chiesa, abbaziale, Chiesa abbazziale di Ognissanti di Cuti (seconda metà SECOLI/ XI)

Valenzano, SECOLI/ XI seconda metà

La chiesa di Ognissanti di Cuti, fondata nella seconda metà dell’XI secolo dal monaco Eustazio era la chiesa abbaziale del perduto monastero benedettino di Ognissanti. L’abbazia vantava totale autonomia fino al 1295 quando, su ordine di papa Bonifacio VIII (1230-1303), fu concessa in dono alla Basilica di San Nicola di Bari. Ridotto a fonte di guadagni per altri enti, Ognissanti dovette registrare una progressiva decadenza della vita spirituale; ben presto la comunità alle dipendenze del monastero si dileguò e i canonici di S. Nicola si preoccuparono soltanto della gestione ecclesiastica della chiesa. Nel 1737 il monastero fu smantellato, probabilmente a seguito di un totale stato di abbandono dell’edificio, per permettere la costruzione del Santuario della Madonna del Pozzo a Capurso, un Comune vicino a Valenzano, con l’utilizzo dei conci lapidei di risulta. La chiesa di Ognissanti di Cuti è, per tanto, l’unica testimonianza superstite del monastero benedettino; inserita in un contesto completamente rurale, ad oggi è gestita dai padri Domenicani, ai quali dal 1951 fu affidata la Basilica di S. Nicola, alla quale ancora oggi appartiene. Seppur di dimensioni contenute (18,45 m x 12,65 m), l’architettura della chiesa è un pregevole e raro esempio di chiesa a cupola in asse dello stile romanico pugliese, integralmente conservata insieme alle chiese di S. Benedetto di Conversano, S. Corrado di Molfetta e S. Francesco a Trani. Realizzata in conci di pietra calcarea, la chiesa abbaziale di Ognissanti di Cuti è una sintesi architettonica tra romanico pugliese e reminiscenze bizantine; impostata su una pianta rettangolare, presenta tre portali d’ingresso, collegati linearmente alle tre navate e alle tre absidi, quest’ultime sporgenti dal muro perimetrale esterno. Lo stile austero, che riflette la regola canonica, è alleggerito dalle piccole decorazioni a rilievo delle cornici ad arco delle finestre, e da quelle a «filare di grani di rosario» che impreziosiscono il portale centrale e il piccolo rosone della facciata, originariamente preceduta dal portico coperto a botte a tre fornici, di cui integro è solo quello di destra. A rendere eccezionale l’esterno della chiesa sono le coperture delle tre cupole interne, che si mostrano nelle forme di tre piramidi a base quadrata, esempio che rende l’unicità di questa architettura e delle chiese consorelle citate; l’aderenza allo stile romanico che è reso autoctono dalla rielaborazione peculiare della soluzione di copertura che sottende forti collegamenti con gli edifici sacri del Cristianesimo orientale. L’interno, dove la nuda pietra impera, è scandito dalle tre navate ordinate in 9 campate dalla divisione in archi poggiati su pilastri polilobati. Le tre cupole circolari e allineate interessano le tre campate della navata centrale; in corrispondenza della cupola più vicina all’abside centrale sorgeva l’altare, che nel 2012 fu retrocesso verso l’abside, mentre la cupola centrale ospita tre decorazioni scolpite poste in corrispondenza dell’incastro dei pennacchi della cupola sui pilastri; sono sculture a rilievo di tre teste ferine, che probabilmente erano completate dalla quarta, oggi perduta, potrebbero riferirsi al Tetramorfo, ossia ai quattro simboli che rappresentano gli Evangelisti

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