reliquiario a busto,

L'immagine del martire è composta con classica sobrietà: sulla tunica, di cui si intravede lo scollo, indossa un semplice manto trattenuto sulle spalle da due fermagli. L'acconciatura dei capelli ondulati e intrecciati, è attraversata da un nastro che delimita anche l'emisfero della calotta cranica, incernierata e sollevabile per riporre le sante reliquie nella cavità interna. Le ciocche di capelli che scendono lungo il collo sono state lavorate separatamente e successivamente fissate con chiodini. Il busto poggia su un basamento di legno dorato; al centro è scolpita una testina alata di puttino; ai lati è dipinta l'iscrizione con il nome della santa. Il basamento è sostenuto da quattro piedini a voluta disposti al centro dei quattro lati. La lamina è lavorata a sbalzo

  • OGGETTO reliquiario a busto
  • MATERIA E TECNICA rame/ argentatura/ doratura/ laminazione/ sbalzo/ cesellatura
  • AMBITO CULTURALE Bottega Lombarda
  • LOCALIZZAZIONE Borgomanero (NO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La reliquia di S. Tecla appartiene al gruppo di reliquie che furono trasportate da Momo a Borgomanero l'8 agosto 1599 (l'anno potrebbe essere anche il 1600, cfr. A. Papale, Le Reliquie conservate in S. Bartolomeo di Borgomanero. Note e documenti, in "Appunti di Storia Religiosa Borgomanerese", 1982, I, nn. 8 e 9, p. 31. Le reliquie di Momo provenivano dagli invii del sacerdote G. B. Cavagna di Momo che aveva fatto trasportare i santi resti da Roma, dove prestava servizio in casa Mattei, a Novara. La reliquia di S. Tecla, viene così descritta nell'Inventario della Parrocchiale del 1617: "Ossi di S. Tecla Vergine, et Martire posto in un coffanino d'osso lavorato, et rinchiuso nella testa col suo busto di rame argentato serrata con vita di ferro". La descrizione si mantiene invariata nei successivi inventari (1698, 1758); solo in quello del 1866 si registra la doratura che potrebbe quindi essere opera di un intervento successivo all'esecuzione dell'oggetto. Rispetto ai busti lignei, pressoché contemporanei, presenti nella parrocchiale (cfr. schede cartacee, 55, 56, 57, 58, 59, 60), quello di S. Tecla si distingue per un diverso orientamento culturale, collegato a materiali e tecniche differenti. Si confronti, ad esempio, il busto di S. Orsola: l'immagine più adorna e umanamente viva, grazie anche alla policromia (si notino lo sguardo sbigottito, l'accenno di sorriso), si colloca nel momento di passaggio dal tardo-manierismo alle problematiche naturalistiche del Seicento; la ricca ornamentazione rinvia alla fiorente produzione della scultura lignea valsesiana. Al contrario, S. Tecla è riconducibile ad un ambiente più colto e raffinato, probabilmente quello della capitale lombarda, dove più sensibili sono i richiami al classicismo e più diretta l'influenza di quella produzione aulica i cui riflessi sono tuttavia presenti anche nella più modesta produzione lignea. Il panneggio del manto, il capo eretto, il profilo diritto, l'acconciatura dei capelli ondulati propongono una tipologia femminile desunta dai modelli della scultura classica. In Lombardia, il rinnovato gusto per l'antico trova accoglienza nella scultura e nel collezionismo ed è possibile che la tipologia della S. Tecal sia ispirata a qualche nota scultura di impronta classicista, si veda, ad esempio, il profilo della Vergine dell'Annunciazione di Pellegrino Tibaldi in S. Maria Annunciata in Camposanto a Milano; si potrebbe pensare anche alla riproduzione di un pezzo antico, forse una medaglia, se si osserva che il busto è molto più godibile e significativo di profilo, ma per il momento non è stato possibile rintracciare l'eventuale modello. Nell'ambito della produzione orafa questi modelli colti dovevano essere facilmente reperiti e rielaborati; il busto rivela un discreto livello qualitativo ed è probabile che sia stato prodotto da una bottega milanese, dal momento che arredi e parameti di un certo valore ed impegno esecutivo veniva generalmente commissionati a Milano dalla parrocchiale borgomanerese. A questo proposito, è interessante il confronto con il busto-reliquiario d'argento di S. Tecla, eseguito per il Duomo di Milano tra il 1584 e il 1585 da Pietro Francesco da Como, su modello dello scultore Brambilla. Il busto borgomanese non si pone ad un livello tecnico così raffinato e scaltrito e l'impostazione della figura appare più arcaica; lo stesso basamento ligneo è ben lontano dalle forme eleganti del piedistallo d'argento. Tuttavia, i due busti hanno in comune la fermezza classica del volto, l'acconciatura delle chiome, anche se nel complesso appare più morbido e vibrante del modellato dell'opera milanese; per quest'ultima la Cinotti fa esplicito riferimento ad "alcune erme sicuramente pellegrinesche dei nuovi altari di S. Ambrogio e di S. Vittore e Rocco e alcuni degli angeli della cinta del coro (del Duomo)" (cfr. M. Cinotti, Tesoro e arti minori, in Il Duomo di Milano, Milano, 1973, vol. II, p. 265) ed avanza anche l'ipotesi che il modello fosse stato eseguito in origine dal Pellegrini e in seguito perfezionato dal Brambilla
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100031214
  • ENTE SCHEDATORE Regione Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 1983
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • ISCRIZIONI basamento/ secondo esemplare - S. TECLA VERGINE MARTIRE - a penna -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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