Crocifissione

trittico portatile,

Altarolo portatile ligneo con placchette in osso intagliato, con intarsi in legno policromo. Le ante dell'altarolo, montate con perni in legno, definiscono un trittico sviluppato a cuspide, che richiuso mostra l'immagine dipinta di un sole raggiato. I rilievi in osso si compongono di cinque placchette, tre nel pannello centrale, con la rappresentazione della Crocifissione di Cristo tra la Madonna e San Giovanni Evangelista dolenti, su sfondo naturalistico, mentre alla base della croce è la Maddalena prostrata. A sinistra, il pannello laterale, restaurato, ospita la figura di San Nicola di Bari vescovo, davanti ad un fondale con architetture urbane. Stessa collocazione spaziale per il San Cristoforo del pannello destro, che attraversa il fiume con il Gesù Bambino sulle spalle. Restano tracce della decorazione policroma originalmente presenti sulle placchette, bruna negli arbusti e nella croce, e rossa nella ferita al costato di Cristo

  • OGGETTO trittico portatile
  • ATTRIBUZIONI Bottega Degli Embriachi (1390ca-1430ca)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo Nazionale di Ravenna
  • LOCALIZZAZIONE Monastero benedettino di San Vitale (ex)
  • INDIRIZZO Via San Vitale, 17, Ravenna (RA)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L’altarolo portatile proviene dalle collezioni che i monaci camaldolesi del cenobio ravennate di Classe avevano raccolto a partire dal XVII secolo e che, soprattutto con le acquisizioni del XVIII, vennero a costituire una notevole collezione di rilievo non solo artistico ma altresì antiquario e naturalistico. In tale raccolta gli oggetti in osso e avorio ebbero una significativa rappresentanza, definendo un corpus tipologicamente eterogeneo e capace di riepilogarne vari periodi di produzione e regioni di provenienza. Le collezioni classensi, confluite nel demanio comunale con le soppressioni del 1797, ed esposte nella chiesa di San Romualdo come parte del Museo Classense Municipale, pervennero quindi al costituendo Museo Nazionale di Ravenna a partire dal 1885, per essere trasferite nella nuova sede del medesimo, l’ex-monastero benedettino di San Vitale, tra il 1913 ed il 1914. L’opera mostra una struttura decorativa giocata su una pluralità di materiali e tecniche, in cui si ritrova l’assemblaggio di legni dipinti, l’inserto di intarsi lignei sugli stessi, associati a placchette di osso lavorate a rilievo e a loro volta presentanti interventi in policromia, di cui si ritrovano parti consistenti, specialmente nel pannello centrale. Il pannello di sinistra, con la raffigurazione di San Nicola di Bari in legno intagliato e dipinto di bianco, è frutto di un restauro (ipoteticamente riconducibile al XVII o XVIII secolo vedi MARTINI 1993 p.73) che cerca di rispettare lo stile trecentesco delle composizioni originali. Queste ultime tradiscono l’ispirazione da un ambito stilistico proprio del gotico toscano di matrice giottesca, perfettamente coerenti con la proposta di riferirne la responsabilità alle produzioni minori della bottega detta “degli Embriachi” in una fase piuttosto precoce della loro attività, non molti anni dopo il loro trasferimento da Firenze a Venezia, avvenuto tra il 1391 e il 1393, e comunque entro l’inizio del XV secolo. La bottega degli Embriachi fa riferimento alla famiglia fiorentina più correttamente detta degli Obriachi o Ubriachi (banchieri ghibellini documentati in Oltrearno dal XII secolo, costretta all’esilio e trasferitasi nel XIV in altri centri come Bologna e Venezia) ed è stata incardinata dalla critica alla personalità di Baldassarre, tuttavia non in ragione di una reale paternità autoriale, quanto piuttosto per dinamiche di gestione economica e imprenditoriale. E’ infatti nota, anche a seguito delle ricerche archivistiche e documentali come il fondamentale studio di Richard Trexler (The Magi Enter Florence: The Ubriachi of Florence and Venice in Studies in Medieval and Renaissance History, I, 1978, pp. 127-218), la figura del capofamiglia Baldassarre quale importante mercante in stretti rapporti con personalità quali il duca Jean de Berry, Martino I d’Aragona (reggente e poi re di Sicilia), e Riccardo II d’Inghilterra, così come con Gian Galeazzo Visconti e la corte ducale milanese. E’ in ragione di quest’ultima illustre entratura che si giustifica la commissione affidata a Baldassarre, come impresario più che come artista, per i lavori in avorio per la Certosa di Pavia costituenti la pietra angolare della ricostruzione storica dell’intera bottega: il monumentale trittico d’altare e due cofanetti in seguito smembrati e ricomposti in un pannello al Metropolitan Museum di New York. Dal testamento di Baldassarre redatto a Venezia nel 1395 risulta il possesso di moltissime opere d’arte in avorio, così come il richiamo ad artisti toscani come lo scultore Giovanni di Jacopo, domiciliato presso Baldassarre e tutore dei propri figli, dettaglio che offre testimonianza della presenza di una officina artistica operante all’interno della residenza veneziana degli Obriachi e specializzata in intagli eburnei
  • CONDIZIONE GIURIDICA detenzione Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800635605
  • NUMERO D'INVENTARIO Museo Nazionale di Ravenna RCE 1077
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • DATA DI COMPILAZIONE 1980
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2016
  • DOCUMENTAZIONE ALLEGATA scheda catalografica (1)
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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