Incoronazione di Maria Vergine

scultura per riccio di pastorale,

Piccola scultura rappresentante Cristo che incorona la Vergine e due angeli ai lati. Le figure sono sedute in una sorta di trono, ben visibile dal retro dell'oggetto, e poggiano i piedi su una base modanata. Questa rappresentazione era destinata ad occupare la parte centrale di un riccio di pastorale, secondo la disposizione che si può osservare, ad esempio, nelle volute degli esemplari del Museo dell'Opera Metropolitana di Siena (GABORIT-CHOPIN 1978, n. 252) o del Museo di Klosterneuburg (THEUERKAUFF 1961, n. 4). La forma semicircolare della parte inferiore si adattava all'andamento curvo del ricciolo, che circondava completamente le figure centrali. L'oggetto è arricchito da una vivace policromia abbastanza ben conservata, nella quale prevalgono l'oro e il rosso: quest'ultimo si presenta attualmente in due tonalità, delle quali una, la più ocracea, era il bolo di preparazione per l'oro. Sul retro, dentro piccole incisioni circolari, disposte a gruppi di quattro a scopo decorativo, sono visibili tocchi di blu ceruleo

  • OGGETTO scultura per riccio di pastorale
  • MATERIA E TECNICA Avorio
  • AMBITO CULTURALE Produzione Veneta
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo Nazionale di Ravenna
  • LOCALIZZAZIONE Monastero benedettino di San Vitale (ex)
  • INDIRIZZO Via San Vitale, 17, Ravenna (RA)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La figurazione nel suo complesso appare rigida e schematica, faticosamente intagliata, e i panneggi ricadono monotonamente in pieghe parallele; la fattura artigianale dell'oggetto è evidente, ma più che la definizione dei particolari aveva importanza l'aspetto fastoso dell'insieme, originariamente arricchito di numerosi elementi decorativi. Se non sussistono dubbi sulla funzione di questo frammento, che per forma, stile e disposizione degli interventi di colore si rapporta strettamente con gli esemplari di volute intere sopra citati, è invece assai problematica la definizione degli ambiti di lavorazione dei pastorali stessi in questione. Oltra la più conosciuta e abbondante produzione siculo-araba, anch'essa ancora non circoscritta chiaramente, è assai probabile che numerosi altri pastorali in osso e avorio, con esuberanti decorazioni policrome di ispirazione orientale, venissero lavorati in officine dell'Italia settentrionale, in particolare venete, o dell'Italia centrale, in Umbria e in Toscana. La definizione di una produzione veneta viene a dipendere, anche se non esplicitamente, dai non più recenti studi volti a isolare alcune caratteristiche della lavorazione dell'avorio e dell'osso tipiche dell'Italia settentrionale. Soprattutto al circostanziato lavoro di Egbert del 1929 sulla difficoltosa materia dell'avorio "gotico" nord-italiano (ancora valido in certe parti, anche per la scarsità di studi successivi sull'argomento) si deve l'individuazione di un gruppo di opere con caratteristiche stilistiche attribuibili all'Italia settentrionale veneta, con le rigide cadenze delle panneggiature, e particolari decorativi e stilistici assolutamente diversi dalla produzione francese e piuttosto rapportabili in qualche maniera alla produzione delle officine degli Embriachi. Anche il Cott nel 1939, collateralmente al suo studio sull'avorio siculo-arabo, propone l'area settentrionale come luogo di provenienza per alcuni pastorali. Gli studi successivi non hanno portato nessun sostanziale contributo al problema, sebbene alcuni esemplari oggi situati Museo del Bargello e a quello dell'Opera Metropolitana di Siena siano stati attribuiti all'Italia centrale (BÁRÁNY-OBERSCHALL 1953 e GABORIT-CHOPIN 1978). L'incompletezza del pastorale ravennate non permette di constatare la presenza di uno degli elementi considerati più tipici della produzione veneta, cioè le figure di santi o angeli a mezzo busto emergenti da fogliame a volute (cfr. LESLEY-PARKER 1936, THEUERKAUFF 1961 n. 4, RANDALL 1985 n. 344). Ma le figure rimaste evidenziano bene quella rigidità iconografica, sottolineata dal monotono e regolare andamento delle pieghe, caratteristica del gruppo di avori di origine settentrionale dei quali si è detto in precedenza. Particolarmente risolutivo appare il confronto con il pastorale di Klosterneuburg (THEUERKAUFF 1961 n. 4)attribuito a Venezia, dov'è opportuno notare soprattutto la somiglianza con la figura dell'Eterno Benedicente collocata alla sommità della ritorta, eccezionalmente foggiata a cerchio completo. Inoltre, elementi decorativi assai vicini al manufatto del Museo Nazionale di Ravenna si possono reperire anche in un trittichetto con Madonna e Santi del Metropolitan Museum, pezzo di epoca incerta proposto da Egbert nel suddetto gruppo di materiali veneti. Per quanto riguarda la datazione, si ritengono generalmente prodotti nella prima metà del Trecento i pastorali più vicini alla tradizione siculo-araba (v. SANTI 1969 n. 130), o quelli che per stile o per testimonianze storiche appaiono più antichi (v. GABORIT-CHOPIN 1988 n. 20); mentre ad epoca posteriore si fa riferimento per i materiali stilisticamente più complessi, caratterizzati da un sincretismo ancora più accentuato tra strascichi dell'esuberante decorazione della tradizione siculo-araba, cadenze bizantine e caratteristiche proprie della produzione locale. L'esemplare di Klosterneuburg viene attribuito al secondo quarto del Trecento, mentre il gruppo definito da Egbert volge verso la fine del secolo. Sembrerebbe quindi possibile proporre per il pezzo in esame una datazione oltre la metà del Trecento, tenendo conto anche dell'artigianalità della produzione, legata al ripetersi di motivi più antichi
  • CONDIZIONE GIURIDICA detenzione Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800635560
  • NUMERO D'INVENTARIO Museo Nazionale di Ravenna RCE 1069
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • DATA DI COMPILAZIONE 1981
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2016
  • DOCUMENTAZIONE ALLEGATA scheda catalografica (1)
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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