Elefante
scultura di elefante,
Statuetta di elefante in bronzo con sottili incisioni a formare motivi decorativi e l'effetto pelo su tutta la superficie. Nella zampa posteriore sinistra, lasciata cava, è inserita una piccola conchiglia bianca
- OGGETTO scultura di elefante
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MATERIA E TECNICA
bronzo/ fusione a stampo/ incisione
- AMBITO CULTURALE Ambito Islamico
- LOCALIZZAZIONE Castello di Racconigi
- INDIRIZZO Via Francesco Morosini, 3, Racconigi (CN)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Nella definizione “arte islamica” rientrano tutti i lavori artistici prodotti nel mondo islamico indicativamente dal VII secolo d.C. alla caduta dell’impero Ottomano. Ad unire tutte le esperienze storiche comprese in quest’arco di tempo è l’adesione delle popolazioni interessate alla cultura islamica, armonica e riconoscibile, ma anche molto varia e ricca di tradizioni locali. La metallurgia è tra le pratiche più caratteristiche. Gli artigiani metallurghi, in particolare coloro che si occupavano delle incisioni, avendo bisogno di pochi attrezzi facilmente trasportabili, viaggiavano per soddisfare le richieste dei ricchi committenti, diffondendo così motivi e tecniche per tutto il mondo islamico. Quest’ultima, insieme all’estensione del commercio degli artefatti in metallo, sia funzionali che decorativi, è una delle principali ragioni per cui è spesso molto difficile tracciare l’origine di uno specifico esemplare. Gli elefanti, raffigurati spesso nell’arte islamica, hanno un valore simbolico per i musulmani poiché, secondo la tradizione, il Profeta Maometto sarebbe nato nell’anno dell’elefante. Con tale dicitura si indica generalmente il 570 (secondo il calendario islamico), quando il sovrano cristiano dello Yemen, tale Abraha, cercò di distruggere la Ka’ba della Mecca per convogliare i pellegrini verso la sua nuova cattedrale a Sana’a. Nella battaglia ingaggiata per sconfiggerlo vennero impiegati degli elefanti da guerra. La sura 105 del Corano descrive come lo scontro dell’anno dell’elefante fu stato vinto da Allah mandando degli uccelli a lanciare pietre sugli invasori, lasciandoli come “paglia mangiata”. Sin dall’inizio dell’era del colonialismo moderno, nel XVI secolo, viaggiatori ed esploratori dimostrarono interesse nel raccogliere e collezionare oggetti prodotti nei paesi che visitavano. Destinati inizialmente ad essere esposti nelle Wunderkammer, nelle quali personaggi facoltosi dell’alta società europea mettevano in mostra le “artificialia” prodotte da popoli lontani, divennero poi oggetto di studio da parte degli etnografi. Che fosse per studio o per diletto i collezionisti erano molto interessati ai cosiddetti “curiosa”, artefatti particolari il cui uso era ignoto agli europei e che venivano quindi percepiti come frutti di un ingegno esotico. Considerati testimonianze della vita di popolazioni “primitive” e di uno stadio dello sviluppo umano antecedente a quello moderno, tali artefatti divennero interessanti suppellettili esotiche per i ricchi collezionisti. Ben presto si sviluppò un florido mercato per tali oggetti, prodotti talvolta appositamente per essere venduti agli stranieri e in molti altri casi creati originariamente dalle popolazioni locali per il proprio consumo e poi acquistati dai visitatori di passaggio. Nati per l’uso locale e divenuti articoli da collezione, i manufatti delle popolazioni lontane compirono un passaggio simbolico attraverso il quale guadagnarono lo status di oggetti pregiati, degni di essere donati a persone di spicco in occasioni importanti. Non è stato possibile trovare informazioni puntuali sulle circostanze di arrivo dell’opera in Italia. Si segnalano però tre delegazioni straniere che potrebbero aver portato la statuetta in Piemonte come dono diplomatico: le missioni ottomane del 1904 (Corriere della Sera n.227 p.3) e del 1910 a Torino (Corriere della Sera n.139 p.5) e la missione persiana in visita a Racconigi nel 1911 (Corriere della Sera n.222, p.4). L'opera appartiene a un corpus di oggetti extra-europei ricevuti in omaggio dai membri della famiglia reale di Savoia durante i loro viaggi, o offerti da delegazioni diplomatiche in visita in Italia. La consolidata tradizione di scambiarsi doni diplomatici tra monarchi, autorità religiose e capi di Stato è attestata sin dai tempi dell’antico Egitto e tutt’oggi risponde allo scopo di favorire, assicurare e mantenere buoni rapporti tra le parti. I doni, che assumono un valore, oltre che monetario, anche spiccatamente simbolico, sono spesso scelti in quanto rappresentanti l’essenza della Nazione o dell'istituzione che li offre. Si tratta infatti sovente di opere di artigianato, esempi di abilità manifatturiera, beni di lusso e artefatti di importanza storica realizzati con materiali locali. Attraverso l’esibizione di tali doni i dignitari promuovono la propria cultura e la propria patria ai livelli più alti delle pubbliche relazioni
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100450824
- NUMERO D'INVENTARIO XR 3279
- ENTE SCHEDATORE Castello di Racconigi
- DATA DI COMPILAZIONE 2022
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0