miracolo delle verghe mutate in serpenti

dipinto, ca 1050 - ca 1050

Delimitato in alto da un fregio a greca prospettica vivacemente colorata, entro un riquadro con raffigurato un animale, e lateralmente da altri due motivi decorativi, l'affresco rappresenta, su uno sfondo di architetture, una serie di figure, ormai ridotte a pochi frammenti, identificabili, quelle di sinistra, in Aronne e Mosè, e, quelle di destra, nei maghi che assistono al miracolo. Il dipinto presenta rifiniture a secco

  • OGGETTO dipinto
  • AMBITO CULTURALE Ambito Italiano
  • LOCALIZZAZIONE Civate (LC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il ciclo superstite di San Calogero si presenta come un tutto omogeneo sia come sviluppo storico della narrazione sia sotto l'aspetto iconografico (storie di Mosè e Aronne sulla parete nord, storie di Giosuè, Gedeone e Sansone sulla parete sud e sulla controfacciata). Si tratta di "un ciclo insolito sia per l'estensione che viene data alle storie di Mosè e Aronne, sia per l'assenza delle storie della Genesi che normalmente compaiono nella decorazione ecclesiale" (Mancinelli, 1971, p. 32). Nel sottolineare la mancanza di affreschi raffiguranti le storie della Genesi e soprattutto il Giudizio Universale, l'autore non considera che certo anche l'antica abside, abbattuta quando fu allungato il presbiterio, doveva essere affrescata. Infatti, da un'indagine fatta sull'antica muratura del sottotetto emergono, dal secondo strato che ricopre la muratura, frammenti di affreschi che sono certamente la continuazione di quelli delle pareti laterali. La mancata conclusione delle scene storiche di San Calogero sarebbe giustificata dal fatto che l'Itinerarium mentis ad Deum, che ha la sua logica conclusione nel presbiterio, a Civate prenderebbe avvio dalle scene storiche del San Calogero per concludersi con le scene escatologiche del San Pietro a Civate. L'ipotesi del Mancinelli, secondo la quale "le pitture di questa chiesa denotano strettissimi rapporti con quelle di S. Pietro, tali da far presumere un piano organico di decorazione dell'intero complesso monastico, determinante anche nel caso dell'iconografia dei due cicli (l'uno storico, l'altro escatologico), che suggerisce l'intenzione di un percorso unitario di elevazione e di redenzione dall'una all'altra chiesa", può essere suggestiva, ma non può non suscitare perplessità, a cominciare dalle strutture architettoniche, dalla collocazione cronologica e dal programma iconografico della decorazione. L'ipotesi del Mancinelli si basa sulla contemporaneità di esecuzione degli affreschi nelle due chiese, contemporaneità per nulla documentabile, dal momento che lo stile suggerisce per gli affreschi di San Calogero una datazione anteriore di qualche decina d'anni rispetto al San Pietro. Ed a tal proposito non mancano motivi di accostamento con il ciclo di Galliano (1007-1018 ca.): fasce a greca prospettica ritmata da riquadri con animali e terminante agli estremi con la stessa decorazione a perlatura bianca; ritornano anche le stesse scritte bianche a guisa di fascia con caratteri grandi e allungati, la stessa partitura a riquadro che scandisce i singoli episodi. Un altro carattere comune è l'intonazione coloristica, giocata su toni luminosi e chiari, freddi, sui quali spiccano i valori pungenti dei rossi, verdi e violacei
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300060112
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici per le province di Milano Bergamo Como Lecco Lodi Monza Pavia Sondrio Varese
  • DATA DI COMPILAZIONE 1978
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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