Strage dei figli di Niobe. Strage dei figli di Niobe
dipinto tavola di ciclo decorativo
ca 1541 - ante 1542
Robusti Jacopo Detto Tintoretto (attribuito)
1518/ 1594
Tavola dipinta ad olio coi figli di Niobe saettati... Supporto ottagono. Piccola cornice dorata di sagoma M. 0,021. N. 1720 idem
- OGGETTO dipinto tavola di ciclo decorativo
-
MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a olio
-
MISURE
Altezza: 153 cm
Larghezza: 133 cm
- AMBITO CULTURALE Ambito Veneziano
-
ATTRIBUZIONI
Robusti Jacopo Detto Tintoretto (attribuito): pittore
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Estense - Palazzo dei Musei Modena
- LOCALIZZAZIONE Gallerie Estensi
- INDIRIZZO Largo Porta Sant’Agostino, 337 - 41121 MODENA tel. 0594395727 - fax 059230196 pec: mbac-ga-esten@mailcert.beniculturali.it C.F. 94180300363 - C.U.U. 2JMD21, Modena (MO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto appartiene ad un ciclo decorativo attualmente composto da quattordici ottagoni. Fu acquistato a Venezia, nel 1658, dagli eredi di Vettor Pisani, committente della serie (in origine erano sedici ma due sono andati però perduti già a partire dal 1770). Il banchiere veneziano l’aveva commissionato nel 1541 per decorare il soffitto della sua camera da letto, in occasione del suo matrimonio con Paolina Foscari. Geminiano Poggi, l’acquirente, agiva allora per conto del duca Francesco I d'Este e le diverse tavole arrivarono a Modena nell’ottobre del 1659. Qui vennero rimontate in parte nel soffitto della seconda camera da parata del Palazzo Ducale, in parte appese alle pareti. Il soffitto di Ca’ Pisani rappresenta la prima importante impresa a carattere mitologico del Tintoretto. La fonte letteraria di questo episodio, così come per quasi tutti i soggetti del ciclo, sono le Metamorfosi di Ovidio secondo la versione in volgare di Niccolò degli Agostini, ampiamente corredata da illustrazioni e apparsa a Venezia nel 1522. I soggetti scelti, incentrati sugli amori degli dei o tra gli dei e gli uomini, si collegavano in maniera originale alla congiuntura matrimoniale. Le tavole posseggono inoltre la spigliata cifra stilistica delle origini pittoriche di Tintoretto, quella giovinezza narrata dal Pallucchini come momento eroico di un giovane ancora sconosciuto. Siamo proprio agli esordi, nel momento in cui Venezia è agitata dal secondo vento manieristico, dopo le anteprime di Francesco Salviati e del Pordenone, quando arriva, tra il 1540 e il 1542, Giorgio Vasari a lasciare eloquente traccia di sé in palazzo Corner Spinelli. Tintoretto coniuga qui la maniera di Vasari con quella dello Schiavone, con suggestioni del Parmigianino e di Giulio Romano. Afferma Rodolfo Pallucchini (Pallucchini, 1945, p. 174) che “Tintoretto risolve tali scomparti soffittali con un punto di vista ribassato, ispirandosi si direbbe agli esempi di Giulio Romano della Sala di Psiche del Palazzo Te a Mantova.” Ed è proprio quello che osserviamo in questa tavola, in cui l’artista si cimenta con l’episodio dell’uccisione dei figli di Niobe. Anche in questo dipinto emerge il tema degli amori infelici e della punizione della superbia umana. L’immagine è dominata dalla presenza monumentale della madre che, in scorcio, con le braccia pietosamente protese verso il cielo, assiste impotente alla strage dei figli: le frecce divine non si fermano. Le due divinità vendicatrici, Apollo e Artemide, si delineano, mentre colpiscono a morte i Niobidi, sullo sfondo inquietante di un cielo illividito e denso di nubi. La scena, con la raffigurazione di Niobe e di tre soli figli, è evidentemente e volutamente essenzializzata, a dimostrazione di una estrema libertà interpretativa concessa al pittore. Tutta l’impetuosità del Tintoretto è concentrata sulla scena: a destra una fanciulla vista di schiena, stretta negli aderenti vestiti rosati, tenta la fuga, a sinistra un ragazzo si protegge inutilmente con il proprio mantello. Risalta una maniera corsiva e densa di spontaneità, di fulminea ispirazione, che si manifesta nel senso del colore, nella poesia del chiaroscuro, nell’uso di brusche accensioni di luci, che portano in scena, nella felicità dell’invenzione, le ricorrenti infelicità dell’esistenza umana. Bibliografia Ferdinando Castellani Tarabini, Cenni storici e descrittivi intorno alle pitture della Reale Galleria Estense, Regio-Ducal Camera, Modena, 1854, p. 106 n. 381. Adolfo Venturi, La R. Galleria Estense in Modena, (Ristampa anastatica: Panini, Modena 1989), Toschi, Modena, 1882, p. 240. Serafino Ricci, La R. Galleria Estense di Modena. Parte I. La Pinacoteca, Orlandini, Modena, 1925, pp. 91-93 n. 233. Emma Zocca, La reale Galleria Estense di Modena, Roma, 1933, p. 10. Rodolfo Pallucchini, I dipinti della Galleria Estense di Modena, Cosmopolita, Roma, 1945, pp. 173-176 n. 403. Augusta Ghidiglia Quintavalle, La Galleria Estense di Modena, Istituto poligrafico dello Stato, Roma, 1967, p. 17. Sovrane passioni. Le raccolte d'arte della Ducale Galleria Estense, Catalogo della mostra (Modena, Galleria e Museo Estense, 3 ottobre – 13 dicembre 1998), Motta, Milano, 1998, pp. 332-336 n. 114, fig. p. 338. Claudia Cieri Via, Tintoretto, Ovidio e il dramma delle Metamorfosi, in Tracce dei luoghi. Tracce della storia. L'editore che inseguiva la Bellezza. Scritti in onore di Franco Cosimo Panini, a cura di Aa. Vv, Donzelli, Roma, 2008, fig. 96. Giovanna Paolozzi Strozzi, Le Camere da Parata di Francesco I d'Este nel Palazzo Ducale di Modena. Restituzione dell'allestimento originale, Artecelata, Alessandria, 2013, fig. p. 19. La Galleria Estense. Guida breve, Panini, Modena, 2015, pp. 56-57 n. 35
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
-
CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800675939
- NUMERO D'INVENTARIO Inventario R.C.G.E. n. 389
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA GALLERIA ESTENSE
- ENTE SCHEDATORE GALLERIA ESTENSE
- DATA DI COMPILAZIONE 2018
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0