Storie di Lancillotto

dipinto, post 1393 - ante 1402

Ciclo di quindici affreschi strappati e dotati di nuovi supporti, a soggetto arturiano

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA intonaco staccato/ pittura a fresco
  • AMBITO CULTURALE Ambito Lombardo
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Maestro Di Andreino Trotti
  • LOCALIZZAZIONE Museo Civico - Sale d'Arte
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L’intervento di strappo degli affreschi del ciclo tardo trecentesco della Torre di Frugarolo fu effettuato da Guido Nicola in circostanze di assoluta necessità nel 1971, per volontà del soprintendente alle Gallerie piemontesi Franco Mazzini su segnalazione dell’ispettore onorario Guglielmo Alberione. A determinarlo furono il dissesto architettonico del monumento e la conseguente esposizione agli agenti atmosferici e al guano dei dipinti, una situazione non sanabile che impose la ricerca di una collocazione adatta a garantire una nuova fruibilità delle opere. Gli affreschi tornarono visibili solo nel 1999, dopo il restauro sostenuto dal Comune di Alessandria, prima all’interno della mostra Le Stanze di Artù - che fu occasione di importanti approfondimenti sia specifici sia sul contesto della pittura murale tra Tre e Quattrocento nell’alessandrino - e in seguito negli spazi espositivi civici denominati Sale d’Arte, dove si trovano attualmente (cfr. C. E. Spantigati, Gli affreschi della Torre di Frugarolo: qualche considerazione sulla tutela del patrimonio culturale alessandrino, in Le Stanze di Artù. Gli affreschi di Frugarolo e l’immaginario Cavalleresco nell’autunno del Medioevo, catalogo della mostra di Alessandria, Complesso conventuale di San Francesco - ex Ospedale Militare, 16 ottobre 1999 - 9 gennaio 2000, a cura di E. Castelnuovo, Milano 1999, pp. 23-24 e A. Guerrini, Vicende della tutela del ciclo della Torre, p. 73-74). La Torre di Frugarolo sorge sul sito della Curtis de Urba, già attestata in epoca carolingia e trasformata nel X secolo in castrum integrato nei circuiti commerciali convergenti su Genova, nei pressi di un guado sul fiume Orba. Fu edificata in due fasi, la prima fra XII e XIII secolo, la seconda di circa un secolo successiva, con la sopraelevazione con un piano coronato da loggia. Proprio questo piano sopraelevato ospitava la sala d’apparato decorata con il ciclo arturiano. L’aspetto originario di questo spazio fu stravolto già all’inizio del XVII secolo da interventi che riguardarono tutta la struttura interna della torre, nel frattempo acquisita insieme alla tenuta agricola annessa da papa Pio V per il convento di Santa Croce di Bosco. La sostituzione in una fase successiva del soffitto cassettonato con volte a padiglione incise poi definitivamente sulla leggibilità degli affreschi, che risultarono tagliati, e occultati nella parte inferiore da uno spesso strato di malta di rinforzo delle murature perimetrali, mentre la parte superiore sparì alla vista, al di sopra della nuova volta, ai piedi dei muri della loggia, a propria volta degradata in colombaia. L’esame della documentazione storica disponibile porta a indicare in Andreino Trotti il committente della sopraelevazione tardo trecentesca della torre. Capitano delle truppe alessandrine vittoriose sul conte d’Armagnac nel 1391, Trotti acquistò il sito dalla Santa Sede nel 1392 e l’anno seguente dovette iniziare a trasformare l’antica torre, col benestare di Gian Galeazzo Visconti, di cui era fedele sodale. Per la decorazione della sala di rappresentanza scelse un tema di moda in area lombarda e cara al Visconti, molto probabilmente ispirandosi al codice illustrato con le storie di Lancelot du Lac appartenuto a Bernabò Visconti (Parigi, BNF, ms. Fr. 343). Qualche anno dopo completò la loggia facendo dipingere ad un secondo maestro l’affresco votivo con la Madonna in trono fra santi, anch’essa rimossa dal sito originale nel 1971 (cfr. Scheda collegata 0100408622). La ricostruzione ideale dello sviluppo del ciclo affrescato nello spazio della torre svela come gli episodi più importanti, raffigurati sul lato orientale, avessero come coprotagonisti il cavaliere Lancillotto e l’amico “le prince Galehot”, in cui vanno ravvisate le figure del Trotti stesso e di Galeazzo. Per la committenza di quest’ultimo era presente nel castello di Pavia proprio nel 1393 Giovannino de Grassi, e il frescante di Frugarolo è da identificare fra gli artisti attivi in quel circuito, in un pittore di cui non conosciamo il nome, aperto all’influenza del maestro milanese e ben informato per linguaggio sui codici della biblioteca pavese. Per precise affinità degli elementi di moda dei personaggi degli affreschi con le figure miniate nell’Offiziolo Visconti, la realizzazione del ciclo si colloca con un certo margine entro la fine del secolo (per la ricostruzione complessiva si veda E. Brezzi Rossetti, Storie di amore e di battaglie: Gli affreschi arturiani di Frugarolo, in Le Stanze di Artù, pp. 57-65)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100408631-0
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Alessandria, Asti e Cuneo
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Alessandria, Asti e Cuneo
  • DATA DI COMPILAZIONE 2020
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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