Madonna Assunta
dipinto,
Tinti Giovan Battista (1558/ 1604)
1558/ 1604
La tela risulta composta da due parti che trovano un loro punto di contatto nelle figure di putti che si proiettano a capofitto dalla zona celeste verso terra. In alto, al centro, l'immagine della Madonna seduta su un cuscino di nuvole, con gli occhi imploranti e le mani giunte: le fanno coro gli angeli musicanti. In basso, da sinistra, seduta in primo piano, la figura assorta e pensosa dell'apostolo Tommaso, ed al suo fianco quella eretta e regale di S. Bernardo degli Uberti che sorregge un grosso volume, simbolo di erudizione ed indice dell'alta carica episcopale da lui rivestita; dietro di lui (a sinistra) una giovane S. Lucia mostra i suoi occhi su di un piccolo vassoio mentre le è accanto un estatico S. Giovanni Evangelista
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Tinti Giovan Battista (1558/ 1604)
- LOCALIZZAZIONE Parma (PR)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Secondo i libri di spese della Fabbrica e secondo il rogito steso il 20 marzo 1589 dal notaio Giovanni Alberto Rocca (conservato presso l'Archivio notarile sotto il nome di G. A. Rocca, annata 1589) il prezzo della tela fu fissato in novanta scudi d'oro da pagare in tre rate (di cui la prima subito come caparra) di trenta scudi ciascuna, con il patto che, se il pittore non fosse riuscito a condurre a termine l'opera entro la data stabilita (un anno), sarebbe stato sospeso il pagamento degli ultimi trenta scudi. Successivamente il prezzo venne aumentato di dieci scudi a causa dell'aggiunta nella tela delle figure di S. Tommaso e di S. Lucia, per espresso desiderio delle committenti, la "Congregazione delle Signore Vedove della città d Parma", Congregazione composta da dodici vedove, con il titolo di primicerie, che esisteva a Parma dal 1248. L'11 giugno 1590 altri trenta scudi vennero pagati al Tinti, che finì definitivamente di essere pagato il 9 ottobre 1591 (altri dieci scudi). Il quadro, secondo il Malvasia (Felsina..., ed. 1841-1844, I, p. 170), avrebbe dovuto essere eseguito da Orazio Samacchini, maestro del Tinti, che in duomo aveva già affrescato proprio la volta di questa cappella (scheda n. 576), e sarebbe andato molto probabilmente a sostituire una preesistente tavola con la "Natività di N. Signore" (ricordata in un rogito datato 7 gennaio 1526 del notaio Pier Maria Prati, in Testi 1934, pp. 107.108), secondo il Grassi opera giovanile di Girolamo Mazzola. Fu in quell'occasione che l'altare, prima intitolato a S. Bernardo, venne dedicato a Maria Vergine Assunta. Il Tinti, pittore di ambito strettamente locale (sembra infatti lasciasse la sua città natale solo per recarsi, da giovane, a Bologna nella bottega del Samacchini e successivamente, quando venne chiamato dai monaci cassinesi di S.Prospero, nella vicina Reggio, come ricorda il Pungileoni (Memorie istoriche di Antonio Allegri, Parma 1818, v. II, p. 217), ha sicuramente presente l'arte di Raffaello, avvertibile soprattutto nel modulo compositivo da lui adottato, ma anche nell'iconografia di alcuni personaggi, quali il S. Tommaso, in primo piano a sinistra, seduto in meditazione con il capo appoggiato ad una mano, che riprende l' "oscuro" Eraclito-Michelangelo presente al centro della "Scuola di Atene" dell'urbinate o la S.Lucia che offre gli occhi sul vassoio, "immagine speculare del Francesco Maria della Rovere inserito nella stessa scena raffaellesca: vero e proprio omaggio dunque ai due grandi, Michelangelo e Raffaello" (Godi 1972, p. 8). Ed il Tinti, parafrasando le tipologie raffaellesche, attinge alla lettura tardomanierista del parmense Mazzola Bedoli: a questi, infatti, rimanda il giovane Vescovo S.Bernardo degli Uberti (all'estrema destra) e più precisamente alla figura di S. Ilario di Poitiers, maestosa e veneranda immagine dipinta dal Bedoli nel polittico (tra il 1540-1550) raffigurante l' "Ecce Homo tra S. Martino di Tours e S. Ilario di Poitiers e la Madonna col Bambino, S. Giovannino e Angeli tra S. Roberto e S. Bernardo", oggi in Galleria ed un tempo presente nell'abbazia di S. Martino de'Bocci (cfr. scheda a cura di M. Di Giampaolo, in Galleria Nazionale di Parma. Il Cinquecento, Milano 1998, pp. 67-68). Il soggetto à ormai trattato secondo i canoni della precettistica post-tridentina: si guardi infatti la netta divisione tra la parte superiore della scena e quella inferiore, unite dall'inserzione dei due angioletti che sembrano precipitare dalle nubi e che richiamano, per la loro possente muscolatura e per l'ardito scorcio prospettico, i grandi angeli affrescati dal Tibaldi nella Cappella Poggi in S.Giacomo Maggiore a Bologna (ma Feroldi 1976, p. 24 nota 37, li cfr. anche con alcuni "Putti conservati nella Pinacoteca di Parma" e riprodotti in A. Ghidiglia Quintavalle, Tesori nascosti nella Galleria di Parma, Parma 1968, pp. 25-26). La figura della Madonna, coronata da schiere di angeli musicanti di chiara ispirazione procacciniana, ricalca, per tipologia, le Madonne del cremonese Giovan Battista Trotti detto il Malosso, anche se nel suo viso dalle forme larghe e languide, sembra leggersi la componente bolognese di un allievo di Tibaldi, Giovan Francesco Bezzi, conosciuto come il Nosadella. Si consulti pure A. C. Quintavalle, Parma: Duomo e Battistero, in "Tesori d'arte cristiana", II, Bologna 1966, p. 140
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800142510
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza
- DATA DI COMPILAZIONE 2002
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2006
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0