Un uomo e una donna l'uno di fronte all'altra

placchetta di cofanetto,
Bottega Degli Embriachi (attribuito)
notizie fine sec. XIV-prima metà sec. XV

Placchetta in osso di forma rettangolare e fronte convessa, originariamente facente parte della decorazione parietale di un cofanetto. L'intaglio mostra due figure fronteggiantesi vestite con ricchi abiti, una femminile a sinistra e una maschile a destra, che cinge la compagna con il braccio destro. Alle loro spalle è una ambientazione con colline e alberi

  • OGGETTO placchetta di cofanetto
  • ATTRIBUZIONI Bottega Degli Embriachi (attribuito)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo Nazionale di Ravenna
  • LOCALIZZAZIONE Monastero benedettino di San Vitale (ex)
  • INDIRIZZO Via San Vitale, 17, Ravenna (RA)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La placchetta in osso proviene dalle collezioni che i monaci camaldolesi del cenobio ravennate di Classe avevano raccolto a partire dal XVII secolo e che, soprattutto con le acquisizioni del XVIII, vennero a costituire una notevole collezione di rilievo non solo artistico ma altresì antiquario e naturalistico. In tale raccolta gli oggetti in osso e avorio ebbero una significativa rappresentanza, definendo un corpus tipologicamente eterogeneo e capace di riepilogarne vari periodi di produzione e regioni di provenienza. Le collezioni classensi, confluite nel demanio comunale con le soppressioni del 1797, ed esposte nella chiesa di San Romualdo come parte del Museo Classense Municipale, pervennero quindi al costituendo Museo Nazionale di Ravenna a partire dal 1885, per essere trasferite nella nuova sede del medesimo, l’ex-monastero benedettino di San Vitale, tra il 1913 ed il 1914. La placchetta proviene da un cofanetto di notevoli dimensioni, poiché sembrano provenire dalla stessa serie e dallo stesso esemplare, ben 11 analoghe placchette presenti nelle collezioni classensi (inventari 5721, 5727, 5723, 1040 1041, 5724, 5725, 5726, 1042, 1043 e 5728) oltre ad ulteriori due poste negli angoli del cofanetto stesso, forse decorato alla certosina. Il soggetto prevede la riproposizione, con minime variazioni, di scene di incontro a presumibile carattere amoroso, in assenza di una caratterizzazione narrativa complessa. Una simile tipologia, ben confacente ad oggetti talvolta realizzati come doni matrimoniali, venne sperimentata in un certo numero di casi anche dalla bottega detta “degli Embriachi”. La cura dell’intaglio e la presenza di una certa cura nella variazione delle posture e degli abiti, così come una certa attenzione alla presentazione dello sfondo naturalistico, lasciano supporre che l’opera possa essere stata congedata dalla stessa bottega di Baldassarre degli Embriachi, presumibilmente entro il primo decennio del XV secolo, nella fase di impoverimento tecnico e di tipizzazione stilistica della propria produzione (MARTINI 1993 pp. 75-77). La bottega degli Embriachi fa riferimento alla famiglia fiorentina più correttamente detta degli Obriachi o Ubriachi (banchieri ghibellini documentati in Oltrearno dal XII secolo, costretta all’esilio e trasferitasi nel XIV in altri centri come Bologna e Venezia) ed è stata incardinata dalla critica alla personalità di Baldassarre, tuttavia non in ragione di una reale paternità autoriale, quanto piuttosto per dinamiche di gestione economica e imprenditoriale. E’ infatti nota, anche a seguito delle ricerche archivistiche e documentali come il fondamentale studio di Richard Trexler (The Magi Enter Florence: The Ubriachi of Florence and Venice in Studies in Medieval and Renaissance History, I, 1978, pp. 127-218), la figura del capofamiglia Baldassarre quale importante mercante in stretti rapporti con personalità quali il duca Jean de Berry, Martino I d’Aragona (reggente e poi re di Sicilia), e Riccardo II d’Inghilterra, così come con Gian Galeazzo Visconti e la corte ducale milanese. E’ in ragione di quest’ultima illustre entratura che si giustifica la commissione affidata a Baldassarre, come impresario più che come artista, per i lavori in avorio per la Certosa di Pavia costituenti la pietra angolare della ricostruzione storica dell’intera bottega: il monumentale trittico d’altare e due cofanetti in seguito smembrati e ricomposti in un pannello al Metropolitan Museum di New York. Dal testamento di Baldassarre redatto a Venezia nel 1395 risulta il possesso di moltissime opere d’arte in avorio, così come il richiamo ad artisti toscani come lo scultore Giovanni di Jacopo, domiciliato presso Baldassarre e tutore dei propri figli, dettaglio che offre testimonianza della presenza di una officina artistica operante all’interno della residenza veneziana degli Obriachi e specializzata in intagli eburnei
  • CONDIZIONE GIURIDICA detenzione Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800635588
  • NUMERO D'INVENTARIO Museo Nazionale di Ravenna RCE 5722
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • DATA DI COMPILAZIONE 1980
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2016
  • DOCUMENTAZIONE ALLEGATA scheda catalografica (1)
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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