui sono state convogliate entrambe le direttrici d'influenza, sia toscane, sia veneziane. D'impianto ancora memore della lezione trecentesca di Nino Pisano, con il caratteristico hanchement gotico, la scultura pare più strettamente riconducibile ai maestri senesi quali lo stesso Jacopo e Francesco: rispetto al primo termine di paragone le derivazioni sono piuttosto stringenti, si veda il ductus delle cadenze nelle pieghe terminali dei panneggi o la capigliatura della Vergine, quasi un calco, seppur più greve, della Madonna della melagrana di Jacopo della Quercia, opera ferrarese, dalla quale deriva anche il “modellato delle guance a larghi piani luminosi” (TAMBINI 2001, p. 190). L’opera in esame è menzionata per la prima volta in una cronaca locale redatta nel 1732 da Girolamo Bonoli: ricordata come “Madonna di Rocca Maggiore”, si conservava nell’oratorio lughese sin dal 1465, seppur la denominazione stessa potrebbe lasciar supporre una provenienza dalla rocca di Lugo (cfr. TAMBINI 2001)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà privata
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800682239
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
- DATA DI COMPILAZIONE 2020
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0