urna,
Arca in marmo bianco con intarsi di marmi policromi (nero, giallo, breccia verde). Ai lati due putti a tutto tondo reggenti, quello di destra, un libro e, quello di sinistra, una colomba. Per le vicissitudini della dedicazione dell'altare si veda I. Affò, Storia della città di Parma, Tomo I, p. 173
- OGGETTO urna
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MATERIA E TECNICA
marmo/ intaglio/ intarsio
- AMBITO CULTURALE Bottega Parmense
- LOCALIZZAZIONE Parma (PR)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Come prova l'iscrizione sull'arca (1810) l'opera risulta essere di poco anteriore all'intero complesso costituito dall'ancona e dalla balaustra (v. scheda n. 653). E' del tutto credibile che tale arca, dall'elegante coperchio cuspidato, ne avesse sostituito una precedente più antica, descrittaci dal Buzzi (O. Buzzi, Lapidariae iscriptiones in Cathedrali Parmensi, Ms. 1566, Biblioteca Palatina, c. 31 r.) il quale, menzionando l'altare, ricorda come nel paliotto si leggesse "Extraneus factus sum fratribus meis, et Hospes filiis matris meae. Sub huc ara servatur corpus Iohannis Kalibitae" ed ancora sulla cima dello stesso altare una scritta in caratteri greci. Nel 1578 nel resoconto della visita efftettuata dal vescovo Castelli (Visitatio..., ed. 1999, p. 33) si sottolineava l'importanza ricoperta dalla Cappella del Popolo (così chiamata dall'antica consuetudine di celebrarvi ogni giorno dell'anno una messa per comodità degli artigiani, in Scarabelli Zunti, Materiale..., c. 67 r.) "quae est ultima in ordine a dextris Ecclesiae", il cui altare "ex lapide solido, non integro" sotto il "titulus Sancti Joannis Colabitae" custodiva, secondo un'ormai collaudata tradizione, le reliquie del misterioso santo bizantino, ricco (perché "possessore del vangelo d'oro") e nello stesso tempo mendico e pellegrino (perché pronto a lasciare le sue ricchezze ed a divenire uno straccione, irriconoscibile agli occhi dei suoi stessi genitori, e mettersi al servizio dei più poveri, vivendo in una "Kalybé", capanna, proprio accanto al palazzo della sua prestigiosa famiglia) vissuto nel sec.V a Costantinopoli (per storia e iconografia del Santo, si veda "ad vocem" in Bibliotheca Sanctorum, VI, pp. 642-643). Proprio perché la cappella custodiva un così raro tesoro "lampas saltem in die semper ardeat ante arcam Sancti Joannis Colabitae cuius corpus in arca super hoc altare posita requiescit" (in Visitatio..., p. 58). Il culto del Calibita, del tutto ignoto ai calendari medioevali, si diffuse in Occidente a partire dal sec. VIII, epoca in cui si fa generalmente risalire l'arrivo a Roma del suo corpo santo (Bibliotheca Sanctorum, VI, p. 643; a Roma sull'isola Tiberina esiste di fatto una chiesa dedicata al Calibita, v. L. Huetter, Le chiese di Roma: S.Giovanni Calibita, Roma 1958). Sembra che a Parma diffusa fosse la sua devozione se, come compare in una descrizione ottocentesca della demolita chiesa di S.Maria Bianca, un altare venga definito come "dedicato a S.Giovanni Calibita" (Fondo Moreau de Saint Méry, "S.Maria Bianca", Cass. XXV, 4, Biblioteca Palatina). E' lo Scarabelli a raccontarci le vicende che posero in così grande onore il santo bizantino: fu Otta (o Atta), moglie di Geroino, fratello del vescovo Vibodo (sepolto proprio qui in duomo, vedi schede nn. 598 e 600), la quale, nell'anno 876 costruiva nella vecchia cattedrale una cappella "in onore della SS.Trinità e dei Santi Giovanni Calibita e Ciriaco coll'intento di collocarvi le spoglie mortali del consorte presso le quali poi si crede che ella pure trovasse l'eterno riposo" (Materiale..., c. 67 r.). Distrutta dall'incendio la vecchia cattedrale, il culto di S.Giovanni Calibita fu trasportato nel nuovo tempio (mentre le reliquie di S.Ciriaco continuarono ad essere venerate in cripta) "e precisamente all'altare sovra accennato" (Materiale..., c. 67 r.). Il quadro dell'altare di S.Giovanni Calibita era stato realizzato da Michelangelo Anselmi (per il dipinto, oggi in Pinacoteca, si veda la scheda ad esso relativa in Galleria Nazionale di Parma. Il Cinquecento, Milano 1998, p. 49): tutte le guide (tranne il Ruta che accanto al S.Sebastiano poneva un più familiare S.Rocco), a partire dallo Zappata che lo indicava semplicemente come "Tabula S.Joannis Calybitae", concordavano nel riconoscere senza ombra di dubbio nella figura di lacero pellegrino alla sinistra della Vergine il santo Calibita titolare della cappella. Anche l'Affò, sbagliando inspiegabilmente l'attribuzione della tela, assegnata sulla base dello Scannelli a Raffaellino da Reggio (in Il Parmigiano...., 1796), con sicurezza parlava di un S.Sebastiano trafitto da frecce, accompagnato proprio dall'immagine di S.Giovanni Calibita. Allo stato attuale non ci sentiamo di asserire con certezza che sotto le spoglie di un più comune S.Rocco in quella tela dell'Anselmi si nasconda, proprio come sembrano assicurarci quasi tutti gli attenti conoscitori parmensi l'oscuro santo bizantino che con Rocco condivideva soo il fatto di essere mendicante e pellegrino. Ma del quadro non si conservano né il nome del committente né l'anno di esecuzione e l'altare non hai mai avuto nessuna speciale venerazione per S.Rocco e ci sono comunque e sopratutto le parole di Scarabelli che, insistendo sulla pala dell'Anselmi, conclude: "e tornando sull'argomento della tavola dell'Anselmi...più rettamente Zappata e Baistrocchi videro nel S. Rocco il titolare S. Giovanni Calibita e per tale venne sempre giudicato dagli intelligenti" (Materiale, c. 67r.)
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800142593
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza
- DATA DI COMPILAZIONE 2003
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2006
- ISCRIZIONI sulla faccia frontale dell'arca - CORPUS . S . IOHANNIS . KALYBITAE/ QUOD . HUIC . INERAT . ARAE . RECOGNITUM . HIC . SUBMISSUM/ ANNO . MDCCCX - latino
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0