Furesi e funni. Storie di vita

XXI

Italia Dell’Anna (classe 1938) è nativa di Gallipoli e dopo aver trascorso 17 anni a lavorare in campagna nel feudo soprannominato “Monte”, si trasferisce con la famiglia a San Donato in provincia di Taranto; qui incontra il suo futuro marito, Raffaele Chiffi, con cui si stabilirà a Talsano, luogo dove oggi risiede. Durante l’intervista è presente la nipote Sara Chiffi perciò Italia in alcuni momenti discorre del marito o dei figli in termini di “nonno” o “zii” rispetto alla parentela con la nipote. «Io sono Dell’Anna Italia, sono nata il 12 Gennaio 1938 e… poi so figlia di Dell’Anna Marino e di Inglese Antonia Maria, mia mamma. E niente. Eee le sorelle: mia sorella Lucia, mia sorella Addolarata, mio fratello “Nino” – Gregorio lui proprio si chiama – e mio fratello Luigi. L’altro fratello Francesco e poi basta. E niente. (…) A Gallipoli sono nata, sì. Sul Monte dicemme nui, no? Sul Monte chiamamm u Monte nsomma no ca… che stavamo là… insomma… e poi mia mamma abitava là e poi da allora io quando avevo 17 anni poi son venuta qua a Taranto. Insomma poi che non era Taranto proprio era… San Donato si chiamava, quando son venuta ad abitare qua, San Donato. E niente e lì poi insomma ho incomincato poi a lavorare, insomma con mia cugina, insomma e stavamo là. Poi dopo diciasette anni, poi dopo che avevo 22 anni ho incontrato il nonno [il marito], ho incontrato tuo nonno e lui veniva a San Donato, veniva a San Donato con la… mi ricordo con la cuzzetta, sai quelle cuzzette piccoline antiche? E poi niente, poi mi sono sposata e poi son venuta a Talsano, a qua a Talsano son venuta ad abitare a via Settembrini. Poi lì è nato Orazio, nsomma zio Roberto, zio Sergio (nà tuo padre praticamente), poi qua è nata Caterina quando poi abbiamo fatto questa casa è nata Caterina. Qua, sola è nata lei qua, che poi dopo insomma basta, quattro! C’avevamo dei terreni là c’avevamo le olive, no? Poi mia mamma piantava, ma l’ho detto poco fa, piantava i ceci, piantava la… come si chiama? La cicerchia, noi dicemme a tolica, no? Poi piantava i piselli, melenzane, si mangiava tutto quello che si piantava. Basta. Non si comprava niente perché non è che potevi comprare tante cose. Capito, no? Poi io lavoravo a 12, 13 anni, l’ho detto prima, andavo con mia sorella a raccogliere le olive insomma a campagna, si lavorava in campagna e niente… Mia mamma lavorava pure, lavorava però andava anche a giornata da altre persone, no? e poi si piantava… poi dopo la domenica, il sabato un esempio che non si lavorava, si piantavano le cose, si lavorava alla campagna nostra. Hai capito? Poi andavamo pure a raccogliere la “spica”, come si dice quando, sai? all’epoca non c’erano tutte queste macchine che stanno adesso cheee si piantava il grano, che si raccoglieva con le macchine poi… lì tutto a mano con la falce insomma tutte queste. Poi quando certi signori che andavamo a lavorare noi che loro tenevano questi terreni, queste cose, diceva: “Nà, vuoi venire, un esempio che vuoi raccogliere la spica? Sai, e andavamo noi. Mia sorella, mia mamma, andavamo a raccogliere la spica. Poi facevamo dei mazzettini, no? dei mazzettini di spica e li portavamo a casa. Poi c’avevamo un’aia, sai l’aia sai cos’è, no? dove pesta il grano con i cavalli… e poi con un bastone e mi ricordo pestavamo questo grano e poi si faceva il pane, le friselle, tutte queste cose qua.»

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