Ultimi momenti di Beatrice Cenci. Beatrice Cenci

dipinto, 1866 - 1866

L'eroina cinquecentesca è colta in atteggiamento dolente, seduta sul letto della cella, dove attende la morte

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • MISURE Altezza: 132 cm
    Larghezza: 140 cm
  • ATTRIBUZIONI Rossi Pietro (1829/1893)
  • LOCALIZZAZIONE Parma (PR)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela fu esposta alla mostra organizzata in occasione del secondo centenario dell'Accademia parmense di Belle Arti nel 1952. La laconica citazione, nel catalogo, del titolo e dell'autore (individuato esclusivamente grazie alla firma peraltro contratta, nel nome, alla sola iniziale) costituisce ad oggi l'unico riferimento bibliografico esistente per questo dipinto, di fatto inedito, come è inedito- almeno per quel che riguarda l' ambito strettamente locale - il pittore che lo eseguì. Il quale è invece noto e pubblicato dalla storiografia guastallese e sopratutto veronese. Nativo di Guastalla, figlio di un possidente terriero, Rossi ebbe, grazie ad agiate condizioni economiche, una formazione plurale, frequentando a Reggio i corsi di Alfonso Chierici, cui seguì un percorso più propriamente accademico, presso San Luca a Roma ( dove eseguì alcuni medaglioni con ritratti di pontefici nella ricostruita Basilica di S. Paolo fuori le mura) e quindi a Parma sotto la guida di Francesco Scaramuzza (Marini 1991 p.999). Si è inoltre a conoscenza di suoi diversi e successivi soggiorni di studio, di cui il più documentato è certamente quello veronese. Nella città veneta Rossi fu un assiduo frequentatore delle esposizioni della locale Società di Belle Arti, cui partecipò con dipinti di consumata cultura accademica: scene di genere ma anche opere di carattere storico e di sentimento apertamente patriottico come la sorprendente, per tempestività cronachista,"Uccisione di Carlotta Aschieri il 6 ottobre 1866. Ultimo ricordo d'Austria", presentata nel 1867 e oggi alla GAM di Verona. Negli ultimi anni, che videro un trasferimento a Firenze ma anche il rientro in patria, il pittore pare dedicarsi prevalentemente a una produzione di carattere sacro, tra cui gli affreschi della chiesa di Pieveottoville (talora attribuiti ad Antonio Rossi, Cirillo-Godi 1984, p. 92) e gli Evangelisti nella parrocchiale di Guastalla. Un fortunato recupero archivistico ha consentito di chiarire la circostanza dell'acquisizione da parte dell'Accademia parmense della tela in oggetto, che rimane l'unica testimonianza dell' alunnato parmense di Rossi. In una lettera inviata a Scaramuzza, allora direttore dell'Istituto, il 19 gennaio del 1868 Rossi scrive da Verona: "Unitamente alla presente riceverà una cassa contenente un mio lavoro rappresentante : Ultimi momenti di Beatrice Cenci che offro in dono all'Accademia che Ella presiede. Io fui per qualche tempo in forse se dovevo o no offrire questo quadro, atteso il poco merito, ma appoggiandomi più alla di Lei bontà che al debole merito, mi confido verrà compatibilmente accettato..." (Archivio 1868; Atti 1864-1877 c. 167, 22 gennaio)). Il gesto, accompagnato da parole di grande umiltà da parte di un ex allievo, ormai ultraquarantenne e da tempo fuori Parma, fu subito ricompensato dal corpo accademico con la nomina di Rossi a socio onorario ', nomina "..la quale accetto - rispose prontamente il pittore -" come incoraggiamento per progredire sempre più nell'ardua nostra professione". Il soggetto del dipinto è tratto dalla tragica vicenda di una giovane donna di nobili origini, giustiziata per parricidio nella Roma tardocinquecentesca e presto assurta al ruolo di eroina popolare, per aver vendicato con la morte i reiterati abusi di un genitore di rara perfidia e dissolutezza. Una figura, quella di Beatrice Cenci, che non poteva non sollecitare la sensibilità romantica, con riprese letterarie, da Shelley a Stendhal a Dumas, fino al romanzo di Francesco Domenico Guerrazzi, pubblicato nel 1854, che nell'Italia risorgimentale ebbe un ruolo decisivo per la "riscoperta" di questa eroina nazionale. Le riprese pittoriche, anch'esse numerose, furono invece tutte inevitabilmente debitrici dell'aulico ritratto di Guido Reni di Palazzo Barberini (1600 ca.), che di Beatrice fissò l'iconografia, in veste di Sibilla.E' chiaro, nell'acconciatura a turbante della giovane protagonista dell'immagine come, seppur più labilmente, nei suoi tratti fisionomici, l'esplicito riferimento da parte di Rossi al ritratto di Reni, che egli probabilmente vide durante il soggiorno romano, ma la cui suggestione dovette condizionare ogni traduzione pittorica ottocentesca della vicenda di Beatrice Cenci. Si veda in particolare il dipinto, in stretto rapporto con il nostro, di Achille Leonardi che rappresenta proprio Guido Reni nell'atto di ritrarre l'eroina all'interno della cella dove fu rinchiusa in attesa dell'esecuzione capitale. Anche Rossi si concentra sugli ultimi momenti di Beatrice in carcere: alcuni particolari della messa in scena - il letto, il crocifisso -, presenti anche nel citato dipinto di Leonardi, fanno pensare ad un'iconografia consolidata del soggetto, anche se le scarse redazioni ad oggi note non consentono di andare oltre una ragionevole ipotesi.Vale pena di ricordare, a testimonianza della fortuna del tema anche in ambito locale, che nel 1835 la
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800447018
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza
  • ISCRIZIONI in basso a destra - Rossi P. 1866 - Rossi Pietro - corsivo - a pennello - italiano
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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