Chiesa di S. Leonardo di Giunchi

Florinas, terzo quarto XIII - terzo quarto-XIII

L'impianto della piccola chiesa (mt. 15,80 x 8,85) e restituibile ad una aula mononavata con tetto ligneo e abside (come rivela la frattura del paramento a levante), costruita in muratura con doppio paramento di blocchi calcarei squadrati delimitanti il riempimento di pietrame. Il tetto originario è stato da tempo sostituito da una copertura a solaio su travature sormontato da incannuciato e tegole sarde. Si conserva un piccolo ambiente, che in origine si apriva sul patio circostante la chiesa, coperto con una bella volta a crociera in cantonetti di calcare a vista, sulla quale si imposta un terrazzo belvedere, frutto degli adattamenti operati, dal quale si scorgono nitidissime la chiesa di Cea e la sommità del monte di Coros che ospita la chiesa omonima, fondazione duecentesca cistercense, dipendente dall'Abbazia di N.s. di Paulis. L'accesso al terrazzo è assicurato da un soppalco ligneo poggiante su pilastri, disposti per tutta la lunghezza della chiesa, e comunicante con una scala pure in legno. A seguito del crollo del tetto e di parte delle murature del fianco destro e absidale, quando l'edificio venne riutilizzato come casolare, venne impostata una copertura con pendenza verso Sud, mentre nella parte opposta, in corrispondenza del soppalco interno è stata eretta una struttura muraria più elevata, con tetto a due spioventi. Per la muratura è stata impiegata solo una fila di blocchi calcarei di risulta, poggiandoli sui blocchi della fodera interna del muro sottostante, donde lo sfasamento delle murature che si nota a Settentrione. Nonostante le modifiche apportate la forza testimoniale delle parti sopravvissute è tale da permettere di configurare la chiesa nella sua interezza e avanzare ipotesi abbastanza attendibili per la sua datazione e ambito d'appartenenza. Meglio caratterizzati, ed al contempo più integri, risultano la facciata ed il fianco sinistro, che per nobiltà e coerenza di forme mostrano di essere stati eseguiti da una maestranza appositamente chiamata a realizzarla ed educata al gusto gotico di fisionomia francese che si andava diffondendo, intrecciandosi gusto romanico, dal settimo decennio del Duecento nell'Isola, ad opera dei Francescani e dei Cistercensi. La facciata si sviluppa su un alto zoccolo con scarpa sagomata, da cui nascono larghe paraste d'angolo che dovevano proseguire ininterrotte fino al coronamento probabilmente a spioventi archeggiati. L'unico portale (oggi in parte tamponato per lasciare posto ad una finestra con architrave rettilinea trachite) è centrato e risulta fiancheggiato da semicolonne sfaccettate a sezione ottagona; risulta plasticamente incorniciato sia negli stipiti che nella centina archiacuta da sguanci colonnati strombati e modanati alla gotica, con successione di gole e i capitelli presentano una delicata decorazione fitomorfa che trova precisi riferimenti nella decorazione dei capitelli delle paraste angolari del S. Francesco di Oristano (ultimo quarto XIII). Per la concezione compositiva si può istituire un diretto confronto col portale (anch'esso murato) della chiesa di S. Donato di Sassari elevata a parrocchia il 24 settembre del 1278. Da questo però l'esemplare di Giunchi si differenzia per una modanatura meno articolata di successioni di pianetti e tori, per una minore accentuazione del sesto acuto per il quale sembra rimandare al San Pietro di Bosa dell'ultimo quarto del XII sec. Il gusto che sottintende alla composizione del prospetto è quello, unitariamente espresso, di ricercare piani incisi con semplici e profondi tagli atti ad ottenere vibrazioni luminose e plastiche nette. Non decorazioni pertanto tormentate e scavate da linee di sezione diverse, ma piccole masse nette e precise illuminate o nascoste dalla luce per ottenere nitore, ordine, pulizia di composizione. Tale linguaggio sembra doverosamente da ricercarsi nelle tematiche del gotico adottato dall'ordine cistercense, misurato, razionale, scevro da preziosismi esasperati o fini e se stessi. e Sulla facciata sono conservati almeno quattro archetti pensili pertinenti alla decorazione che sicuramente si disponeva sui fianchi (si conservano per intero sul fianco sinistro le mensolette sui quali poggiavano) che probabilmente doveva sottolinearne il profilo del coronamento. Uno di questi campeggia pressochè integro e a vista sulla sommità della facciata timpanata, mentre gli altri, disposti a corona, sovrastano il portale e si presentano quasi completamente riempiti di malta. Gli archetti presentano l'archetto simile alla sezione dell'ogiva del portale, si offrono internamente trilobati. Originale risulta il motivo trilobato sia nella sua scansione che nell'aggetto; questo infatti si differenzia dagli esemplari presenti nelle fabbriche dell'ultimo quarto del XIII (al quale sembra potersi ascrivere la chiesa) per la particolarità di non essere ridotto a pura linea o cordone o nastro ma per aggettare preciso come lamina, fino al filo del piano dell'archetto. Inusuale nel panorama isolano risulta inoltre l'adozione del motivo della cornice a toro sottesa alle mensolette d'appoggio degli archetti pensili (completanente andata perduta su quello destro). Il motivo si dispone regolare e continuo per tutta la lunghezza del fianco superstite integro e trova unico riscontro nella cornice del fianco sinistro della citata chiesa sassarese di S. Donato, ascrivibile all'ultimo quarto del XIII e largamente rimaneggiata dall'età aragonese al 1695. Le mensole sono tutte conservate in situ e presentano decorazioni schematiche in forma di protomi antropomorfe o fitomorfe. Sia le mensolette che la cornice a toro sono risparmiate da un unico blocco litico. Piuttosto rilevante, per una conferma dell'appartenenza della chiesa al gotico d'ambito cistercense, può apparire il motivo decorativo vegetale trattato nella maggioranza dei peducci. Questo infatti risulta essere la traduzione stilizzata di foglie d'acqua tema caro alla plastica cistercense. Non molto lontano da Giunchi, a Ittiri, tale motivo è presente in una mensola sorreggente l'arco dubleau di un ambiente voltato dell'abbazia cistercense di N.S. di Paulis (dopo il 1205). Il linguaggio utilizzato in questa fabbrica, nonostante la sua parziale mutilazione, è così spiccatamente caratterizzato da consentire non soltanto il suo inquadramento nei termini cronologici della seconda metà del duecento (terzo quarto), ma anche di riconoscere, entro una fisionomia generalmente francesce, la derivazione da modelli importati in Italia per tramite cistercense. La robustezza della modulazione chiaroscurale, la solidità delle strutture, particolari dell'ornato richiamano fortemente l'ambito citato e fanno di questa piccola chiesa un elemento importantissimo per la conoscenza e diffusione dell'arte gotica d'ispirazione cistercense nell'isola durante il XIII sec

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'

ALTRE OPERE DELLO STESSO AMBITO CULTURALE